Vangelo della domenica, la riflessione del Vescovo Francesco Cavina: “Cristo è l’unico in grado di comunicarci la vita eterna”

Scritto da il 8 Agosto 2021

Francesco Cavina

 

La riflessione sul Vangelo di domenica 8 agosto 2021 del Vescovo Emerito di Carpi Francesco Cavina:

“Sono già diverse domeniche che la Chiesa propone alla nostra riflessione il discorso di Cristo nella Sinagoga di Cafarnao, dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. In questo discorso Gesù presenta se stesso come “il pane della vita”.

Non un pane qualsiasi, ma il solo pane in grado di saziare la nostra fame di verità, di amore, di felicità, soprattutto il nostro desiderio di vivere in eterno: Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno.  Gesù è l’unico in grado di comunicarci la vita eterna, la vita divina perché Lui stesso è Dio che ha spezzato il potere della morte con la sua resurrezione.

Per godere di questo “privilegio” l’unica condizione che il Signore pone è di accogliere la sua Parola e ricevere Lui nell’Eucaristia. Grazie a questo duplice nutrimento io, persona fragile e debole, non sono più destinato alla dissoluzione e alla morte perché Dio vive in me e io sono di Dio.

La vita divina, che ci è stata comunicata nel giorno del Battesimo e che viene continuamente alimentata nel sacramento dell’Eucarestia, troverà il suo sviluppo completo nella risurrezione finale quando il nostro corpo diventerà pienamente conforme al Cristo, saremo definitivamente sottratti alla decadenza generata dal peccato e vivremo nella pienezza della comunione di vita con Dio.

Per non lasciare dubbi, Gesù precisa che il nutrimento “carico di vita” che Egli ci dona nel sacramento dell’Eucarestia è la sua stessa carne e il suo stesso sangue. Il riferimento alla sua morte in croce è evidente. La sua “carne”, cioè la sua persona offerta in sacrificio, ci viene, dunque, donata come “pane da mangiare” nel Sacramento. Pertanto, l’Eucaristia è “il Redentore e la Redenzione resi interamente presenti” (Giovanni Paolo II).

Cristo in piedi tiene tra le mani una sfera di luce. Dipinto di Scheffel, 1943. Fototeca Gilardi / AGF

La parola carne richiama l’affermazione centrale del prologo del Vangelo di Giovanni: “Il Verbo si fece carne” (Gv 1,14). L’Eucaristia appare, così, come il “prolungamento” dell’Incarnazione. Il Figlio di Dio – che è divenuto uomo, ha sofferto, è morto ed è risorto – ora è interamente presente nell’Eucaristia e “continua a offrirsi all’umanità come sorgente di vita divina” (Giovanni Paolo II).

L’Eucarestia opera, in chi la riceve, un incontro “assimilante”, una specie di fusione e in tal modo il cristiano viene in qualche modo “trasformato” in Cristo.

“Non soltanto ciascuno di noi riceve Cristo, ma anche Cristo riceve ciascuno di noi. Egli stringe la sua amicizia con noi”. (Eccl. de Euch. 22).

Le dichiarazioni di Cristo hanno l’effetto di suscitare una violenta reazione da parte degli ebrei. La mormorazione, alla quale abbiamo assistito nelle domeniche scorse, si trasforma in una accanita discussione:

Come può costui darci la sua carne da mangiare?”. Gesù, tuttavia, non modifica una parola di quello che ha detto. Anzi, ribadisce che per avere la vita divina è necessario “mangiare la sua carne e bere il suo sangue”, cioè riceverlo con fede nell’Eucarestia.”

 


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