La “nostra Palestina”: il viaggio di Roberta De Tomi tra Ramallah e Betlemme

Scritto da il 5 Giugno 2023

 

 

Da Ramallah a Betlemme, alla scoperta della Palestina: la visita della delegazione italiana di scrittori, poeti, giornalisti, attivisti e filantropi, invitata e ospitata dall’OLP (Organizzazione Liberazione Palestina) e dall’Unione Generale Scrittori Palestinesi. Ad accompagnare gli ospiti, lo scrittore e poeta Odeh Amarneh, Consigliere Culturale dell’Ambasciata dello Stato della Palestina in Italia, che è stato il punto di riferimento (prezioso) per il gruppo. Un viaggio che ha lasciato un segno indelebile, un dialogo aperto tra Italia e la Palestina, all’insegna della cultura.

All’atterraggio ad Amman, il gruppetto partito da Roma Ciampino, sabato 29 aprile, viene accolto dal personale dell’organizzazione e accompagnato alle auto che conduce i nuovi arrivati all’hotel. È un tardo pomeriggio assolato, sferzato da un vento inatteso che porta a stringersi nei giubbotti primaverili; il paesaggio scorre sotto gli occhi avidi di informazioni di persone che non sono turisti, almeno non nel senso stretto del termine, anche se l’abbigliamento occidentale non dà adito a dubbi. In realtà, però, per i partecipanti le aspettative sono già delineate, come le dune del deserto, e gli obiettivi sono quelli di conoscere la situazione della popolazione palestinese e, insieme, rafforzare il dialogo tra Palestina e Italia, attraverso la cultura, unico e vero collante capace di unire, di portare nuove consapevolezze.

Il giorno successivo il gruppetto affronta due frontiere, e già lì si delineano i contorni di quella che è una vera e propria impresa: a quella israeliana, due ore prima di avere l’ok per proseguire. “Pratica sospesa”, viene comunicato e già qualcosa non quadra.  L’attesa dà il sentore di quello che sarà toccato con mano; ma si profilano anche due ore di chiacchiere, in cui alcuni perfetti sconosciuti, trovano una forte e profonda connessione. Superato il primo ostacolo e avuto il via libera, la delegazione è accolta presso la sede della General Administration for Borders & crossing, dal dottor Murad Sudani, Presidente dell’Unione Scrittori Palestinesi; presenti i componenti del direttivo e la televisione palestinese che da lì seguono la delegazione negli spostamenti e negli incontri previsti dal programma, denso di appuntamenti.

E così si riparte: dalle strade abbracciate dal deserto si giunge a Ramallah, traducendo, “città di Dio”. Un luogo in cui i minareti si alternano alle chiese cristiane; un luogo di convivenza tra popoli differenti per culto ma che condividono spazi quotidiani, sotto lo stesso cielo e illuminati dallo stesso sole.

A Ramallah si susseguono incontri con personalità e visite a luoghi emblematici: la tomba di Yāsser ʿArafāt, un vero e proprio monumento sacro, oggetto di visite ogni giorno, e il museo dedicato, qualche giorno dopo, dove, oltre a essere conservati cimeli importanti del leader e martire palestinese, si trovano reperti storici preziosi.

La delegazione visita anche il museo del poeta Mahmoud Darwish, i cui versi sono immortalati in diverse installazione, e viene coinvolta nella lettura  delle proprie poesie, pubblicate sull’opuscolo bilingue “La primavera della cultura palestinese”.

 

Gli incontri istituzionali 

Gli eventi in programma s’intrecciano agli accadimenti non previsti, molti dei quali carichi di tensione, in cui si è espressa la condizione di una popolazione in cerca di libertà e fratellanza; tra check-point, manifestazioni, scioperi generali e la quotidianità interrotta di una popolazione che fa della resistenza la sua parola d’ordine.

Faisal Arnaki , membro del Comitato Centrale OLP, Presidente del Dipartimento degli affari degli espatriati, Kad Gazzawi  Sottosegretario del Ministero della cultura palestinese Nasser Abou Baker, Segretario Generale dei Giornalisti Palestinesi, Jibril Rajoub Segretario generale di Al Fatah e Responsabile dello sport in Palestina, trattano la questione palestinese da più prospettive, tutte convergenti sul punto della resistenza.

Gli incontri ufficiali aprono ulteriori spiragli di conoscenza sulla situazione vissuta dalla popolazione palestinese. Una condizione di oppressione, una normalità rovesciata che, agli occhi di un occidentale risulta difficile anche soltanto da immaginare, laddove la pace è una condizione che rompe frontiere e muri. Per la popolazione locale, invece, l’oppressione è diventata la norma, qualcosa con cui convivere ma che non per questo si accetta. Il muro della “vergogna”, una barriera fisica che si estende per chilometri e in cui si cercano di aprire brecce; l’arte che diventa eversione, che richiama la nascita che dovrebbe invocare ed evocare la pace e l’unione tra i popoli. Dal Walled Off Hotel di Bansky, con le immancabili provocazioni/riflessioni ma soprattutto l’arte che si fa visione e speranza.

