Esclusiva – Porcari dopo il ritiro: “A Piacenza inizio una nuova avventura. Il Carpi degli ImmortAli fu un miracolo storico”

Scritto da il 29 Luglio 2023

Porcari, capitano del Carpi promosso in Serie A, si è ritirato e ha parlato in esclusiva per Radio 5.9

 

Carpi

 

Filippo Porcari dal 21 luglio 2023 è diventato collaboratore tecnico del Piacenza e si sta preparando a vivere, a 39 anni, il suo primo campionato da ex calciatore. Il centrocampista/capitano del Carpi degli ImmortAli promosso in Serie A nel 2015 ha parlato in esclusiva con Radio 5.9 sul suo presente e ha riavvolto il nastro della sua carriera, iniziata nel vivaio del Parma e culminata con 6 promozioni tra Avellino (dalla Serie C1 alla Serie B nel 2007), Novara (dalla Serie C1 alla Serie A tra il 2009 e il 2011), Carpi, Cremonese (dalla Lega Pro alla Serie B nel 2017) e Borgo San Donnino (dall’Eccellenza alla Serie D nel 2021), oltre a più di 500 presenze tra professionisti e dilettanti e 16 gol.

Ciao Pippo! Partiamo dalla situazione attuale del Piacenza. Come sta procedendo la preparazione per la prossima Serie D?

In questa prima settimana di pre-campionato abbiamo fatto visite mediche, test fisici e primi allenamenti. Dalla prossima settimana andremo in ritiro vicino a Piacenza: faremo doppie sedute al giorno e ci stiamo organizzando per fare una partita amichevole“.

Come hai maturato la decisione del ritiro e l’ingresso nello staff del Piacenza?

Ero disponibile a giocare un altro anno in Eccellenza con il Nibbiano&Valtidone. Una settimana dopo però mi è arrivata una chiamata di Alessio Sestu, direttore sportivo del Piacenza ed ex mio compagno di squadra sempre al Piacenza, e mi ha chiesto se me la sentivo di fare il collaboratore tecnico. Non ci ho pensato un secondo e ho accettato perché era una nuova opportunità da cogliere. Sono tornato in un club che conosco, con una Società sana e dove tutto è organizzato come nel calcio professionistico. Iniziare da qui è il top“.

Come valuti le tue ultime esperienze nei dilettanti tra Borgo San Donnino, dove hai ottenuto la tua sesta promozione, e Nibbiano&Valtidone?

Mi divertivo ancora a giocare a calcio, la passione non mi mancava, ma a 39 anni la fatica si sente di più e i recuperi sono diversi. Con il Nibbiano&Valtidone abbiamo disputato 45 partite in un anno solare, che secondo me è una follia considerando che si parla di Eccellenza. Alcuni miei compagni lavoravano e dovevano chiedere permessi o giocarsi giorni di vacanza. Io stavo bene fisicamente, però nei dilettanti bisogna sapersi adattare. Ho saputo farlo visto che avevo svolto tutta la mia carriera nei professionisti“.

Nella stagione di Serie D 2021-2022 hai ritrovato il Carpi da avversario. Come hai vissuto il ritorno al Cabassi? Cosa ti è successo invece nel match giocato a Fidenza?

Tornare al Cabassi è stato speciale perché ho lasciato un pezzo di cuore. Il sentimento che provo per Carpi lo conoscono tutti e lo porterò sempre con me. L’accoglienza è stata emozionante, oltre al mettere piede in uno stadio e in una città dove abbiamo fatto la storia. All’andata con il Borgo avevamo fatto una grande partita, ma alla fine le qualità del Carpi sono uscite fuori e abbiamo perso per 2-1 in rimonta. Al ritorno ho avuto un brutto infortunio tendineo dopo pochi minuti e ho dovuto stare fermo per un paio di mesi. A una certa età queste cose ti fanno pensare sul futuro e mi sono un po’ preoccupato. Fortunatamente non ho mai avuto infortuni gravi nel corso della mia carriera“.

Contro il Carpi al Cabassi si sentiva forte la tua voce.

Ammetto che in campo sono uno che rompe parecchio. Tanti avversari mi dicevano che quando giocavo ero odioso, ma fuori sono un’altra persona. Ho fame di risultati, nessuno mi ha regalato nulla, mi sono guadagnato tutto con le mie gambe e questa è sempre stata la mia mentalità. Altrimenti non si ottengono sei promozioni, alcune delle quali inaspettate“.

Ti sei ritirato giocando da difensore centrale, come ti avevamo visto nel Borgo?

