Hinchada Diferente – Mirko Jozic: il primo allenatore europeo campione della Copa Libertadores

Scritto da il 27 Agosto 2020

Autore: Santiago Roque Favilla

Il ciclo d’oro del Colo-Colo nei primi anni Novanta porta la firma indelebile di Mirko Jozic, l’allenatore slavo che in Cile ha costruito la sua fortuna.

 

Nella storia del calcio sudamericano solo due allenatori europei sono riusciti a vincere la Copa Libertadores, cioè l’equivalente in Europa della Champions League: l’ultimo, a dir poco recente, è stato il portoghese Jorge Jesus con i brasiliani del Flamengo nel 2019 (un grande traguardo per uno che con il Benfica aveva perso due Finali di Europa League nel 2014 e nel 2015, a dimostrazione che la maledizione di Bela Guttmann forse vale soltanto nel Vecchio Continente). Il primo a riuscirci, nel 1991 (anno in cui ottenne la cittadinanza croata), fu lo jugoslavo Mirko Jozic con i cileni del Colo-Colo. Un trionfo tuttora unico per il calcio cileno dato che nessun’altra squadra è riuscita a emulare l’impresa del Cacique, il soprannome del club che prende il nome di Colo-Colo, capo indio di razza mapuche che contrastò gli spagnoli durante la colonizzazione del Cile nel corso del XVI secolo. Un trionfo nato pochi anni prima in una maniera molto inusuale.

Jozic, nato a Treglia (Dalmazia, a sud dell’attuale Croazia) l’8 aprile 1940, giocò da regista e da libero con Hajduk Spalato e Osjek fino al ritiro a 27 anni per colpa di un infortunio serio alla caviglia destra. Dopo aver proseguito e concluso gli studi per diventare professore di educazione fisica, nel 1970 debuttò da allenatore nella Serie C jugoslava e portò in Serie B lo Junak. Nel 1972 gli si aprirono le porte del florido settore giovanile della Nazionale jugoslava, capace di contare su un enorme serbatoio di giocatori che attualmente apparterrebbero ad altri paesi slavi (Serbia, Croazia, Montenegro, Kosovo, Slovenia e Macedonia). Nel 1979 Jozic vince in Austria l’Europeo con l’Under 19 battendo in Finale la Bulgaria per 1-0. Il suo lavoro proseguirà senza particolari intoppi per tutti gli anni Ottanta.

Nell’ottobre del 1987 in Cile si disputa il Mondiale per Nazionali Under 20. La Jugoslavia si mette in evidenza nella fase a gironi stravincendo contro i padroni di casa (4-2), l’Australia (4-0) e il Togo (4-1). Jozic ha in rosa alcuni ragazzi che negli anni a venire saranno grandi calciatori o pedine fondamentali della Croazia che finirà a sorpresa terza nel Mondiale di Francia 1998. Spiccano per l’appunto il terzino sinistro Robert Jarni (giocherà in Italia con Bari, Torino, Juventus e anche in Spagna con il Betis Siviglia e il Real Madrid) e il difensore centrale Igor Stimac, ma dalla trequarti in avanti c’è un alto tasso di qualità tecnica che sfocia in una potenza di fuoco difficile da arginare: Zvonimir Boban (futura stella del Milan) e Robert Prosinecki (a fine Mondiale passerà dalla Dinamo Zagabria alla Stella Rossa di Belgrado) compongono le note di un gioco veloce quanto spensierato e si propongono a supporto delle punte Predrag Mijatovic (il punitore della Juventus nella Finale di Champions League 1998 vinta dal Real Madrid e l’unico tra questi giocatori che non diventerà croato, ma montenegrino dal 2004) e Davor Suker. Verrebbe da dire che questi primi risultati sono una formalità, ma la forza di questa squadra non è passeggera e si nota nella fase a eliminazione diretta quando elimina ai Quarti il Brasile (2-1, Mijatovic e Prosinecki all’89’ rimontano una Seleção con pochi talenti), la Germania Est in Semifinale (altro 2-1) e infine la Germania Ovest, battuta per 5-4 ai rigori dopo 120′ chiusi sull’1-1: Zvone Boban segna all’85’, i tedeschi come al solito sono duri a morire e pareggiano con un rigore all’87’ di Witeczek, che però poi sbaglierà il primo rigore della serie, chiusa sul 5-4 ancora da Boban. Prosinecki vince il pallone d’oro come miglior giocatore e Suker finisce secondo in classifica cannonieri con 6 gol (su 17 totali, quindi miglior attacco), ma si prenderà la rivincita in Francia nel ’98, anno in cui vince anche la Champions con il Real Madrid insieme a Mijatovic. I Cilenci (“I ragazzi del Cile”) tornano a casa da campioni del mondo e scrivono una delle ultime pagine di gloria del calcio jugoslavo.