Il viaggio ha un momento culminante con l’incontro con il Primo Ministro Palestinese, S.E. Mohammad Ibrahim Shtayyeh. Per la delegazione un altro momento estremante emozionante e illuminante.

L’ufficialità si chiude con la premiazione e la consegna di targhe, insieme alle tessere di membro onorario dell’Unione Scrittori Palestinesi, un dono prezioso, salutato come un grande onore da parte degli ospiti italiani. Onori ma anche oneri, nella consapevolezza di essere testimoni di una condizione, nonché amici e amiche che tendono mani tremanti per l’emozione.

 

Normalità e senso del sacro tra le vie di Ramallah e Betlemme

Durante il soggiorno la delegazione si è immersa nelle vie di Ramallah e di Betlemme. Il senso del sacro si è intrecciato alle serate nei locali, dove si è respirata la normalità di una cena con amici, tra musica e risate. Non è vietato fumare negli interni e la sigaretta accompagna i momenti conviviali dello svago in modo ricorrente. Sembra strano parlare di svago, di divertimento in Palestina, ma i sorrisi osservati sui volti delle persone erano veri. La voglia di socializzare, di condividere spazi comuni, di ascoltare le canzoni degli artisti in lingua araba; la voglia di guardare negli occhi la persona con cui si sta seguendo un percorso di vita o chi è più caro, di conservare le proprie tradizioni, come espressione di identità, schiacciata e vilipesa. E poi, il cibo, espressione di una terra che nell’ulivo trova il proprio simbolo e nutrimento, suggello di pace universale. I colori sulla tavola sono variegati, come i sapori, morbidi, speziati, ricchi e avvolgenti. Piatti che deliziano e che uniscono, facendo poi seguire momenti di poesia, letture tradotte, a incentivare il dialogo. Scrittori e poeti palestinesi che resistono e incantano con un’arma che può fare tanto: la parola. La varietà dei colori dei vestiti, diversi dai trend occidentali, ma che esprimono una ricchezza culturale, tra ricami e intarsi meravigliosi.

Tra le vie delle località si cerca risposte che non arrivano; risposte che la storia non riesce a fornire e che il presente sembra procrastinare.

Nelle piccole gioie quotidiane, negli affetti solidi dei valori famigliari, il popolo palestinese trova un sollievo, mentre basta un attimo per spazzare via le certezze. La sensazione – atroce – di essere stranieri nella propria casa; le persone nei campi profughi, le madri che vanno a trovare i figli nelle carceri dove il fermo amministrativo è una realtà. Ragazzi che indossano la kefiah, versi che scaturiscono dalla speranza. La cultura non è un’evasione, ma l’espressione di una necessità, la necessità di resistere. E se in un locale, a un certo punto, le note di Bella Ciao fanno irruzione riportando la connessione con altri eventi storici nemmeno troppo lontani, quelle dei Modena City Ramblers riportano al “vecchio compagno” che segue paziente, tra “fango, sudore e risate” di In un giorno di pioggia, si accendono le speranze per un popolo che non smette di sperare, trasformando la resistenza in un canto, in un racconto, che dalla Nakba ci riportano al presente, al sogno che non è mai un solo volo pindarico ma azione che cerca di influire nella realtà. Gli ultimi due giorni ad Amman hanno fatto scoprire altri scorci suggestivi, prima di ripartire, ma il cuore è rimasto oltre la Giordania.

 

Una nuova idea di libertà 

Il viaggio in Palestina ha lasciato segni dentro i partecipanti; da allora le parole non sono più le stesse. Da allora anche il concetto di libertà ha assunto una nuova connotazione, il suo suono sembra diverso, la giustizia sembra tingersi di colori diversi, di pesi che sembrano dipendere da volontà esterne. Intanto, c’è una cultura che scorre come il fiume Giordano, una cultura di parole che cerca di abbattere i muri, la vergogna. C’è il coraggio che si traduce nelle lacrime di una madre che resiste, nella forza di bambini che vogliono vedere oltre il muro, magari, abbatterlo. Una speranza scritta dagli autori che hanno trasformato in poesia il dolore e lo trasformano ogni giorno, insieme al senso della battaglia.

 

Il Primo Ministro Palestinese Mohammad Ibrahim Shtayyeh con la scrittrice Roberta De Toni


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