Tommaso Barborini racconta la sua arte: “Non pretendo di piacere ma di suscitare qualcosa, l’indifferenza mi ferisce”
Written by Nicola Pozzati on 24 Luglio 2022
Conosciamo l’arte di Tommaso Barborini incontrandolo nella splendida città murata di Pizzighettone
Prima della pandemia avevamo deciso di dar voce su Radio 5.9 agli artisti emergenti, in particolare ai più giovani. Poi il Covid e tutto ciò che ne è conseguito ci ha portato ad accantonare, almeno momentaneamente, questa idea.
Tuttavia il desiderio di ascoltare i ragazzi che fanno arte, conoscere le loro idee, la loro visione del mondo e ciò che li spinge a dedicare parte il proprio tempo all’attività creativa, ci ha portato a riprendere in mano i nostri propositi.
L’artista
Tommaso Barborini, classe 2000, ci accoglie all’interno del rivellino di Pizzighettone, splendida cittadina murata in provincia di Cremona, dove per l’occasione sono stati esposti i suoi quadri. Ha 22 anni e ha ricominciato a dipingere nel 2019.
Osservando i suoi lavori notiamo subito una costante, l’utilizzo dei simboli. L’impressione è che i quadri siano il pretesto per rappresentare le idee dell’artista e non viceversa. Il suo approccio sembra simile, in questo senso, a quello dello scrittore che racconta ciò che sente e che, attraverso il racconto, esalta e trova significati in quello che vede.
L’augurio che facciamo a Tommaso è quello di continuare a dipingere, di farlo il più possibile in modo da trovare la propria cifra stilistica e intellettuale, in modo da dare sempre più voce a quell’universo di simboli che si porta dentro.
Come hai iniziato a dipingere?
Ho sempre disegnato fin da piccolino. Disegnavo figure umane, paesaggi, personaggi dei cartoni animati. Avevo fatto anche alcuni corsi, nel 2012 e 2013, in cui imparai qualche base tecnica. Dopodiché c’è stato il vuoto assoluto, ho abbandonato completamente il disegno.
Ho ripreso in mano questa mia passione nel 2019, poi il lockdown mi ha dato l’incentivo a dedicarmi al disegno in modo più costante. Ho approfittato della situazione, molti quadri infatti sono di quel periodo.
Ho ripreso la pittura perché sentivo la necessità di rappresentare elementi che avevo nella mia testa, concetti che avevo sviluppato al mio quinto anno di Liceo, affrontando argomenti come la letteratura italiana e inglese, la crisi della scienza, oppure la psicologica di Freud, ad esempio.
Quali sono gli argomenti che più ti hanno influenzato?
Mi hanno colpito moltissimo le novelle di Pirandello.
Non so ben dire cosa nello specifico mi abbiano suscitato, avevano però quell’amaro e quella malinconia, legate alle situazioni di alcuni personaggi.
La novella de “Il treno ha fischiato” ha fatto suonare in me un campanello, mi ha fatto scegliere di dare una connotazione quasi malinconica all’arte.
In tutti i miei quadri c’è una critica, un lamentarsi di qualcosa. C’è in tutti un po’ di oscurità nonostante utilizzi colori molto accesi.
Ti sei tatuato una figura che ritorna ciclicamente nei tuoi quadri…
Non so bene perché, ma in questo personaggio rivedo me stesso. Guardando il suo sguardo, mi vedo riflesso, vedo una figura che soffre, in un mondo colorato, che pur soffrendo vive nel bello.
Io sono una persona che apprezza molto il realismo, ma non potendo e non volendo ottenere la perfezione cerco sempre di evolvere il mio stile, non ricerco qualcosa definitivo in questo senso.
Quando ho ripreso con la pittura nel 2019 rappresentavo figure che non davano l’idea del corpo. Poi man mano ho sviluppato il mio modo di disegnare fino ad arrivare a realizzare quadri che tendono a rappresentare bene la fisionomia, la muscolatura. Mi piace dare l’idea del corpo umano.
Un’altra evoluzione è quella relativa ai volti, sono passato da rappresentare volti non definiti a maschere dal volto a croce, per adesso mi piacciono ma in futuro, probabilmente, andrò verso qualcosa di diverso.
Nei tuoi quadri usi molti simboli…
Un simbolo che ritorna in tutti i miei quadri è il merlo, vuole riprendere i Giorni della Merla, che sarebbero i tre giorni più freddi dell’anno.
C’è una leggenda su queste giornate, si diceva che il merlo fosse in origine bianco ma, essendosi riparato in questi tre giorni sopra un camino, sia diventato tutto nero.
Io sono nato nel giorno centrale dei Giorni della Merla. Il merlo rappresenta la mia presenza in ogni quadro, quasi una firma.
Un altro aspetto ricorrente sono i tatuaggi, che ho inserito in alcune figure dei miei quadri per dare un tocco moderno a figure di per sé più classiche. Coi tatuaggi esprimo il simbolismo, ad esempio con la bilancia la giustizia che è raffigurata in uno dei miei quadri.
Oppure con il tatuaggio della locuzione latina “ubi maior minor cessat“. E ancora con lo yin e lo yang in cui dalla parte del bianco nascono piante, mentre dalla parte del nero sgorga sangue.
In altri personaggi che rappresento sono presenti una croce, il simbolo di un boia da una parte, una colomba e una pianta dall’altra. Ciascuno di questi simboli ha per me un significato.
Il mio attuale obiettivo è arrivare a fondere realismo e surrealismo che ho sviluppato, seppur sia difficile farlo inventando immagini.
Certe volte comunque metto nei quadri anche dettagli che non hanno significato, a me piace che ognuno veda quello che vuole, dando magari significato ad elementi a cui io non ne attribuivo.
Che progetti hai per il futuro?
Non so bene sinceramente, mi sono esposto da poco. L’arte l’ho sempre tenuta in casa, non volevo esporre i miei quadri, erano una cosa mia che facevo per me stesso. Poi vedendo che ai miei famigliari e ai miei amici piacevano, ho pensato che magari non facessero così schifo (sorride, nda) e quindi ho iniziato a mostrarli.
Vorrei che i miei quadri diventassero rilevanti, che fossero “sentiti” anche fuori dal mondo dell’arte. Che potessero essere presenti nella vita comune, fare da sfondo, ispirare qualcuno per una canzone e così via…
Recentemente ho realizzato la copertina di un disco per dei ragazzi di Venezia che mi hanno trovato su Internet. Una sintesi di nove quadri che rappresentano le nove canzoni del loro album.
Ho lavorato spesso su commissione per persone che mi chiedevano di rappresentare delle loro esperienze o emozioni vissute. Accetto quando mi sento coinvolto in ciò che mi viene chiesto.
In generale quello che faccio può anche suscitare emozioni negative, può non piacere, la cosa importante per me è che trasmetta qualcosa, che non lasci indifferenti.
Qualche tempo fa una mamma è entrata nella sala dove era esposto una mia reinterpretazione della Gioconda, con i suoi due bambini che guardavano affascinati il quadro, lei li ha presi e li ha portati subito via.
Non pretendo di piacere per forza, mi basta suscitare qualcosa, se qualcuno passa e non dice nulla, invece, mi ferisce. Se invece mi viene detto che i miei quadri sono “brutti” oppure “inquietanti”, per me è tanto importante quanto un complimento.
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