Hinchada Diferente – Sebastián Abreu: “El Loco” re dei rigori a cucchiaio

Scritto da il 17 Settembre 2020

Autore: Santiago Roque Favilla

Dopo Uruguay-Ghana, al termine di una delle notti più pazze del Mondiale sudafricano del 2010, i cronisti argentini di T&C Sports sentenziano: “Tutti sapevamo che avrebbe calciato così. L’abbiamo detto nei supplementari. In Ghana non sono arrivati i video dei rigori di Abreu”.

Sebastián Washington Abreu, 43 anni, è attualmente allenatore e giocatore del Boston River, squadra di Serie A uruguagia. Di appendere gli scarpini non ne vuole sapere El Loco, ossia Il Pazzo. Anzi, si vociferava di un passaggio nella MLS statunitense. Non sarebbe strano per un giocatore che è entrato nel libro dei record: in 26 anni da professionista ha giocato in 11 paesi diversi (Uruguay, Argentina, Spagna, Brasile, Messico, Israele, Grecia, Ecuador, Paraguay, El Salvador e Cile) e vestito le maglie di 29 club diversi (Defensor Sporting, San Lorenzo, Deportivo La Coruña, Gremio, Tecos, Nacional, America, Dorados, Monterrey, San Luis, Tigres, River Plate, Beitar Gerusalemme, Real Sociedad, Aris Salonicca, Botafogo, Figueirense, Rosario Central, Aucas, Sol de America, Santa Tecla, Bangu, Central Español, Deportes Puerto Montt, Audax Italiano, Deportes Magallanes, Rio Branco e Boston River). Una carriera fatta di 836 presenze (765 nei club, 70 con Uruguay e 1 con Uruguay Under 17) e 430 gol (402 nei club, 26 con Uruguay e 2 con Uruguay Under 17), gran parte dei quali hanno regalato grande gioia in varie località del globo.
In Europa non ebbe molta fortuna (“A 22 anni ho avuto il privilegio di giocare nel migliore Deportivo La Coruña della storia, o almeno in quello che sarebbe diventato il Super Depor. Purtroppo non ci andai con la testa giusta, ma non mi pento di quella esperienza. Ho condiviso lo spogliatoio con grandi calciatori come Donato, Mauro Silva, Songo’o, Frán e Djalminha. Feci solo 4 gol e nell’estate del ’98 il nuovo allenatore Irureta mi tagliò fuori”), ma fu proprio grazie al centrocampista brasiliano Djalminha che Abreu iniziò a imparare in allenamento la tecnica per calciare i rigori a cucchiaio, dei quali è riconosciuto come un autentico specialista: su 24 tentativi, 22 sono andati a bersaglio. Ecco la top ten:

1) Tecos-León 2-0 (Torneo de Verano 2000, 19 aprile 2000).
Abreu in Messico ha vinto quattro titoli di capocannoniere (Verano 2000 coi Tecos de Guadalajara, Verano 2002 col Cruz Azul e l’accoppiata Apertura 2005-Clausura 2006 coi Dorados de Sinaloa) e ha segnato 111 gol in campionato. Il primo rigore ufficiale calciato alla Panenka risale alla terz’ultima giornata del Torneo de Verano 2000 e gli consentì di fare un passo in avanti verso la prima vittoria della classifica cannonieri. Il Tecos stava vincendo contro il Club León per 1-0 con una rete di Abreu e al 91′ beneficia di un tiro dagli undici metri. L’arbitro Abramo Lira dice “Calci il rigore e finisce la partita”. Sapendo che vada come vada Tecos vincerà, Abreu si convince a fare il cucchiaio e lo trasforma con il suo educato piede sinistro al centro della porta.

