Tanta commozione per la scomparsa di Mihajlovic dopo tre anni di lotta contro la leucemia

 

Mihajlovic

28/06/2020 Genova, campionato di Calcio di Serie A, Sampdoria – Bologna, nella foto Sinisa Mihajlovic All. Bologna

 

La moglie Arianna, con i figli Viktorija, Virginia, Miroslav, Dusan e Nikolas, la nipotina Violante, la mamma Vikyorija e il fratello Drazen, nel dolore comunicano la morte ingiusta e prematura del marito, padre, figlio e fratello esemplare, Sinisa Mihajlovic“.

Con questo comunicato oggi è stata annunciata la morte presso un ospedale romano di Sinisa Mihajlovic, ex calciatore serbo radicato in Italia dove ha vissuto gran parte della sua carriera sia in campo che in panchina. Aveva 53 anni, gli ultimi tre vissuti combattendo contro una leucemia che non gli ha dato tregua e che ha affrontato come era suo solito fare: a testa alta e con grande orgoglio.

 

Le fasi della malattia

Il 13 luglio 2019 Sinisa Mihajlovic, allenatore del Bologna da gennaio al posto di Filippo Inzaghi, aveva comunicato in conferenza stampa la notizia di aver contratto la leucemia e che avrebbe dovuto iniziare un difficile percorso di cure e terapie. Dal 17 novembre 2021 ottenne la cittadinanza onoraria di Bologna.

Il 26 marzo 2022, sempre in conferenza stampa, annunciò di doversi sottoporre a un nuovo ciclo di cure per contrastare la ricomparsa della malattia. Da lì in poi la situazione di Mihajlovic ha cominciato sempre di più a peggiorare. Il volto scavato non poteva non trasmettere inquietudine, preoccupazione e apprensione. Il 28 aprile 2022 fece il giro del web la visita a sorpresa dei giocatori del Bologna al loro tecnico, ricoverato all’Ospedale Sant’Orsola e affacciatosi dalla finestra della sua stanza per salutare i suoi ragazzi.

Il 6 settembre 2022, dopo 5 partite di Serie A (3 pareggi e 2 sconfitte), il Bologna ha esonerato Mihajlovic dopo quasi quattro stagioni e altrettante tranquille salvezze a metà classifica. La notizia in un primo momento fu vista come un gesto insensibile da parte del proprietario canadese Joey Saputo, bersagliato dalle critiche e corso ai ripari spiegando che la decisione era legata anche allo stato di salute del mister, sostituito per una partita da Luca Vigiani (allenatore della Primavera) e infine dall’ex centrocampista dell’Inter Thiago Motta.

Saputo, attraverso un lungo comunicato sul sito ufficiale del Bologna, ha ricordato Mihajlovic e sottolineato che “La decisione di sollevarlo dall’incarico, quando ormai era diventato impossibile proseguire un lavoro così complesso in queste difficili condizioni, è stata, come ho già avuto modo di dire, la più sofferta della mia intera gestione“.

 

Carriera da calciatore

Mihajlovic era nato a Vukovar (attuale Croazia) nella ex Yugoslavia il 20 febbraio 1969 da padre serbo e madre croata. Nel suo paese natale giocò prevalentemente da esterno sinistro dal 1986 al 1992, periodo attraversato dalla violenta guerra dei Balcani, con le maglie di Borovo, Vojvodina (vinse il campionato yugoslavo nel 1989) e Stella Rossa. Nel club biancorosso di Belgrado si fece conoscere definitivamente in Europa e nel mondo durante l’annata 1990-1991, conclusa con le vittorie del campionato (fece bis nel 1992), della Coppa dei Campioni (5-3 ai rigori contro il Marsiglia nella Finale giocata a Bari, dove segnò il quarto tiro dal dischetto) e della Coppa Intercontinentale (3-0 a Tokyo contro i cileni del Colo-Colo campioni del Sud America).

