Ascoltare Forchielli è un buon modo per non farci “messicanizzare” il cervello

Scritto da il 10 Gennaio 2017

Messicanizzazione è un termine coniato dall’imprenditore ed economista bolognese Alberto Forchielli che con questo neologismo fa riferimento al fatto che l’Italia starebbe andando sempre più verso un “modello Messico” rappresentato da tre grandi filoni economici: da una parte le eccellenze industriali italiane che saranno stipate in compound protetti da guardie armate e sistemi di sicurezza all’avanguardia.

La seconda parte formata da un substrato di lavoro nero che vedrà lo sfruttamento di manodopera straniera a basso costo. Mentre la terza, la più inquietante e pericolosa, quella rappresentata dalla criminalità organizzata. 

Alberto Forchielli 

Ieri abbiamo intervistato questo eclettico imprenditore che vanta un curriculum vitae da fuoriclasse: MBA with Honors alla Harvard Business School e laurea con Lode in Economia all’Università di Bologna.

Partner e fondatore di Mandarin Capital Partners, ha collaborato con la World Bank, è stato responsabile di Finmeccanica S.p.A. per tutta l’area Asia/Pacifico ed è stato Segretario Generale per le Privatizzazioni dell’IRI. Siede attualmente nel Corporate Advisory Board del CEIBS (China Europe International Business School, tra le trenta business school più prestigiose al mondo).

Forchielli è noto al grande pubblico per le sue “esplosive” apparizioni televisive in cui certo non le manda a dire a nessuno.

Palesemente scocciato dalla retorica politica consiglia ai giovani di emigrare all’estero citando le imprese dei grandi italiani del passato così lontane dell’immaginario collettivo di italianità del nostro tempo e sfatando i luoghi comuni propinatici ogni giorno dai media.

La nostra “messicanizzazione”

Ascoltandolo però ho pensato che il vero rischio non è la messicanizzazione del nostro Paese ma quella del nostro cervello (non ce ne vogliano gli amici Messicani, serve a capirci).

Mi spiego meglio, ecco tre cose mi hanno preoccupato leggendo “Il potere è noioso“:

  1. Siamo poco o per nulla informati su quello che accade ogni giorno nel mondo;
  2. Siamo circondati da persone con più fame, più propensione al sacrificio e più competenze di noi;
  3. Non conosciamo la nostra storia e quindi siamo come dei ciechi che camminando verso un burrone su una scogliera si compiacciono della brezza marina.

L’aspetto negativo della questione è che siamo nella merda. Quello positivo invece è che i punti sopracitati sono collegati da un sottile fil rouge rappresentato da alcune semplici considerazioni: informarsi meglio è possibile grazie alla reperibilità delle informazioni; la propensione al sacrificio dipende solo da noi e quindi possiamo (dobbiamo) metterla in pratica; la conoscenza della storia è alla portata di tutti, magari spegnendo la televisione e dedicando qualche ora ogni giorno allo studio del nostro passato.

Non barattate quattro anni di divertimento per una vita di miseria” dice Forchielli e come dargli torto?

E si perché a quanto pare l’unica medicina che può funzionare è quella di lavorare e studiare molto più di quanto abbiamo fatto fino ad ora “trovando nel passato le figure ideali alle quali ancorarci” e immaginandoci come protagonisti meritevoli di futuro da plasmare piuttosto che da subire.

Viviamo un mondo in costante fermento e, davanti a noi, possiamo vedere la nascita di innovazioni tecnologiche straordinarie che modificheranno inevitabilmente la realtà che abbiamo finora conosciuto.

A questo punto dobbiamo scegliere quale strada percorrere e non saranno certo le nostre rivendicazioni, per quanto giuste, a “fare il futuro” bensì le azioni che sceglieremo di compiere ogni giorno a partire da oggi.

In conclusione, se c’è una cosa stimolante de “Il potere è noioso” è che al suo interno, tra le tante critiche sollevate dall’autore, vengono celebrati quegli uomini che in molti modi e in molte epoche “pur avendo tutte le ragioni per dire no hanno scelto di dire si“.

Dire si con il proprio sacrificio, dire si con la propria coerenza, dire si seguendo la propria passione/vocazione, dire si per compiere fino in fondo il proprio dovere.

Forse neanche noi che siamo giovani faremo in tempo a vedere l’Italia che vorremmo, però possiamo fare del nostro meglio per essere, a nostra volta, le àncore che un giorno daranno forza e speranza a coloro che verranno dopo di noi.

Insomma è questo è il momento per dire si, senza farci messicanizzare il cervello possibilmente! 

 

 

 


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