2) San Lorenzo-Atlético Mineiro 3-4 (Copa Mercosur 2000 – Fase a gironi, 3 agosto 2000).
Questo è il primo rigore segnato in coppe internazionali, precisamente nella ormai estinta Copa Mercosur, nel KO interno per 3-4 contro i brasiliani dell’Atlético Mineiro. Abreu in quel momento giocava in Argentina nel San Lorenzo de Almagro, il primo club straniero nel quale si trasferì dopo l’esordio boom in Uruguay con il Defensor Sporting dal 1994 al 1996 (30 reti in 41 presenze). Seba con El Cuervo ha segnato 42 gol in 75 presenze nell’arco di due cicli (1996-1997 e 2000-2001) e nell’ultima stagione si aggiudicò il Torneo Clausura.

3) San Lorenzo-Lanús 4-2 (Apertura 2000, 17 settembre 2000).
San Lorenzo sta vincendo per 1-0 contro Lanús con gol di Abreu e può ampliare il vantaggio dal dischetto. Seba, se non pica la palla, la calcia di potenza (collo o piatto sinistro). Sceglie la seconda opzione, mirando sotto la traversa, ma l’esecuzione bisogna ripeterla in quanto c’è stata invasione d’area (una cosa che oggi non si fischia quasi mai). L’uruguagio si prepara per il rigore-bis e i telecronisti si chiedono se cambierà il modo di calciare… Eccome! Picada verso destra, portiere spiazzato nettamente e questa volta l’urlo vale doppio. Nel video sopra allegato si può vedere la breve frazione di tempo tra il primo e il secondo penal, oltre alla doppietta nel secondo tempo di Bernardo Romeo, il temibile partner offensivo di Abreu.

4) Defensor Sporting-Nacional 3-3 (Torneo Clausura 2001 – 21 ottobre 2001).
Il Nacional de Montevidéo è la squadra del cuore di Abreu. Ci ha giocato in quattro tappe diverse (2001-2002, 2003, 2004-2005 e 2013), in ognuno dei dei suoi debutti ha bollato il tabellino e nei derby contro Peñarol ha fatto 8 reti. Il Clausura 2001 è il primo titolo in patria (il secondo arriverà nel 2005) e alla penultima giornata Nacional-Sporting è come un derby da ex. La gara è combattuta e Abreu, senza timore, segna il rigore del 3-2 picando la palla. Gli avversari riescono a pareggiare allo scadere, ma nell’ultima giornata Nacional sconfisse per 1-0 Peñarol e divenne campione.

5) Nacional-Rocha 3-2 (Primera División de Uruguay 2005 – 3 luglio 2005).
Nell’ultima giornata Nacional e Defensor Sporting stanno lottando gomito a gomito per vincere il titolo. Al 95′, nel penultimo minuto di recupero e sul parziale di 2-2, il Nacional riceve un rigore contro l’ostico Rocha. El Loco ha sui piedi un pallone decisivo: se segna, Nacional raggiunge a 41 punti lo Sporting e dovranno sfidarsi in uno spareggio andata-ritorno; se sbaglia lo Sporting è campione. Abreu pica alla sua maniera ed è 3-2. L’urlo del Parque Central è quasi soprannaturale. Defensor Sporting, disgustato per l’arbitraggio di Gustavo Méndez, si rifiuta polemicamente di fare gli spareggi e di fatto consegna al Nacional il titolo nazionale.

6) Monterrey-Tigres 2-1 (Apertura 2006 – 14 ottobre 2006).
Nel Monterrey Abreu totalizza 18 presenze e 8 gol nell’Apertura 2006. Da quelle parti però è ben ricordato il rigore del pareggio nel derby contro Tigres, successivamente vinto per 2-1. Questa esecuzione è una delle più belle: picada a mezz’altezza alla sinistra del portiere. Per il cronista messicano ci sono pochi dubbi: “GOLAZOOOO!!!”.