Jozic conclude al meglio il suo incarico e nel dicembre del 1987 ritorna in Cile. I massimi dirigenti del Colo-Colo, il club più titolato del paese, sono molto interessati a lui e già durante il Mondiale avevano avviato dei contatti (curiosamente il presidente, Peter Dragicevic, è di origini jugoslave). Jozic si dedica alla supervisione del settore giovanile e, per conto proprio, comincia a visionare bambini promettenti in quasi tutti i campetti della capitale Santiago. Non passa nemmeno un anno e Jozic torna in patria (“Ho compiuto il mio lavoro. Ho lasciato un rapporto su quanto ho fatto in questi mesi. Sono lontano dalla mia famiglia da molto tempo e voglio rivederla”) per prendersi un periodo di riflessione. Nel settembre del 1990, in seguito all’uscita del mister Arturo Salah, Dragicevic chiama Jozic per affidargli questa volta la panchina del Colo-Colo, fresco campione del Cile. La risposta è positiva e Jozic si presenta in aeroporto con la moglie e la figlia. Nelle prime uscite con la stampa comincia a puntare in alto:

I miei obiettivi sono semplici: vincere il campionato con Colo-Colo e portarlo al titolo della Copa Libertadores. Ho accettato questa sfida perché il paese mi piace e Colo-Colo è un grande club con una grande tifoseria, come quella della Stella Rossa”.

Più profetico di così non si poteva essere. Jozic introduce la difesa a tre (due stoppers e un libero) e propone un gioco rapido e versatile come quello della sua giovane Jugoslavia, con l’aggiunta dell’aggressività e della foga tipica del calcio latino. Al debutto, molto infuocato, vince il sentito derby contro l’Universidad Católica per 1-0 e porta El Cacique alla vittoria del secondo campionato nazionale consecutivo. Nel 1991 Jozic entra nella storia: il Colo-Colo ottiene il tricampeonato per la prima volta (l’ultima squadra in Cile a vincere tre campionati di fila fu il Magallanes tra il 1933 e il 1935) e conquista la Copa Libertadores diventando campione d’America.

