Nell’incidente di Casal Palocco ha perso la vita Manuel, un bambino di 5 anni
La mattina del 15 giugno una terribile notizia la faceva da padrona sui principali quotidiani. Alla base di questa tragedia, sembra esserci una challenge pericolosa che ha visto coinvolti gli stessi youtuber. Cosa stà accadendo ai nostri giovani? Come può “il mondo virtuale” creare morti nel “mondo reale”? Cosa sono le challenge?
Ne parliamo con lo Psicoterapeuta Dott. Ezio Pellicano.
L’intervista
Ancora una volta la cronaca ci ha mostrato come la sovrapposizione tra “ mondo virtuale” e “ mondo reale” possa concludersi in tragedia. Cosa ne pensa a riguardo?
Ha detto bene, ultimamente e sempre più spesso stiamo assistendo impotenti, sottolineo impotenti ed aggiungo incapaci, a cosa accade quando “realtà virtuale” (intesa come social ) e “realtà reale” si sovrappongono.
Pensandoci bene forse è più opportuno, per spiegare il mio pensiero, sostituire il termine realtà con verità . Abbiamo così la “verità reale” fatta di cose belle e brutte, di coerenza e sacrificio, di ciò che noi siamo e su cosa lavoriamo per essere, di etica e morale. Una realtà che ci spinge oltre i nostri limiti, razionalmente accettati e plausibili, allo scopo di farci crescere e costruire una nostra identità.
L’altra, la realtà virtuale ( i social), fatta di tantissime e apparenti opportunità lavorative dal facile guadagno, vissuta da testimoni (followers) che subiscono passivamente i “contenuti” che altri (Influencer) creano al solo scopo di guadagnare (Fare l’influencer in Italia ti fa guadagnare moltissimo. Tutto dipende dal pubblico a cui ci si rivolge, piattaforma utilizzata e dal tipo di argomento trattato).
Una “ verità” dov’è possibile eliminare quello che di noi non ci piace per creare una nuova immagine apprezzata da tutti.
Quale scambio intercorre tra follower ed influencer?
Iniziamo col fare una premessa. Tutti noi abbiamo avuto nel corso della vita un “modello che ha influenzato il nostro agire e modo di pensare”. Un personaggio, pubblico e non, che ci ha colpito per ciò che ha fatto o detto e che noi abbiamo scelto come modello da seguire… il nostro “eroe”.
Non voglio essere disfattista , ma credo che questa definizione di modello oggi sia per lo più stata superata, non tanto perché siano spariti gli “eroi” , quanto per come oggi gli eroi siano proposti/imposti, anche se non sembra li seguiamo non per nostra scelta. Se prima era l’epoca degli eroi oggi è l’epoca degli Influencer.
Personalmente credo che ci sia una notevole differenza tra eroe ed influencer. Se prima era… IO ti seguo perche TU m’ispiri per quello che hai fatto e detto,… oggi è: SONO un tuo seguace in quanto TU da abile comunicatore ed esperto di condizionamento di massa mi propini dei CONTENUTI che TU reputi socialmente accettabili, io accetto seguire una Comunity.
A mio parere il punto su cui concentrarsi per cercare di arginale il fenomeno è proprio quello dei CONTENUTI creati ad hoc per attirare seguaci, più estremi sono questi contenuti e più attiro il peggio delle persone. Viene a crearsi un circolo vizioso che trova l’eccesso della dissociazione dalla realtà nelle Challenge, “in quanto facente parte di questa community NON POSSO restarne fuori”…
In alcuni casi si trascura il rischio di perdere la propria vita a favore di quello di sentirsi escluso che, nel mondo del condizionamento, è la leva su cui fare forza.
Cosa rischia un Followers e qual è iul vero ruolo dell’Influencer?
Ultimamente si stà facendo strada il concetto di” Coinvolgimento problematico”, questo si manifesta con un ossessione sul “contenuto” ed una compulsione a controllare continuamente l’account dell’Influencer.
Altri studi che si basano sulla Teoria dell’attaccamento hanno evidenziato due tipi di legami: Le relazioni Parasociali e il senso di appartenenza, entrambi fondamentali nell’influenza da social media.
Le prime riguardano la percezione da parte dei follower della loro relazione unilaterale con un influencer mentre il secondo si riferisce al fatto di sentirsi parte integrante della community.
