L’intervista – L’impatto della separazione coniugale sui figli: l’analisi dello psicoterapeuta Ezio Pellicano
Scritto da Anna Maria Pilozzi il 19 Luglio 2022
Lo psicoterapeuta Ezio Pellicano analizza l’impatto che la separazione coniugale può avere sui figli spiegando le azioni da mettere in campo per rendere questo passaggio meno traumatico
La separazione coniugale è diventata una situazione comune in tutto l’Occidente. Tale rottura dei legami familiari in Italia sta riscontrando un leggero calo per quanto concerne i divorzi ma persiste una stabilità nella frequenza delle separazioni.
Ne segue che sempre più bambini si trovano a confrontarsi con questo evento che rappresenta uno spartiacque tra l’illusione di una famiglia forte e compatta ed il dolore legato al fallimento di questa illusione. Ne parliamo con lo psicoterapeuta Ezio Pellicano.
Cosa avverte un bambino o anche un adolescente nel momento in cui apprende della separazione dei genitori?
L’assistere inermi al fallimento del modello della “prima relazione”, rappresenta per il bambino una esperienza ad “alto impatto emotivo”. L’evento rappresenta un significativo spartiacque tra l’illusione di una “famiglia forte” compatta e coesa ed il dolore legato alla paura dell’abbandono.
È d’obbligo fare una premessa: seppur la separazione (o divorzio) comporti la rottura della “coppia coniugale”, ciò non significa direttamente che debba portare alla rottura della “coppia genitoriale”. Per il bambino, specialmente se molto piccolo, è sempre difficile distinguere le relazioni che intercorrono tra i due “sistemi” e quando si interrompe la coppia coniugale potrebbe essere portato a pensare che si sia modificato anche il rapporto con lui. Non possedendo ancora gli strumenti cognitivi utili per elaborare la “perdita” di uno dei genitori, e per comprenderne i motivi, spesso si attribuisce la colpa della rottura del legame matrimoniale arrivando a credere di non meritarsi l’amore dei genitori. Inoltre può vivere l’allontanamento di uno dei genitori come un abbandono della famiglia verso il genitore che non è in casa, destino che lo spaventa terribilmente e lo potrebbe portare ad immaginare una prospettiva simile anche per lui.
I miei pazienti adulti, venuti a studio per altre problematiche ma che presentavano un vissuto da figlio di genitori separati, mi hanno più volte verbalizzato le seguenti idee: forte senso di sfiducia nell’altro “se mi ha tradito mio padre/madre, figuriamoci cosa possono fare gli altri che non hanno nessun vincolo con me”, forte senso di inadeguatezza “se mio padre/madre non mi ha ritenuto meritevole del suo amore è perché sono “sbagliato”…se lo sono per i miei genitori lo stesso vale per gli altri”, forte senso di abbandono “prima o poi le persone si allontaneranno da me” .
Queste idee vengono, per lo più delle volte, avvallate dai seguenti comportamenti:
- ricerca di rassicurazione ( chiedere in maniera compulsiva di essere rassicurati sull’affetto che si prova per loro)
- evitamento (evitare tutte quelle situazioni , fisiche ed emotive che possono metterlo in cattiva luce facendo venire fuori la sua inadeguatezza)
- controllo (impiegato per evitare un eventuale, ma certo, allontanamento)
- doverizzazione (obbligo autoriferito nel raggiungere elevati standard prestazionali che lo pongono al sicuro da ogni allontanamento).
Esiste quindi una forte correlazione tra la “separazione “ed eventuali problemi psicologici a lungo termine per i figli?
Non è proprio cosi. Seppur il divorzio (o separazione) crei generalmente un tumulto emotivo per l’intera famiglia, le ricerche che si occupano di indagare e comprendere le conseguenze della separazione sul benessere psicologico dei figli, hanno dimostrato come essa rappresenti per questi ultimi un evento di vita che non determina necessariamente l’insorgere di problemi psicologici a lungo termine.