7) Brasile-Uruguay 7-6 d.c.r. (Copa America 2007 – Semifinale, 10 luglio 2007).
Dopo aver perso il doppio spareggio contro l’Australia per qualificarsi al Mondiale di Germania 2006 (vittoria per 1-0 a Montevideo, KO a Sydney con lo stesso risultato e poi i rigori premiarono per 4-2 i Socceroos), la Federazione uruguagia esonera Jorge Fossati e richiama dopo il biennio 1988-1990 Óscar Washington Tabárez, allenatore navigatissimo (nel 1987 vinse la Copa Libertadores con il Peñarol e perse l’Intercontinentale in Giappone contro il Porto) ma inattivo dal 2002 dopo una serie di esperienze poco felici tra Milan (ereditò brevemente la panchina di Fabio Capello nell’estate del 1996), Oviedo, Cagliari (1999), Vélez e Boca. La Copa América del 2007 in Venezuela inizia malissimo per l’Uruguay che perde per 3-0 contro Perù, però passa come migliore terza grazie all’1-0 sulla Bolivia e allo 0-0 contro Venezuela. Per uno strano scherzo del sorteggio, nei Quarti la Celeste sfida di nuovo i padroni di casa e questa volta li batte con un 4-1 senza storia. In Semifinale c’è il Brasile, futuro campione contro l’Argentina per 3-0. Abreu entra dalla panchina e al 69′ trova con un tap-in il 2-2 con cui si concluderanno anche i supplementari. Ai rigori, sul 4-3 per i brasiliani e con un errore per parte, El Loco si incarica del quinto tiro: pica al centro della porta, quasi a fil di traversa (fa impressione vedere l’esecuzione in presa diretta alle spalle del tiratore), e Doni, portiere della Roma, non si tuffa ma si abbassa. L’urlo del 13 uruguagio e il gesto verso i compagni indicando gli attributi è pieno di carica emotiva, ma non darà effetti perché nella serie ad oltranza Pablo García si divora il match point (palo pieno) in seguito all’errore di Fernando e Diego Lugano, dopo la trasformazione di Gilberto, si fa ipnotizzare da Doni che però fa tre passi in avanti sui quali l’arbitro colombiano Óscar Ruiz sorvola, innescando una mini rissa.

8) Flamengo-Botafogo 1-2 (Campeonato Carioca 2010 – Finale, 18 aprile 2010).
In Brasile Abreu ha giocato lasciando poche tracce con Gremio, Figueirense, Rio Branco e Bangu, ma il triennio dal 2010 al 2012 lo ha fatto diventare un idolo assoluto del Botafogo. L’accoglienza era stata piena di simbolismo: la maglia numero 13 gli fu consegnata da una leggenda bianconera, Mario Zagallo (da giocatore fu campione del mondo nel 1958 e da allenatore nel 1970), che aveva indossato quel numero. Botafogo arriva alla Finale del Campeonato Carioca (due gironi con 8 squadre, tutte dello stato di Rio de Janeiro, e le prime due si affrontano in Semifinali incrociate) e ritrova il Flamengo. Qui passiamo la parola al Loco: “Botafogo aveva perso tre finali consecutive contro Flamengo: 2007, 2008 e 2009. C’era molta pressione su di noi. Al 72′, sull’1-1, otteniamo un rigore e mi tocca picarla. Questo tiro l’ho sofferto veramente perché la palla aveva scheggiato la traversa prima di entrare. E così vincemmo questo titolo tanto atteso”. La cavadinha, nome brasiliano per il cucchiaio, riscrive la storia.