Paradossalmente anche gli influencer, che sembrano uscirne come carnefici, sono in realtà vittime di un gioco perverso finalizzato al guadagno. È proprio questo il lato oscuro dei social media, l’aspetto a cui si presta minore attenzione.
Gli influencer vengono incitati e spesso incentivati, attraverso la sponsorizzazione di prodotti e marchi, a incrementare la loro visibilità sui social e molti stanno diventando sempre più abili nell’attirare e coinvolgere chi, appunto, li segue.
Viene a crearsi un effetto a cascata che vede all’apice il guadagno ed alla base, in alcuni casi, il dramma come nei casi che vedono coinvolti direttamente i followers.
Tornando al fatto di cronaca che ha fatto da spunto per questa intervista, ci troviamo forse per la prima volta dinanzi ad un evento raro. Per la prima volta a farne le spese sono state delle anime innocenti estranee del tutto a questa sovrapposizione tra verità virtuale e verita reale. Questo deve farci riflettere molto su quanto il fenomeno ci stia fuggendo di mano.
Spesso è uscito fuori il termine challenge, brevemente può dirci perché attira cosi tanto i fruitori dei social?
Quello delle cosiddette “challenge” è un fenomeno ormai molto diffuso tra gli adolescenti. I meccanismi che spingono gli adolescenti a sfide sempre più estreme, fino ad esporsi a comportamenti molto rischiosi, sono però più complessi e difficili da comprendere.
Per l’adolescente, sfidare le regole è anche un tentativo di emanciparsi dalle figure adulte di autorità (genitori, insegnanti, educatori) e di affermare se stesso, di conquistarsi un ruolo e uno spazio di autonomia. In questo senso la sfida è un aspetto connaturato all’età adolescenziale. Purtroppo, però, mentre in condizioni adeguate vi è un sano senso del limite, in casi di maggiore fragilità e vulnerabilità questo limite non viene percepito e possono essere messe in atto condotte molto pericolose.
Alcuni adolescenti sono più fragili, più vulnerabili ai messaggi del web e più predisposti a lasciarsi “contagiare” da alcune dinamiche disfunzionali di sfida, che non hanno un carattere evolutivo ma che, al contrario, risultano patologiche e distruttive. È questo il caso delle “challenge”, un fenomeno complesso al quale concorrono diversi fattori.
È presente un bisogno di procurarsi uno stato di eccitazione per sentire un’attivazione interna. Da un punto di vista neurobiologico, le esperienze eccitanti stimolano nel cervello il rilascio di dopamina, un neurotrasmettitore connesso alle sensazioni di piacere. Si parla di “sensation seeking” per descrivere appunto la ricerca di sensazioni forti e intense, anche a rischio di mettersi in grave pericolo.
L’adolescente è convinto (erroneamente) di aver calcolato ogni rischio e di essere al sicuro ma, in adolescenza, le aree cerebrali deputate alla pianificazione, alla valutazione delle conseguenze e al controllo degli impulsi, non sono ancora pienamente mature e l’adolescente può esporsi a comportamenti altamente rischiosi senza riuscire a prevederne appieno gli effetti.
Fondamentale e anche il ruolo delle dinamiche di gruppo, in quanto gli adolescenti hanno un profondo bisogno di sentirsi accettati, riconosciuti nel proprio ruolo sociale e apprezzati dai pari e, per ottenere approvazione e consensi, sono disposti a pagare un prezzo molto elevato, arrivando ad esibirsi sui social o su youtube con azioni tanto pericolose quanto apparentemente insensate, come rischiare di avvelenarsi con del detersivo per bucato.
L’opinione dei compagni, degli amici e del numero infinito di contatti in rete condizionano profondamente il loro giudizio e le loro decisioni.
In conclusione secondo me l’obiettivo non è demonizzare l’uso dei social, ma piuttosto sviluppare una consapevolezza critica che dovrebbe spingere a trovare un’equilibrio tra la vita social (verità virtuale) e quella reale.
Bisogna far capire che la ricerca del facile guadagno e dell’accettazione accessibili sul mondo social può portare a gravi conseguenze nella vita reale.
Ezio Pellicano è psicoterapeuta specializzato nell’indirizzo Cognitivo-Comportamentale, iscritto all’Ordine degli Psicologi del Lazio dal 2003 (nr. 12449), svolge la professione presso studio privato a Colleferro in Provincia di Roma.
Rivolge il suo intervento al trattamento individuale di giovani e adulti su tematiche quali ansia, panico, depressione, dipendenze, fobie e disturbi del comportamento alimentare.