Anche al Nibbiano&Valtidone, in casi di necessità o urgenza, ho fatto il difensore centrale come nel Borgo San Donnino. Per me non era un problema arretrare in difesa perché so adattarmi facilmente. Sarei andato anche in porta se me lo avessero chiesto. Quando hai maturato tanta esperienza, a questi livelli te la puoi cavare bene“.

Parliamo ora della tua carriera prima dei dilettanti. Quali allenatori hanno inciso sulla tua formazione?

Di allenatori ne ho avuti tanti. Ho avuto due esperti in promozioni come Attilio Tesser e Fabrizio Castori. Tesser è quello che mi ha creato: abbiamo vinto insieme a Novara e a Cremona, per lui stravedo sempre perché, oltre ai concetti di campo, abbiamo sempre avuto un bel rapporto personale negli anni“.

Piacenza è una sfida anche pensando alla stagione di Serie C 2018-2019?

Sì, in quella stagione avevamo una squadra forte e un ottimo allenatore come Arnaldo Franzini. Alla lunga raggiungemmo una certa solidità che ci aveva permesso di essere primi all’ultima giornata. Purtroppo abbiamo perso a Siena e finimmo secondi dietro l’Entella. Nei Play-off siamo arrivati fino alla doppia Finale dove ha prevalso il Trapani. Quello è l’unico anno che mi è rimasto in gola perché ho sempre vinto quando arrivavo a quelle istanze“.

Il Piacenza, retrocesso dalla Serie C, punta al salto di categoria. Quali obiettivi vi ponete?

Vogliamo fare un campionato al vertice e lottare per i primi posti. In Serie D cambiano tante cose e io cercherò di dare una mano all’allenatore Maccarone“.

Maccarone allenatore, Ficagna vice, Porcari collaboratore tecnico e Sestu direttore sportivo. Non è che vi torna in mente di entrare in campo?

Secondo me ce la possiamo ancora cavare bene (ride, n.d.r.). A parte le battute, a Piacenza si respira alto professionismo e questo ci può permettere di rendere al meglio“.

Domande secche: il giocatore più forte con cui hai giocato e il gol più bello della tua carriera?

Il giocatore più forte con cui ho giocato è Marco Rigoni a Novara: è stato il più completo di tutti. Come gol più bello scelgo quello contro il Siena in Serie A, sempre con il Novara (vittoria al Franchi per 2-0, n.d.r.)”.

Novara e Carpi hanno rappresentato per te gli anni della definitiva maturità?

Sì, sono i luoghi dove sono diventato un giocatore vero. Mi sentivo forte ed ero circondato da compagni altrettanto forti che ti trasmettevano tanta sicurezza. In alcuni momenti gli avversari li distruggevamo… Quel Novara e quel Carpi erano due orchestre, dove tutto era sintonizzato alla perfezione e i risultati si sono visti. Il Novara che salì dalla Serie C alla Serie A aveva un progetto ambizioso e molti giocatori affermati. Il Carpi invece si è costruito letteralmente nello spogliatoio“.

Come fu per te approdare al Carpi che era appena salito in Serie B?

Quando sono arrivato nell’estate del 2013 ero uno di quelli che aveva più curriculum insieme a Pesoli e Sgrigna, senza dimenticare chi stava lì da alcuni anni come Poli, Pasciuti e Di Gaudio. Il primo anno in Serie B ha messo le basi per il trionfo dell’anno successivo: a un gruppo consolidato si sono aggiunti alcuni rinforzi come Gabriel, Struna e Lasagna, più un grande mister come Castori. Negli anni successivi tanti ragazzi di quel gruppo si sono affermati tra Serie A e B. Mi sentivo importante e penso che a scegliermi come capitano furono la squadra e il direttore sportivo“.

Un direttore sportivo niente male…

Non si può non nominarlo. È il migliore in assoluto. Come diceva lui, ci sono certe squadre che non si possono rifiutare. Per noi Giuntoli era un punto di riferimento, però era giusto che dopo la promozione in Serie A prendesse altre strade. Secondo me la Juventus con lui tornerà ad alti livelli, se non ora tra pochi anni. Ha stupito tutti, dalla scalata con il Carpi fino allo Scudetto con il Napoli, quindi si merita ampiamente di stare là“.

Il Carpi di Castori rovesciò ogni pronostico. Quale fu il segreto per stravincere quella Serie B?

Sarà banale dirlo, ma il vero segreto è stato il gruppo: tutti ci volevamo bene come se fossimo una famiglia. In allenamento e fuori ridevamo e scherzavamo, poi nelle partite davamo tutto a 3000 all’ora. Tutti ci completavamo e avevamo fiducia in ogni compagno. Io, Lollo e Bianco a centrocampo eravamo una macchina da guerra. Abbiamo preso pochissimi gol. A inizio girone di ritorno ci fu un leggero calo e qualche critica per i 4 pareggi per 0-0… Intanto non prendevamo gol e muovevamo la classifica. Quando abbiamo ripreso a correre non ci hanno più fermato. Eravamo troppo uniti e compatti“.