Gli studi mostrano un’incidenza di disturbi importanti e persistenti molto bassa, circa il 70/80% dei bambini con genitori separati non presenta effettivi problemi durevoli. Immagina l’evento della separazione come una ferita inevitabile che provoca una cicatrice, successivamente starà a noi far si che questa cicatrice si rimargini il più possibile…se lo facciamo nel modo migliore riusciremo bene o male a “curarla “, ma se lo facciamo nel modo sbagliato stando sempre li a toglierci la crosticina…beh quella cicatrice sarà sempre viva anche col passare del tempo provocando a cascata altre problematiche su altri aspetti della nostra vita. In sintesi, non sempre la situazione è cosi tragica; vi è una grande diversità individuale nella capacità di affrontare le situazioni difficili (resilienza), e di certo non mancano bambini e adolescenti che hanno raggiunto un buon adattamento.
Cosa incide allora sulle conseguenze psico-emotive e sul comportamento di questi ragazzi che un giorno saranno adulti?
Spesso, sia durante ma soprattutto dopo la separazione, gli adulti agiscono o sulla difensiva o in maniera aggressiva nei confronti del coniuge senza essere consapevoli o sottovalutando gli effetti che questi possono avere sui figli. Assistere ad urla, liti e pianti, provoca sentimenti contrastati; paura per sé, per i genitori, eccitazione, angoscia, paura di perdere le proprie figure di attaccamento.
Per fronteggiare questi sentimenti, il bambino riattiva modalità di pensiero “primitive” che gli permettono di calmare l’angoscia e di esercitare un “controllo” magico e onnipotente sull’ambiente, ad esempio attribuendo a sé la decisione dei genitori di separarsi. Più che la separazione in sé per sé è la conflittualità genitoriale con cui si comunica e gestisce la separazione, più altri fattori che poi le dirò, che condiziona maggiormente. Infatti se la separazione viene affrontata in modo conflittuale e bypassando i bisogni del proprio figlio, caricandolo di stress addizionali (ad esempio se viene chiamato a schierarsi con l’uno rispetto che con l’altro genitore), per quest’ultimo aumenterà la probabilità d’insorgenza di sviluppare problemi e/o disagio psicologico. Possiamo dire che questi effetti hanno un’origine multifattoriale con variabili inseriti su due fattori:
- contestuali / familiari (storia familiare, cambiamento della struttura familiare, conflittualità manifesta o latente tra i coniugi, qualità del rapporto tra il bambino ed ogni singolo genitore, condizioni di salute psicofisica dei genitori, la rete delle relazioni familiari, contesto socio culturale di appartenenza, assenza totale di uno dei genitori)
- psicologiche /individuali (età, temperamento e personalità del bambino, la resilienza del bambino, il sesso, l’ordine di nascita).
Sembra quindi cruciale il modo in cui la separazione si comunichi e venga vissuta dai genitori
Esatto, chi ben comincia è a metà dell’opera. Ovvio che questo richiede un grosso sforzo da parte dei genitori, chiamati a mettere da parte i dissensi legati alla rottura della coppia coniugale.
Comunicare al proprio figlio la decisione di separarsi, motivandola realisticamente e univocamente, è utile a contenere le paure e le angosce del bambino, permettendogli di riconoscerle e confrontarle con una percezione condivisa dal genitore. Come dicevo prima, a volte l’adulto fa difficoltà ad assumersi questa responsabilità e chiede al figlio, anche indirettamente tramite un velato ricatto emotivo, di sostenere le proprie ragioni contro quelle del partner…il “figlio conteso” sperimenta i pressanti e fastidiosi tentativi di alleanza che ognuno dei due genitori vuole a discapito dell’altro chiedendo al bambino di non riconoscere il valore affettivo dell’altro genitore (nasce l’idea di essere destinato ad un esito simile).
Sperimentare la separazione non è traumatico per i figli di quei genitori che riescono a dare continuità al legame parentale dove si condividono le scelte migliori per il proprio (della coppia) figlio, dove si mantiene un coerente riferimento emotivo ed affettivo con lo scopo di mantenere intatto nella mente del bambino quell’immagine rassicurante ed importante per la loro crescita.
Il bambino necessita, in questa fase di rottura, di stabilità e continuità delle sue relazioni affettive, di sentirsi protetto dalle figure genitoriali. Se questa “sana” comunicazione è assente ed in più c’è l’aggravante dell’assenza totale di uno dei genitori e/o di un estremo conflitto tra i coniugi, il rischio di eventuali disagi psicologici duraturi è maggiore.
Quindi come si può comunicare efficacemente?
