Caffè Lungo: Quando esplose il sole

Scritto da il 19 Luglio 2019

Non sono un amante delle ricorrenze tristi, di quelle che ti fanno pensare a come sarebbero state le cose se non ci fosse stato il dramma. Però, ci sono ricorrenze che, nella loro tristezza, devono essere ricordate. Perchè il rischio più grosso è che la memoria venga meno e là, dove c’è l’oblio, la luce non riesce a filtrare. Oggi è uno di quei giorni: la ricorrenza triste è quella della strage di via D’Amelio.

Quel 19 luglio del 1992 faceva caldo a Palermo. Anche in via D’Amelio faceva caldo ma era un calore diverso. Un calore che sapeva di morte, di violenza, di terrore. Il calore di un’esplosione che si portò via sei persone che avevano dedicato la loro vita a rendere l’Italia e la Sicilia un posto migliore. Libero. Erano cinque agenti di scorta e un magistrato; il suo nome era Paolo Borsellino.

In via D’Amelio esplose il sole. E non parlo dell’autobomba con all’interno novanta chili di esplosivo. Esplose il sole che illuminava la speranza, la speranza che quel cancro chiamato mafia potesse essere estirpato, la speranza di un mondo giusto. Le macerie di un Paese mai del tutto ricostruito avevano inghiottito passo dopo passo sia Falcone che Borsellino, lasciati soli, in pasto alle belve.

Quando esplose il sole io ero poco più di un bambino. Ma se sono qui a ricordare chi fu Paolo Borsellino, e con me milioni di persone ogni giorno, significa che l’esplosione non ha spento la luce della memoria. Con pazienza, questa luce tiene vivo il ricordo. Chissà se chi ha deciso che anche Borsellino dovesse saltare in aria come Falcone aveva previsto tutto ciò? Perchè la memoria, tenuta viva giorno dopo giorno, è l’inizio della loro fine. Federico Bonati 


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