Mancava la matematica, però le vittorie in fila contro le inseguitrici Vicenza e Bologna praticamente misero un punto finale.

Sì, furono due partite devastanti. Lasagna fece una doppietta incredibile a Vicenza. Contro il Bologna, a parte la prima mezz’ora dove loro crearono qualcosa, appena siamo entrati in gara non c’è stato scampo. Quel Bologna era fortissimo per la Serie B, aveva una rosa da Serie A e lo abbiamo battuto per 3-0 con autorevolezza“.

Come hai vissuto il finale della partita contro il Bari? Quali emozioni provavi?

Il fischio finale fu una gioia. Quando mancava un quarto d’ora avevo iniziato a chiedere quanto mancava alla fine, quando davano il recupero… Non vedevo l’ora di alzare le braccia al cielo ed esultare. Fu un anno lungo e difficile, ma bello e divertente allo stesso tempo. Quelli sono momenti dove da una parte vorresti che non finissero più, dall’altra invece pensi che ce lo meritiamo e che vogliamo festeggiare. Era anche il giorno del mio compleanno e non potevo ricevere un regalo più bello. Il 28 aprile 2015 non l’ho tatuato come avevo promesso, ma è nel mio cuore“.

La ciliegina sulla torta fu poi andare a battere al Braglia il Modena, immischiato in zona retrocessione. Come siete arrivati a quel derby tanto atteso dai tifosi? C’era il rischio di essere già sazi?

Eravamo reduci dal pareggio contro il Bari che ci portò il Serie A e dai festeggiamenti allo stadio e in città. Dal lunedì successivo Giuntoli e Castori ci tenevano con la mentalità e l’attenzione alta. Ci siamo preparati per quel derby contro il Modena come se non avessimo ancora ottenuto la promozione. Nulla fu lasciato al caso e non abbiamo mollato nonostante il traguardo raggiunto con largo anticipo. Anche io, essendo il capitano, cercavo di trasmettere ai miei compagni questa fame e questa voglia di giocare ogni partita al massimo dal primo all’ultimo minuto“.

Lasciare il Carpi fu un colpo difficile da incassare?

Non sarei mai andato via dal Carpi. Quando arrivò Sogliano come direttore sportivo ho cercato di tenere duro, ma non è semplice restare in un posto dove non ti vogliono. Sono andato in prestito in una grande piazza come Bari: lì sono stato benissimo, ho giocato tutte le partite, eravamo terzi in Serie B, però mentalmente mi sentivo bloccato. Dopo la partenza di Sogliano, nel mercato invernale sono tornato a Carpi, insieme a Poli, accettando certe condizioni. Sapevo che non avrei giocato molto, eppure ero contento di tornare e volevo fare la mia parte“.

Temevi che altri compagni protagonisti del Carpi degli ImmortAli fossero ceduti?

Temevo che succedesse qualcosa di simile anche a loro. Alla fine siamo andati via solo io e Poli e il dispiacere fu enorme. Molti ragazzi di quel gruppo ci potevano stare in Serie A, anche se erano degli esordienti, perché se l’erano guadagnata sul campo. Sono contento per loro che abbiano potuto giocarsi quel campionato dall’inizio alla fine“.

Un caso particolare fu la gestione di Pasciuti, arrivato a Carpi in Serie D e protagonista di tutte le promozioni tra il 2009 e il 2015.

Un allenatore deve essere libero di fare le sue scelte. Pasciuti non aveva mai giocato in Serie A fino al ritorno di Castori, preceduto dall’addio di Sogliano. Ha dimostrato che poteva giocarsi le sue occasioni. Fece anche 2 gol ed entrò nella storia del calcio italiano perché nessuno ha segnato in cinque categorie diverse con la stessa maglia. Nel calcio ci vuole riconoscenza e il caso di Pasciu è una dimostrazione“.

Zaccardo e Bianco ereditarono la tua fascia da capitano. Come fu avere come compagno di squadra un campione del mondo?

Zaccardo era tanta roba, sia come persona che come calciatore. Campione del mondo, umile, simpatico, esemplare, educato, professionista serio. Era uno degli acquisti giusti per la Serie A che il Carpi si apprestava a disputare. Mi fece piacere vedere lui e Bianco ereditare la mia fascia“.

Nell’estate del 2016 hai concluso la tua avventura nel Carpi. Cosa hai pensato dopo quell’arrivederci?