Il passaggio in Italia arrivò nel 1992 quando fu preso dalla Roma. Dopo due anni amari (7 gol in 69 presenze), dal 1994 al 1998 Mihajlovic si impose nella Sampdoria sotto la guida di Sven Goran Eriksson, allenatore svedese che gli inventò il ruolo definitivo di difensore centrale con licenza di sganciare il poderoso sinistro per rigori o calci di punizione. Segnò 15 gol in 128 presenze.

Nell’estate del 1998, dopo i Mondiali di Francia 1998 disputati con la Yugoslavia (5 presenze e 1 gol su punizione contro l’Iran), Mihajlovic fu preso dalla Lazio dove ritrovò Eriksson (fino agli inizi di gennaio 2001) e rimase fino al 2004, indossando varie volte la fascia da capitano. Sulla sponda biancoceleste della Capitale arrivò la consacrazione definitiva con 7 trofei: Supercoppa Italiana nel 1998 (2-1 alla Juventus); Coppa delle Coppe (2-1 al Maiorca) e Supercoppa UEFA (1-0 al Manchester United) nel 1999; Scudetto (storica rimonta sulla Juventus), Coppa Italia e Supercoppa Italiana (entrambe strappate all’Inter) nel 2000; e Coppa Italia nel 2004 (piegata la Juventus). Con l’Aquila sul petto (e nel cuore dato che non ha mai fatto mistero di tifare Lazio) mise a referto 193 presenze e 33 gol, tra cui una finora irripetibile tripletta su calci di punizione diretti contro la Sampdoria in un 5-2 all’Olimpico (13 dicembre 1998).

Dal 2004 al 2006, anno del ritiro, Mihajlovic indossò la maglia dell’Inter ed ebbe come allenatore Roberto Mancini, ex compagno alla Sampdoria e alla Lazio. In questo biennio raccolse 43 presenze, 6 gol e aggiunse al suo bottino 2 Scudetti (assegnati dopo lo scandalo di Calciopoli che colpì la Juventus), 2 Coppe Italia (decise su punizione la finale di ritorno del 2005 contro la Roma) e 1 Supercoppa Italiana. L’ultima rete, tanto per cambiare su punizione, fu in una vittoria per 2-1 in trasferta contro l’Ascoli l’8 aprile 2006.

Tuttora Mihajlovic è il marcatore più anziano in Serie A del club nerazzurro (37 anni) ed è il più prolifico realizzatore in Italia di calci piazzati (28).

 

Carriera da allenatore

Dal 2006 al 2008 Mihajlovic è stato il vice di Mancini sulla panchina dell’Inter pre-Triplete. Da novembre iniziò la carriera da allenatore proprio nel Bologna, ma fu esonerato nel finale di stagione (sostituì Arrigoni e fu rimpiazzato da Papadopulo).

Successivamente ha diretto Catania, Fiorentina (nono posto nel 2011), la Nazionale della Serbia (mancò la qualificazione al Mondiale brasiliano del 2014), Sampdoria (nel 2015 ottenne un settimo posto, il migliore risultato in panchina), Milan (arrivò in Finale di Coppa Italia e fu esonerato a sei giornate dalla fine del campionato nell’aprile 2016), Torino (nono posto nel 2017) e Sporting Lisbona, dove fu incredibilmente esonerato dopo solo nove giorni.

Un cammino altalenante, difficile e meno soddisfacente rispetto a quello da calciatore. Spesso ha pagato l’esonero durante il secondo anno, oppure è subentrato a stagione in corso per risollevare squadre in grossa difficoltà come il Catania ultimo a dicembre 2009, la Samp a novembre 2013 o il Bologna quando fu richiamato nel febbraio 2019 per uscire dalla zona retrocessione.

Dalla sua parte però non è mai mancato il carattere straripante, la forza di combattere, la determinazione per ribaltare i pronostici e saper trasmettere coraggio e spirito di rivalsa ai suoi giocatori. E la voglia di spaccare tutto, come succedeva quando si metteva in posizione obliqua e caricava il sinistro (“Sinisa tira la bomba“, come recitava uno striscione in Curva Nord) per i suoi indimenticabili calci di punizione. Come cantano i tifosi laziali:

“E se tira Sinisa
E se tira Sinisa
E se tira Sinisa
È gol”

 

 


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