9) Uruguay-Ghana 5-3 d.c.r. (Mondiale 2010 – Quarti di Finale, 2 luglio 2010).
A Johannesburg troviamo il rigore più ricordato, iconico e urlato di Abreu. Anche qui lasciamo parlare il diretto protagonista: “Negli spareggi contro Costa Rica feci il gol della qualificazione al Mondiale. Parlando con la stampa dissi che speravo di poter vivere nel Mondiale un momento emozionante come quello. Il giorno prima della partita contro Ghana mister Tabárez ci fa provare i rigori: tre tiri per i titolari e tre per le riserve. Arriva il mio turno: il primo rigore prende il palo, il secondo me lo para il portiere e il terzo lo calcio alla Panenka… Alto! Dentro ero distrutto, ma da fuori non lo facevo vedere. Si avvicina Sebastián Egurén che mi disse ‘Papote, vamo’ arriba che domani potremmo avere bisogno di te’. Io, con orgoglio e spavalderia, gli risposi ‘Tranquillo papá, domani vinciamo con il marchio della casa’. Durante la partita sono entrato a venti minuti dalla fine, quindi ho giocato anche i supplementari dove tutti sappiamo cosa è successo: siamo 1-1, al 120′ Suárez viene espulso per un tocco di mano sulla linea e Gyan manda sulla traversa il rigore che valeva il passaggio alle Semifinali. A quel punto ci abbiamo creduto. Era un segno del destino. Tabárez fa la lista dei rigoristi: Forlán, Scotti, Abreu, Victorino e Maxi Pereira. Io terzo? No! Mi avvicino al mister e gli dico ‘Maestro, mi può lasciare il quinto rigore che ho un presentimento? Questa serie la liquido io’ Lui mi guardò strano, mi cancellò dal taccuino e mi mise quinto rigorista. Muslera para il quarto rigore di Ghana. Pereira se segna ci manda in Semifinale ma calcia alto. Muslera para anche il quinto rigore di Ghana e a quel punto mi sono sentito come se El Barba (Dio, n.d.r.) mi avesse lanciato una corda dal cielo. Pensai ‘Questa è la mia notte’. Mentre andavo verso il dischetto mi caricavo da solo, pensavo che non potevo sbagliare, non potevo sbagliare… Tutto lavoro psicologico. Non potevo pensare che il giorno prima avevo sbagliato tre rigori di fila in allenamento. Il portiere ghanese faceva sempre un passo verso il palo prima che la palla venisse colpita, quindi mi dicevo che nel quinto rigore è difficile che resti in mezzo alla porta. Mentre vedevo i rigori avevo Fucile di fianco e gli chiesi per tre vole ‘Il portiere si tuffa sempre prima?’ e lui con la vocina che ha mi rispose alla terza volta ‘Sì Loco, picala e non rompere le palle!’. Ho guardato solo la palla, la Jabulani che non piaceva a nessuno perché sembrava fatta per giocare in spiaggia. Ho colpito morbido perché temevo di mandarla alta. Quando alzo la testa vedo entrare la palla al centro e il portiere che si era tuffato a destra. E lì sono partito a correre e mi hanno sommerso i compagni. Era la mia notte”. Uruguay ritorna in Semifinale di un Mondiale dopo 40 anni da Messico 1970 e chiuderà al quarto posto dopo aver perso per 3-2 contro Olanda e Germania. La garra charrúa è tornata e toccherà la gloria un anno dopo grazie alla vittoria della Copa America in Argentina (3-0 sul Paraguay).

10) Fluminense-Botafogo 2-3 (Taça Guanabara 2011 – Fase a gironi, 6 febbraio 2011).
In questo derby Abreu saluta il suo “marchio della casa” con una dimostrazione di classe, personalità straripante, nervi saldi e orgoglio: “Stiamo perdendo 2-1 e al 54′ ci danno un rigore. Faccio la cavadinha e Diego Cavalieri, fermo al centro della porta, para. Dopo quasi tre minuti ci danno un altro rigore e mi presento di nuovo alla battuta. Segno il 2-2 picandola. Alla fine vincemmo 3-2, ma quel giorno ho capito che il rigore alla Panenka era finito dopo undici anni”. Anche in questo caso Abreu esulta mostrando gli attributi.

APPENDICE

Prima di dedicarsi al calcio, Abreu era da liceale un promettente giocatore di pallacanestro.

Nel dicembre 2017 Abreu fu tesserato dai cileni dell’Audax Italiano, la 26a squadra della sua carriera. A questo punto superò il record del portiere tedesco Lutz Pfannenstiel, capace di giocare in 25 club dal 1991 al 2011. Al momento Lutz ha due record: ha prestato i suoi servizi in 13 paesi (Germania, Malesia, Inghilterra, Sudafrica, Singapore, Finlandia, Nuova Zelanda, Norvegia, Canada, Albania, Armenia, Brasile e Namibia) ed è l’unico calciatore ad aver giocato nei sei continenti (Europa, Asia, Africa, Oceania, Nord America e Sud America). Ma contro un Loco non si sa mai.