Parlando con lui in modo chiaro, diretto, non mentire ed adattare il discorso alla loro età facendogli capire che non sono colpevoli per quanto sta accadendo. I bambini capiscono più di quanto pensiamo, non si può evitare di parlare con loro di una situazione cosi importante.
Prima ha detto che a volte il bambino viene chiamato ad assumere un ruolo di “alleato”, ve ne sono altri?
In effetti ve ne sono molti. Le ricerche evidenziano:
- stabilizzatore/mediatore della conflittualità dei coniugi
- caretaker (prendersi cura) nei confronti del genitore ritenuto più fragile specialmente se un genitore abdica nell’esercitare le sue funzioni. Prendersi cura, specialmente se da molto piccolo, di un genitore emotivamente dipendente rappresenta un grosso peso per un figlio. Può rivelarsi difficile, per i più sensibili e coscienziosi, liberarsi da questo ruolo e andare avanti con la propria vita. Fin da subito il “giovane” si vede investito di un ruolo non suo, non deve fallire, deve evitare ulteriori problemi, non deve deludere il genitore, deve dimostrarsi all’altezza, deve farcela da solo….tutto questo potrà in seguito condizionare la sua spontaneità
- il Capro espiatorio nel tentativo di mantenere unita la coppia genitoriale.
Ha elencato una serie di fattori che possono condizionare le reazioni all’evento traumatico, tra queste c’è l’età. Cosa può dirci a tal riguardo?
Ovvio che l’età ha un fattore determinate. La giovane età e la sua immatura capacità di far fronte agli eventi stressanti, contribuisce ed amplifica l’impatto emotivo della separazione creando degli effetti che si manifestano nei primi 2 anni dalla separazione. Nello specifico:
- sotto i 3 anni; i bambini possono riflettere lo stress e le preoccupazioni dei genitori mostrando irritabilità, aumento del pianto, ansia da separazione, disturbi del sonno, problemi intestinali, aggressività, regressione comportamentale. In questa fase non sa cosa sia e cosa implichi un divorzio, vuole solo che i genitori tornino insieme. In questa fase è fondamentale trasmettere la giusta sicurezza.
- tra i 3 e 5 anni; comprende cosa sia un divorzio e cosa implichi, dunque farà molte domande. Il problema si presenta quando a queste domande trova solo bugie che non lo convincono del tutto e che, di conseguenza, formerà in lui l’idea che il mondo si sia trasformato in un modo per lui non sicuro. Nasce la paura di poter restare solo o che uno dei genitori lo abbandoni, mostrandosi così possessivo con uno di essi.
- tra 6 e 10 anni; acquistano maggiore consapevolezza delle cause e delle conseguenze della separazione, favorendo l’eventualità di schierarsi con uno dei genitori. Possono manifestare reazioni di rifiuto, perdita, vulnerabilità e solitudine, sentimenti di vergogna e risentimento (per il comportamento dei genitori), scatti d’ira e rabbia, dolore e tristezza, sintomi somatici, silenzio persistente, rifiuto di andare a scuola, comportamento trasgressivo e blocco delle reazioni con l’esterno.
- tra 11 e 17 anni; possono essere caricati di una responsabilità crescente sia nei confronti di fratelli più piccoli che di un genitore emotivamente dipendente. Vivono una situazione di conflitto tra il desiderio di frequentare il “genitore assente” e quello di stare con i suoi coetanei. Spesso provano paura nel creare legami a lungo termine e di fidarsi delle persone, si chiudono in loro stessi fino ad arrivare a manifestare alcune condotte autolesive (suicidi dimostrativi, assunzioni di droghe) o devianti
Quali sono le sue considerazioni finali?
Le mie considerazioni sono in primis rivolte ai genitori; anche se la separazione ed il divorzio indicano la fine del matrimonio, dell’unione di due adulti, ciò non significa e mai deve significare la fine della relazione tra figli e genitori. I figli hanno bisogno dell’amore continuo e del supporto di entrambe i genitori.
Lo so che in alcune circostanze questo può risultare difficile, se non impossibile, ma fondamentale se si vuole tutelare il benessere psicologico dei propri figli bisogna avere il coraggio di fare il salto dall’essere compagni nel matrimonio all’essere compagni nella genitorialità (quasi soci in affari). Se tu genitore non riesci a rassegnarti alla separazione, è probabile che neanche tuo figlio riesca a farlo. Quindi:
- lascia che tuo figlio sappia che tu sei triste o turbato dalla separazione. È anche importante rassicurare i figli che stai bene e che le cose miglioreranno.
