Il Figlio di Dio si è fatto carne duemila anni per salvarci dal peccato

Scritto da il 13 Maggio 2023

La riflessione sul Vangelo di domenica 14 maggio 2023, VI domenica di Pasqua, del Vescovo Emerito di Carpi Francesco Cavina:

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In questa VI domenica di Pasqua ci viene offerto un primo insegnamento sullo Spirito Santo, tratto sempre dai “discorsi di addio” e che abbiamo iniziato ad ascoltare domenica scorsa. I testi che la Liturgia propone, ci aiutano ad entrare più profondamente nel mistero pasquale di Gesù.

Questo evento, oltre alla Risurrezione di Cristo nel suo vero corpo, comprende anche altri due risvolti importanti, che saranno oggetto di riflessione nelle prossime due domeniche. E cioè l’Ascensione del Signore al cielo e la Pentecoste, ovvero l’invio dello Spirito Santo, frutto del sacrificio di Cristo, quale dono permanente inviato alla Chiesa e nel cuore di ogni battezzato.

 

Lo Spirito Santo e la presenza di Cristo 

Ci soffermiamo sulle parole di Gesù: “Non vi lascerò orfani: Verrò da voi” (v.18). Gesù promette una nuova modalità di presenza fra i suoi. Infatti, mentre quella fisica secondo la carne è necessariamente passeggera, quella secondo lo Spirito si prolunga fino al consumarsi dei secoli.

Con lo Spirito Santo trovano piena attualizzazione le parole che Cristo ha lasciato ai suoi discepoli: “Ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 27.20). Lo Spirito Santo porta con sé la presenza continua di Cristo, ed assicura una assistenza permanente alla comunità cristiana.

Diventano, così, più chiare le parole di Gesù ai discepoli: “È meglio per voi che io me ne vada”. Il Figlio di Dio che duemila anni fa si è fatto carne per salvarci dal peccato continua, oggi, ad essere presente tra noi mediante il suo Spirito, i sacramenti e la sua parola. In virtù di tutti questi doni la gioia della presenza di Cristo non è limitato al piccolo gruppo degli apostoli e discepoli della prima ora, ma è esteso, mediante la missione della Chiesa,  a tutte le generazioni e a tutti i popoli del mondo.

Anche noi, dunque, che non abbiamo condiviso fisicamente la vita con Gesù, perché siamo venuti dopo, possiamo gioire della sua amicizia ed essere  misteriosamente inseriti nella sua intimità.

 

Gesù ci lascia liberi 

Il discepolo, inoltre, potrà fare l’esperienza di questa nuova presenza di Cristo in lui anche mediante l’amore per Lui: “Se mi amate, osservate i miei comandamenti” (Gv. 14,15).

La particella “se”, che in grammatica è una semplice congiunzione, nel discorso di Gesù invece è molto importante. Essa dice tutta la libertà che egli lascia all’uomo di corrispondere all’amore di Dio in Cristo Gesù.

Il Signore Gesù non forza nessuno ad amarlo, anche se ne avrebbe tutto il diritto; ci lascia liberi, anche di rifiutare il suo amore. Ma se diamo seguito a quel “se”, ecco che la nostra vita mette le ali della santità.

Il discepolo ama Gesù, cioè corrisponde volontariamente al suo amore, quando osserva i suoi comandamenti, che sono principio di vita nuova. È bene ricordare che nel contesto della teologia di san Giovanni, dire “comandamenti di Gesù” equivale a dire obbedienza alla sua Parola, al suo insegnamento che si risolve nel duplice precetto dell’amore.

Il discepolo ama veramente Gesù quando lo imita nella sua duplice donazione al Padre e ai fratelli. Sant’Agostino afferma: Ama Gesù Cristo “chi ha i suoi comandamenti nella memoria e li osserva nella vita; chi li ha nei discorsi e li osserva nello stile di vita… L’amore va dimostrato nell’azione; diversamente resterebbe un nome vano e infruttuoso”.

Francesco Cavina

S.E. Mons. Francesco Cavina


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