L’importanza delle domande di Cristo nel Vangelo

Scritto da il 13 Gennaio 2024

Spiritualità – Seconda domenica per annum B, la riflessione sul Vangelo del Vescovo Emerito di Carpi Francesco Cavina.

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Che cosa cercate?” sono le prime parole di Gesù nel Vangelo di Giovanni  e, pertanto, appaiono particolarmente significative. Esse sono indirizzate a due persone (Giovanni e ad Andrea) che si sono messi a seguirlo dopo avere lasciato il Battista che battezzava presso il fiume Giordano.

È interessante notare che il Signore  non inizia il dialogo parlando di sé o presentando il suo messaggio, ma facendo parlare i due. Si interessa alla domanda che portano nel cuore.

Il Signore sa che noi cerchiamo tante cose, ma poi quando le abbiamo trovate dobbiamo constatare, con amarezza, che esse non ci danno quella pienezza a cui aspiriamo. Questa esperienza ci porta a riconoscere che il nostro cuore va sempre oltre, ha sempre bisogno di altro. Ma questo altro che cos’è?

La domanda di Gesù ci spinge ad andare a fondo del nostro desiderio e  a chiederci: “Cosa cerco in realtà?”; “Quale senso do alla mia vita?”; “Qual è il mio bisogno vero?”

Dove dimora il Signore, la risposta nei Vangeli  

La risposta di Andrea e Giovanni – “Maestro dove dimori?”- ci indica che l’unica ricerca seria della vita è la ricerca del Signore. Dove dimori?, come dire: qual è la tua vita, dove trovi la tua consistenza, su quali fondamenta operi le tue scelte?

Per venire incontro alla loro richiesta Gesù fa una proposta – Venite e vedete- che costituisce un invito a seguirlo. Egli dice a questi due discepoli e, attraverso loro, anche a noi, che per poterlo conoscere è necessario superare la distanza ed entrare in una relazione d’amicizia con Lui.

 

Cristo vede, Cristo dimora, Cristo testimonia 

Ma in che cosa consiste precisamente la sequela di Cristo? Il testo evangelico ci dice che essa è caratterizzata da tre atteggiamenti. Il primo è espresso dal “vedere”, cioè dal riconoscere che Gesù è il Messia, il Figlio di Dio venuto tra noi per salvarci.

Il secondo dal “dimorare”, cioè dall’accettare una comunione di vita e di destino con Lui, mediante l’accoglienza della sua parola e la partecipazione ai sacramenti.

Il terzo elemento della sequela è dato dalla testimonianza, cioè dal raccontare ciò che è capitato di bello. Una testimonianza che nasce da un’esigenza interiore, da un bisogno dell’anima di condividere anche con altri quanto è accaduto alla propria vita, perché possano godere della stessa pienezza. E così nasce la fraternità che si costruisce attorno a Gesù.

 

L’emarginazione di Dio

Seguire il Signore significa testimoniare il primato di Dio nella propria vita: è la sfida principale del tempo presente, caratterizzato appunto dalla emarginazione di Dio perché, la sua eventuale esistenza, di dice, è priva di importanza per la vita.

Negli ultimi 25 anni, scrive il sociologo Franco Garelli nel suo libro “Gente di poca fede”, i non credenti in Italia sono aumentati del 30% . Ma questa “emancipazione”, rivela il sociologo, non ha portato nulla di buono.

La mancanza di Dio ha fatto crescere nel cuore dell’uomo la percezione che la solitudine sia diventata più insopportabile, ha portato al dilagare della paura e al deterioramento delle relazioni umana a causa di una crescente conflittualità.

 

Con Dio il nostro cuore cambia

Vivendo nella comunione con il Signore il nostro cuore cambia, siamo trasformati in nuova creatura e si diventa capaci di costruire una fraternità che ha come “statuto il precetto dell’amore” (Prefazio Comune VII) ed è finalizzata alla missione di annunciare la paternità e l’amore di Dio, le sole vie che rendono possibile costruire un mondo più giusto, più accogliente e fraterno.

 

Francesco Cavina

S.E. Mons. Francesco Cavina

 

 

 


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