Rewind – Dai Nirvana ai Foo Fighters, un viaggio lungo vent’anni (parte seconda)

Scritto da il 17 Giugno 2022

 

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Dopo il suo breve ritiro dalle scene, Dave Grohl pensò di continuare a suonare come batterista in qualche altro gruppo. Suonò quindi per qualche tempo con i Tom Petty and the Heartbreakers, periodo che incluse una memorabile esibizione al Saturday Night Live.

Sebbene Petty gli chiese di rimanere in pianta stabile, Grohl decise di intraprendere altri progetti: programmò quindi una sessione di registrazione ai Robert Lang’s Studio di Seattle, si piazzò davanti al microfono e vomitò tutto d’un fiato un esordio “Foo Fighters” in grado di rappresentare uno dei più luccicanti colpi di coda del Seattle Sound.

A quel punto molti compresero che la band di “Smells Like Teen Spirit” non fosse formata dal solo Cobain e quanto l’apporto degli altri membri in fase di scrittura non dovesse essere così limitato.

Il primo disco dei Foo Fighters sembrava un apocrifo postumo dei Nirvana e, ripartendo da lì, Grohl divenne il carismatico leader dei Foos, affrontando il pubblico faccia a faccia con la chitarra a tracolla e non nascosto dietro i fusti della batteria.

Ascolta “Dai Nirvana ai Foo Fighters, un viaggio lungo vent’anni (parte seconda)” su Spreaker.

Wasting Light

I lavori successivi presero però una piega più furbetta, sempre più stadium rock e sempre meno ricchi di rabbia e intensità… fino a quando non si arriva al 2011 con “Wasting Light”. I signori dicono di averlo registrato in cantina, per ritrovare l’attitudine garage degli esordi, quella che sa far ardere il sacro fuoco.

Nevermind

Beh, non esageriamo, è pur sempre la cantina di Dave Grohl e il risultato finale è comunque una superproduzione che suona meravigliosamente bene: il reintegro di Pat Smear come membro ufficiale e soprattutto il coinvolgimento di Butch Vig come produttore e di Krist Novoselic come guest, sublimano all’estremo quel richiamo alla nostalgia canaglia, proprio nel ventennale dell’uscita di “Nevermind”, l’album che ha cambiato il corso del rock.

Ebbene, di fronte a tutte queste premesse il peso della responsabilità era palesemente devastante, condito dal sospetto e dal rischio di trovarci di fronte ad un gigantesco bluff. Bluff, che puntualmente non è arrivato. Le abilità compositive dell’ex batterista dei Nirvana sono indiscutibili, al pari della solidità della band, sempre più compatta ed esplosiva con il nuovo assetto a tre chitarre. Ed il piglio stavolta è davvero più aggressivo.

Tutto ciò trova le sue origini tre anni prima, quindi facciamo un piccolo salto indietro nel tempo.

Echoes, Silence, Patience & Grace

Concluso il tour di supporto all’album “Echoes, Silence, Patience & Grace”, nel 2008 i Foo Fighters si sono recati ai Grand Master Studios di Hollywood per registrare 14 composizioni scritte durante il tour in modo da pubblicare eventualmente un nuovo album senza molta promozione. Successivamente, il gruppo ha deciso di prendersi una pausa, anziché continuare a lavorare su quelle registrazioni.

Solo tre brani provenienti da quelle sessioni avrebbero visto la pubblicazione: “Wheels” e “Word Forward”, registrate nuovamente per l’album “Greatest Hits”, e “Rope”.

Poiché “Wheels” e “Word Forward” sono state prodotte da Butch Vig, con il quale il frontman Dave Grohl non aveva più collaborato dai tempi di Nevermind dei Nirvana, Grohl ha deciso di assumerlo alla produzione dell’album dei Foo Fighters.

Al riguardo, Vig ha raccontato che una volta arrivato a casa di Dave Grohl, il frontman gli confessò di voler realizzare davvero l’album nel suo garage e, soprattutto, che voleva registrare sui nastri e non in digitale. Inizialmente il produttore pensò ad uno scherzo, ma la risposta di Dave gli fece capire quanto fosse serio:

“Abbiamo ottenuto un così grande successo, che cosa ci resta da fare? Potremo tornare allo Studio 606 e realizzare un album grande e liscio come l’ultimo oppure potremo provare a catturare l’essenza dei primi album dei Foo Fighters.”

Dave voleva che l’album fosse concepito per il suono e per le performance dal vivo, così Vig disse loro che gli errori non sarebbero stati aggiustati, in quanto essi non vengono corretti con facilità a differenza di quanto avviene nella registrazione digitale.

Con questo in mente, il gruppo ha passato tre settimane in prove e preproduzioni allo Studio 606, la casa-studio del gruppo, dove la composizione è stata ultimata, passando da 40 brani a 14, tutti pensati e provati per esser registrati dal vivo.

Bridge Burning

Il disco offre quanto di meglio sanno fare i Foo Fighters: riff micidiali, un tiro che pochi altri hanno, unito a canzoni scritte superbamente. L’album segna un ritorno ad un sound ancora più secco, inciso con piglio da “live in studio”: Grohl ha sempre avuto una passione sia per l’hard rock sia per il power pop e lo si capisce fin dalle prime note della sconvolgente partenza affidata a “Bridge Burning”. Un brano Queens Of The Stone Age allo stato puro, adrenalina che entra dritta nel sangue e nelle ossa.