- cerca di evitare di criticare l’altro genitore con i tuoi figli – ciò li fa sentire obbligati a schierarsi. Se non riesci ad essere positivo, sii almeno neutro in ciò che dici. Tieni le tue critiche per parlare con un amico comprensivo.
- permetti ai tuoi figli di amarvi entrambi. Rendi chiaro per i bambini che loro non devono scegliere tra i due genitori.
- comprendi che i figli normalmente non respingono un genitore a meno che non pensino di non avere altra scelta. A volte, se il conflitto tra i genitori diviene insopportabile i figli possono rifiutare un genitore (in genere quello con cui non vivono) allo scopo di sopravvivere emozionalmente.
- mostra che capisci i loro sentimenti nei confronti tuoi e dell’altro genitore.
- cerca di allontanare i tuoi figli dalle vostre dispute. Non chiedere mai a loro di fare da messaggeri. Non è mai una buona mossa ‘spremere’ i figli per avere informazioni sull’altro genitore.
- sii cortese e calmo nel ‘cedere’. Il tuo comportamento nelle provocazioni insegna a tuo figlio come comportarsi nei conflitti.
- rassicurali che tu starai bene quando loro saranno via, e che sarai lì quando ritorneranno.
- sii preparato al fatto che i figli ritornino irritati dalle visite all’altro genitore, specialmente se la separazione è ancora recente. Ciò può non significare che hanno avuto un brutto incontro – ma può essere che la visita ricordi loro che i loro genitori non stanno più assieme.
- stai attento ai differenti stili genitoriali. Le regole nelle due case possono non essere le stesse. I figli possono adattarsi a ciò. Comunque, è importante che i genitori non si insidino a vicenda e così confondano e disturbino i figli.
- introduci un nuovo partner gradualmente. Questo di solito è un momento difficile per tutti. I genitori spesso vogliono che i loro figli approvino il nuovo compagno. Ciò può fare pressioni sui figli. Non ti aspettare che loro accettino il tuo nuovo partner se stanno ancora soffrendo per la perdita dell’altro genitore e della famiglia unita.
- pensa e parla di come entrambi i genitori possono essere presenti ad eventi speciali, sport, ecc. Ciò è estremamente difficile quando c’è ostilità tra i genitori. A volte si vorrebbe mettere i sentimenti dei figli sotto ai propri.
Inoltre
- pensa prima alle necessità dei tuoi figli, piuttosto che alle tue.
- separa l’essere sposati dall’essere genitori . . . potrà essere difficile.
- la migliore cosa che puoi dare ai tuoi figli sono due genitori che li amano e si occupano di loro.
- mantenere il contatto con i nonni e altri parenti aiuta i figli a sentirsi sicuri.
- ascolta e tieni conto dei desideri dei tuoi figli ma non dare a loro la responsabilità della decisione finale su cose importanti, ad esempio su dove vivere.
- lavorare assieme nell’interesse dei figli è uno dei migliori regali che puoi fare loro dopo la separazione.
- gli accordi sui figli dovranno essere cambiati di momento in momento seguendo la loro crescita e il loro sviluppo – non fissarli definitivamente.
- il modo in cui tu affronti la separazione ha un enorme impatto sul modo in cui i tuoi figli fronteggiano le loro vite.
Ai ragazzi, ma per quanto mi riguarda a chi da adulto vive stati di disagio causati dalla cattiva gestione della separazione, mi sento di dire
- impara a vivere su ciò che hai e non su ciò che ti manca
- vivi senza l’assillo di dover dimostrare di essere all’altezza, poniti un obiettivo e lavora per raggiungerlo per te stesso e non per non deludere chi non ti ritiene all’altezza
- fai in modo che la tua autostima non dipenda dal parere altrui. Non temere il giudizio
- chi sbaglia non sempre paga…con l’allontanamento
- impara a colmare il vuoto che hai dentro anche con le piccole soddisfazioni, non sminuirle
- non farti causa di tutti i mali del mondo
- vivi anche se non riesci ad avere il controllo su tutto
- coltiva la tua resilienza imparando a metterti in gioco