Colo-Colo si qualifica primo nel Girone B con 9 punti: batte in casa i connazionali del Deportes Concepción e gli ecuadoregni della Liga de Quito e del Barcelona de Guayaquil (finalista dell’edizione precedente contro l’Olimpia) e pareggia le rispettive trasferte. Agli Ottavi di Finale cadono i peruviani dell’Universitario (0-0 a Lima, 2-1 a Santiago) e ai Quarti gli uruguaiani del Nacional (rotondo 4-0 in casa e KO ininfluente per 2-0 a Montevidéo). In Semifinale c’è il Boca Juniors che in Argentina strappa su rigore un combattuto 1-0. Il ritorno all’Estadio Arellano si preannuncia rovente. La stampa argentina parla di “clima di guerra”. Storicamente tra cileni e argentini non corre buon sangue. Anni dopo Blas Giunta, centrocampista del Boca, dirà che Santiago quella sera “era il Vietnam”. Colo-Colo trionfa per 3-1 e dopo il terzo gol si scatena veramente la guerra in campo: la miccia, stando alle ricostruzioni, l’accesero dei fotografi che avevano invaso il campo (oggi sarebbe impossibile) per immortalare l’esultanza dei giocatori di casa e che avrebbero preso in giro i giocatori del Boca. La rissa, a calci e pugni, coinvolse vari giocatori (tra gli argentini il portiere Navarro Montoya, Giunta e un giovane Batistuta, colpito alle spalle da un fotografo successivamente inseguito a perdifiato e picchiato sotto la recensione della Curva), qualche membro della polizia con i cani da guardia (uno morde una coscia a Navarro Montoya) e alcuni fotografi che si difendevano usando le macchine fotografiche come se fossero fionde. Jozic ha anche un diverbio con il suo collega, El Maestro uruguaiano Oscár Tabárez, che mostra a una telecamera un taglio sulla guancia destra causato dal lancio di una fotocamera. In Finale Colo-Colo affronta i campioni uscenti dell’Olimpia: in Paraguay finisce 0-0 e il 3-0 del 5 giugno 1991 a Santiago è la perfetta realizzazione della profezia lanciata un anno prima da Jozic, ancora una volta bravo a forgiare un gruppo di giocatori poco conosciuti (alcuni usciti dalle giovanili) ma capaci di seguirlo ciecamente nel suo 3-5-2: il portiere argentino Morón; la linea difensiva composta da Miguel RamírezGarrido Margas (giocherà con il Cile il Mondiale del ’98); a centrocampo da destra a sinistra Coca Mendoza, Peralta, il capitano/regista Jaime Pizarro, Espinoza (5 gol) e Vilches; e un folto attacco composto dagli argentini Barticciotto e Dabrowski (autore di 6 reti) e dalle punte di casa Pato Yañez, Rubén Martínez (3 gol, compresa una doppietta al Boca) e Luis Pérez, passato dai gol nella Primavera a una doppietta in Finale (Martínez fu espulso all’andata) insieme a Leonel Herrera, 20 anni e autore all’85’ del 3-0 dopo essere subentrato all’infortunato Mendoza al 40′.

L’8 dicembre 1991 il Colo-Colo disputa in Giappone la Coppa Intercontinentale contro il campione della Champions League, la Stella Rossa di Belgrado. Per Jozic questo derby si rivelerà amarissimo: la superiorità della Stella, nell’ultimo grande atto del calcio jugoslavo, è evidente e il 3-0 lo firmano con una doppietta Vladimir Jugovic (futuro campione d’Europa con la Juventus nel 1996) e Darko Pancev (futuro bidone all’Inter). In rosa non c’è più Prosinecki (ceduto al Real Madrid), però ci sono due talenti come il difensore-bomber Sinisa Mihajlovic (protagonista con Lazio e Inter) e Il Genio Dejan Savicevic (il 10 del Milan di Capello) che al 40′ viene addirittura espulso per aver colpito Ramírez con una testata e un pugno.
Jozic lascerà il Colo-Colo vincendo altri tre titoli: nell’aprile e nel dicembre del 1992 arrivano in bacheca la Recopa Sudamericana a Kobe contro il Cruzeiro campione della Supercopa (5-4 ai rigori dove il portiere di riserva Rambo Ramírez subentra al 120′ a Morón e para il secondo tiro dei brasiliani) e la Copa Interamericana contro il Puebla campione del Centro-Nordamerica (4-1 in Messico e 3-1 in Cile). Nel 1993 Jozic saluta il Colo-Colo con tutti gli onori dopo aver vinto il suo terzo campionato cileno. Da quelle parti ritornerà solo nelle vesti di dirigente nel 2005, prima del ritiro definitivo nel 2006 alla Dinamo Zagabria.
Il mister venuto dall’Europa che conquistò il Sudamerica non riuscì a replicare questi successi negli altri club in cui allenò: América di Messico, Hajduk Spalato, Al Hilal in Arabia Saudita (nel ’97 vince la Coppa delle Coppe asiatica), Newell’s in Argentina e Sporting Lisbona. Nel 1994-1995 allenò il Cile per solo 8 partite (sugli scudi c’è un 3-3 in amichevole contro l’Argentina di Maradona, dove Jozic fece debuttare con tanto di gol il promettente attaccante Marcelo Salas) e nel 2002 guidò la Croazia nel Mondiale nippo-coreano, dove pur battendo per 2-1 l’Italia di Trapattoni non riuscì a superare la fase a gironi, nonostante la presenza di alcuni “suoi” ragazzi del 1987, tutti in età avanzata e prossimi al ritiro (Suker, Prosinecki, Jarni e Stanic).

 


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