Rope

Se un riff distorto e stridente, e le parole “these are my famous last words” aprono la pista alle risonanze punk di “Bridge Burning”, la successiva “Rope”, scelta come primo singolo, è di tutt’altro avviso: è un math-rock semplificato, senza alcuna soluzione cervellotica, ma con una serie di controtempi spaventosi e l’innato gusto per la melodia sprigionato in un ritornello killer di tutte quelle canzonette da radio.

Dear Rosemary

Un groove deciso e qualche boccaccia metal in più ci portano alla traccia numero 3: “Dear Rosemary” è l’atteso duetto con Bob Mould degli Husker Du. Un brano rotondo e prossimo alla perfezione, dove la voce di Dave un po’ tremolante ricrea quell’effetto di fragilità e passione, il tutto sempre per riportarci a quelle Wasting Lights: accettare chi amiamo come è, non come vorremo che fosse.

White Limo

Nel caso l’aveste trovata un po’ troppo smielata arriva la mazzata di “White Limo”: brano insolito, del resto era intenzione della band mettersi alla prova nel registrare un disco più duro e ruvido di tutti i predecessori e direi che l’obiettivo è stato decisamente raggiunto. Brano quasi metal, nel cui video compare il defunto Lemmy Kilmister frontman dei Motorhead.

Alandria, These Days e Back And Forth

Nella seconda parte Alandria”, “These Days”, Back And Forth”, che in seguito darà il titolo anche ad un “docu-rock” che racconta la storia del gruppo dalle origini, A Matter Of Time” sono inni perfettamente studiati per le grandi platee, con tanto di ritornelli catartici. Pezzi minori? Forse. Ma, attenzione, non esattamente dei riempitivi, sono tutti suonati con una potenza indescrivibile e una perizia invidiabile: brani che mixano perfettamente un rock radiofonico senza scadere mai troppo nel banale.

La tematica del tempo che scorre è decisamente cara al buon Dave ed il messaggio è sempre lo stesso: la vita è breve e bisogna viverla al massimo delle proprie possibilità.

Miss the Misery

In “Miss the Misery” ritorniamo all’energia trovata in apertura anche se pare una perfetta esemplificazione del sound di Seattle di colleghi quali Soundgarden e Pearl Jam. Ecco spiegato anche quell’artwork nero con i volti della band frazionati dalla luce: “Don’t change your mind / You’re wasting light” ossia la luce può cambiare e anche i colori ma non per questo tu sarai diverso, sarai diverso se saprai cogliere la luce giusta senza sprecarla.

Posto quasi malinconicamente verso la fine c’è il siparietto nostalgia di “I Should Have Known”: forte di un arrangiamento impreziosito dagli archi e della partecipazione speciale di Krist Novoselic al basso.

Chissà se oggi i Nirvana avrebbero suonato così, ma soprattutto: come si fa a non pensare a Cobain ascoltandola? Artisticamente parlando, Grohl sta ancora pagando un tributo al suo amico ed il pathos è tra i più struggenti mai scritti dai Foos.

Quando i giochi sembrano terminati, in Zona Cesarini ecco il power rock di “Walk”. Robetta da adolescenti con il debole per l’air guitar? Poco importa: questo è il suono che spacca, che può tornare a farti sentire come un ragazzo al centro del mondo, mettendo in riga stuoli di indie rockers contemporanei.

Un inno alla voglia di immortalità che tuttavia non sfocia nel delirio di onnipotenza da rockstar, patologia molto diffusa nel music business, ma non propria di Dave Grohl che anzi ci scherza di continuo.

Il bello è che i Foo Fighters fanno tutto ciò sempre con il giusto grado di ironia, senza prendersi mai troppo sul serio e forse, ancora una volta, proprio nelle note finali di questo disco, troviamo quella nota positiva cui si riferisce Dave commentando il brano:

“Dà un senso al tema dell’album che è il tempo e le seconde opportunità.”

Allora speriamo che tu riesca a farlo ancora una volta caro Dave, perché la musica ha ancora tanto bisogno dei Foos. Come hai detto tu stesso:

“Cantare in un microfono, imparare a suonare uno strumento ed imparare a fare il tuo mestiere, questa è la cosa più importante per le persone.

Non si tratta di essere perfetti, non si tratta di saper suonare in modo corretto, non si tratta di ciò che accade in un computer.

Riguarda quello che succede qui, dentro al tuo cuore, e quello che succede qui, nella tua testa.”

 

 


 

 

“Rewind” è un appuntamento mensile con gli album che hanno fatto la storia della musica: un viaggio attraverso gli anni alla ricerca di quelle pietre miliari che tanto hanno saputo cambiare lo scenario musicale, scolpendo in modo indelebile la figura di un artista o di una band nell’immaginario culturale, consacrandoli per sempre a miti della musica.

 

Nicola Morgan Sgarbi

 

Nicola “Morgan” Sgarbi classe ‘92, da sempre appassionato di tutto ciò che è nerd e musica, decide di fare diventare questa passione il suo lavoro.

Dal 2014 è docente di chitarra elettrica, acustica, musica d’insieme e propedeutica musicale presso la Fondazione Scuola di Musica “Carlo e Guglielmo Andreoli” di Mirandola, nonché co-organizzatore del concorso musicale “Mirandola Rock” e uno dei coordinatori del progetto “A scuola di Rock” della Fondazione stessa.

Ha suonato in svariati gruppi e formazioni musicali nel corso della sua adolescenza. Al momento suona come chitarrista nei seguenti progetti:

  •  “Coro Moderno Mousiké” della Fondazione “Andreoli”
  •  quartetto acustico “Pull Lovers”
  • duo acustico “MorgAnn”
  • “Pahann” progetto solista in cui è arrangiatore e produttore assieme a Cam Alchemy

 

 


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