Dispiace sempre lasciare un posto dove sei stato benissimo. Mia moglie voleva addirittura vivere a Carpi. Abbiamo scritto la storia del club e della città, mi sono trovato alla grande con tutti e a volte le storie belle possono finire. Sono andato via sapendo di aver dato tutto e lasciato qualcosa di buono. Avevamo compiuto un miracolo salendo in Serie A e salvandoci ne avremmo fatto un altro. L’accoglienza al Cabassi, di ritorno da Udine a notte fonda, fu straziante. I tifosi ci hanno mostrato tanta riconoscenza. Spero che il Carpi un giorno torni a questi livelli“.

Il Carpi ebbe in Serie A anche una certa dose di sfortuna, come spesso capita alle neopromosse.

Questa è la differenza tra le squadre importanti di Serie A, che hanno giocatori forti negli ultimi 20 metri e ti puniscono quasi sempre, e quelle che si devono salvare facendo grandi sforzi. Ricordo che ero tornato a Carpi poco prima della trasferta di Firenze persa per 2-1 nei minuti di recupero. Quella partita è emblematica: eravamo in svantaggio dopo pochi minuti, poi abbiamo reagito e fallito 4-5 occasioni per pareggiare, abbiamo fatto 1-1 con Lasagna e infine ci hanno battuto con una prodezza di Zarate al 93′“.

Ti aspettavi che, un anno dopo, i tuoi ex compagni si giocassero l’immediato ritorno in Serie A nei Play-off?

Ci speravo. Il Carpi dopo la retrocessione confermò gran parte della squadra che vinse la Serie B e che aveva lottato per la salvezza in Serie A fino all’ultimo. Aveva dietro un bagaglio di esperienza perché quel gruppo si era rafforzato sotto la guida di Castori. Quell’anno i Play-off furono molto strani e infatti in Finale arrivarono due mine vaganti, con stili di gioco diversi, come Benevento e Carpi“.

La stagione 2016-2017 per te invece finì in gloria con la promozione in Serie B della Cremonese. Si può dire che l’inizio della scalata verso la Serie A dei grigiorossi, avvenuta nel 2022, nasce da quella annata?

Non voglio darmi delle arie, ma l’ascesa della Cremonese è anche merito mio e del gruppo allenato da Tesser. Dopo 7-8 anni di tentativi a vuoto, finalmente nel 2017 arrivò il ritorno in Serie B. A gennaio ci davano per spacciati perché eravamo secondi a -12 punti dall’Alessandria capolista. Da febbraio iniziò una rimonta pazzesca, dove tra l’altro vincemmo pure lo scontro diretto e ci siamo giocati la promozione all’ultima giornata. Contro il Racing Roma fu una partita al cardiopalma, da perderci 2-3 vite: perdevamo in rimonta per 2-1 allo Zini, contro una squadra che era già retrocessa e giustamente non regalava nulla, e vincemmo di forza per 3-2. La nostra fortuna è che siamo rimasti lucidi e tanti giocatori esperti hanno fatto la differenza, come Scarsella che è un centrocampista che segna come una punta, oppure Scappini, Brighenti, Stanco, Pesce. Era una Cremonese davvero forte“.

Per concludere, parliamo un po’ della tua prima promozione nella stagione 2006-2007, iniziata in modo raro con Maurizio Sarri in panchina.

Ad Avellino Sarri fece il ritiro con noi e poi ci lasciò il giorno prima dell’esordio in campionato. Dovevamo andare a Treviso e, prima di partire, abbiamo saputo che lui e il direttore sportivo avevano lasciato. Forse ci sono stati dei problemi con la dirigenza, altrimenti non si capisce una situazione del genere. A parte questo episodio, ad Avellino ho giocato da titolare nonostante fossi uno dei più giovani (22 anni, n.d.r.) e ho sentito molto affetto da parte dei tifosi perché riconoscevano che davo tutto. Lì mi sono reso conto di quanto fosse bello vincere. C’erano 10.000 persone sul prato del Partenio a festeggiare con noi dopo la Finale Play-off di ritorno vinta contro il Foggia per 3-o. Al sud il calcio lo sentono in maniera diversa. Tuttora ho dei buoni rapporti con dei giornalisti di Avellino“.

Pippo, grazie ancora per tutto! È stato un piacere vederti giocare e vincere nel Carpi. Tanti auguri per questo nuovo percorso. Ci vediamo presto, magari nel prossimo campionato di Serie D. 

Ci vediamo al Cabassi. Sarò in un’altra veste, ma mi ripresenterò. Alla prossima!“.

 

Si ringrazia per la cortesia l’ufficio stampa del Piacenza Calcio 1919.

 

 


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