Un altro record che Abreu detiene è essere l’ultimo calciatore in attività ad aver giocato contro Maradona, specificamente nei San Lorenzo-Boca di fine anni ’90.

Abreu arrivò al Mondiale in Sudafrica con le credenziali di attaccante più prolifico: 305 gol. Per rendere l’idea, Cristiano Ronaldo fino ad allora ne aveva 196, Messi 167, Klose 247 e Villa 285.

Il 17 aprile 2002, in un’amichevole previa al Mondiale nippo-coreano, Abreu con l’Uruguay segnò (non si sa come, ma Toldo non è esente da colpe) il definitivo 1-1 contro l’Italia allo Stadio Meazza di Milano. Il gol degli uomini di Trapattoni fu di Panucci.

Nel 2006, nei Dorados di Sinaloa, Abreu visse l’ultimo anno da calciatore di Pep Guardiola, autore di 1 gol su rigore in 10 presenze: “Dorados mi usò come intermediario con Guardiola e dovevo spiegargli come era la situazione, la città, i tifosi. Quando arrivò, scoprì che ci cambiavamo in una capanna di paglia aperta dentro un centro estivo. Si adattò subito alla situazione, non si lamentò di nulla e non si piantò con arie di grandezza. Quando gli davi la palla tutti diventavamo piccolini. Era un giocatore che, prima di avere la sfera sul piede, già aveva in mente tre opzioni chiare di passaggio”.

Dopo aver contribuito con solo 2 gol a vincere il Torneo Clausura 2008 con il River Plate allenato da Diego Simeone, El Loco si trasferì in estate al Beitar Gerusalemme. Questa è l’unica squadra in cui non ha segnato, seppur abbia disputato in due mesi (prima di ritornare al River) solo due partite, valide per i Preliminari di Champions League persi contro il Wisla Cracovia.

Nel gennaio 2009 Juan Manuel Lillo, allenatore spagnolo ai tempi del Dorados, lo chiamò per venire alla Real Sociedad, impegnata in Serie B spagnola. Abreu tornò in Spagna, fece 11 gol in 18 presenze ma la promozione nella Liga sfumò. Lillo è per Seba il miglior allenatore della sua carriera: “Quando arrivò al Dorados chiese a tutti i giocatori quale fosse il proprio sogno. Io gli dissi che volevo avere una rivincita in Spagna dopo i pochi mesi trascorsi a La Coruña. Evidentemente si ricordò di quella discussione perché nel gennaio 2009 mi voleva portare a tutti i costi alla Real Sociedad”.

Abreu ha sbagliato solo due rigori calciati a cucchiaio. Detto di quello parato da Cavalieri del Fluminense, ce n’è uno che risale al Torneo Clausura 2004 in Messico. Il Tecos a cinque giornate dalla fine sta rischiando di retrocedere e l’11 aprile 2004 affronta in casa il blasonato Toluca che sta vincendo per 2-1. Al 90′ Abreu potrebbe segnare il rigore del 2-2, ma l’argentino Hernán Cristante resta fermo in mezzo alla porta e para la picada. Al terz’ultimo turno Tecos si salva matematicamente battendo in trasferta nello scontro diretto il Puebla, alla fine retrocesso. L’1-0 lo firma Abreu di testa a quindici minuti dalla fine. La redenzione è completa, ma l’avventura è al capolinea: “Tutti quelli che qualche giorno fa mi stavano ammazzando si sono girati. Non ho litigato, non sono uno che litiga, ma ho personalità e dissi ‘Se prima ero un criminale ora non sono un eroe. Sono questo: prendere o lasciare. Godetevi la permanenza in Primera della squadra, ma io me ne vado’. Mi fu offerto il rinnovo, ma io guardo molto la parte umana e non mi faccio ingannare dall’ipocrisia del calcio. Se una settimana prima ero un figlio di puttana, non posso essere un eroe nella successiva”.


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