Caffè Lungo: “Ma io non aprirò”

Scritto da il 10 Dicembre 2019

Ricordando nuovamente ad urbi et orbi che il Caffè Lungo non è diventato la posta del cuore, torno sulla vicenda di quelle due persone a me molto care di cui avevo parlato nell’editoriale “Cambiamenti”. Bene, oggi mi è venuto lo spunto per parlare di una situazione che purtroppo si ripresenta in tante coppie dopo che queste si sono lasciate: il ritorno dell’abbandonato.

Ora, in un modo o nell’altro, chi è stato lasciato tornerà, prima o poi, alla carica. Ma ci sono situazioni in cui il ritorno non è dettato dall’amore, dalla mancanza di quel sentimento che ha tenuto legata la coppia. Dopo anni di possesso (e non di amore), l’assenza del proprio oggetto del desiderio dal quale succhiare qualsivoglia energia fa tornare alla carica. Il tutto, naturalmente, corredato da promesse bislacche.

“Cambierò”, “Sono disposto a mollare tutto per te”, “Dammi un’altra chance” (che, dopo tanti anni è ridicola come richiesta, no?), “Sposami” (balla colossale) sono tutte moine per tornare ad esercitare il possesso; agiscono così i manipolatori, altroché amore. Persino il più miope dei miopi capirebbe che dietro frasi come “Ti ho tenuta lontana perché sapevo che saresti cambiata” si nasconde una persona che, al di là dell’età, è un immaturo. Incapace di scegliere e incapace di amare, bravo solo a prendere per sé. Nell’amore vero non si chiede a qualcuno di cambiare o di scegliere tra affetti, questa è imposizione.

A tutte le persone che si trovano dall’altra parte della barricata consiglio, con tutto il cuore, di resistere agli ex che si fanno sotto. Apritevi al nuovo, accettate il cambiamento, imparate ad amarvi e a non essere più l’oggetto di qualcuno bravo solo a nutrire il proprio ego. Costoro non cambieranno mai, non scenderanno dal piedistallo e non apriranno il loro cuore ad altri se non a loro stessi. Citando il buon vecchio Max Pezzali: “Nessun rimpianto, nessun rimorso, soltanto certe volte capita che, appena prima di dormire, mi sembra di sentire, il tuo ricordo che mi bussa, ma io non aprirò”. Federico Bonati 

 


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