Libri, “Che cos’è la fiction”: l’analisi di Lorenzo Graziani tra verità, finzione e mondi possibili

Scritto da il 9 Giugno 2022

Nel libro “Che cos’è la fiction” Lorenzo Graziani si interroga sulle differenze e le interazioni tra narrazioni fattuali e narrazioni finzionali, riflettendo su verità e finzione

 

 

Nel libro Che cos’è la fiction, edito da Carocci, Lorenzo Graziani, docente e dottore di ricerca in Teoria della letteratura, analizza le differenze e le interazioni tra narrazioni fattuali e narrazioni finzionali, riflettendo, in questo ambito, sul tema della verità, della finzione, dei mondi possibili e delle implicazioni che la fiction può avere sul mondo reale.

Un saggio certamente interessante per un pubblico eterogeneo, utile a chiunque voglia comprendere meglio la realtà che ci circonda.

Ascolta “”Che cos’è la fiction”: l’analisi di Lorenzo Graziani tra verità, finzione e mondi possibili” su Spreaker.

 

Perché hai scritto Che cos’è la fiction?

Il mio interesse per i temi principali del libro nasce durante il periodo di dottorato. Al tempo mi chiedevo quali fossero le caratteristiche unificanti di quel gruppo di opere letterarie che ricade sotto l’etichetta “postmodernismo”.

Dato che nelle opere d’arte si riverberano alcune problematiche della società in cui vengono prodotte, non mi accontentavo di isolare dei tratti puramente formali tipici del postmodernismo (determinate strategie retorico-narrative, particolari trame, predilezione per personaggi e ambientazioni di un certo tipo ecc.), ma volevo vedere in che modo questi tratti formali riflettessero alcuni concetti sviluppati contemporaneamente da discipline poste apparentemente agli antipodi della creatività artistico-letteraria.

Mi interessava, per esempio, comprendere in che modo le strategie narrative postmoderniste si connettessero all’idea costruttivista secondo cui viviamo in un mondo costruito che viene percepito come naturale solamente perché, quando vi facciamo la nostra comparsa, le condizioni del nostro pensare e agire sono predeterminate dall’utilizzo dei sistemi simbolici della cultura in cui siamo immersi.

Nelle mie ricerche sono stato colpito da un’idea di Brian McHale, che è poi diventata l’assunto da cui sono partito per interpretare la produzione postmodernista.

Mentre il modernismo primonovecentesco si concentrava su questioni riguardanti la percezione del mondo, le strategie compositive adottate dagli scrittori postmoderni tendono a far emergere problematiche riguardanti il modo in cui i mondi sono costruiti; si tratta quindi di strategie che esplorano le modalità di esistenza più che le modalità di conoscenza.

In altre parole, se nei romanzi di Woolf, Joyce e Faulkner il lettore era invitato a chiedersi che cosa c’è da sapere nel mondo e con che grado di affidabilità avvenga la trasmissione di questo sapere, le strategie narrative impiegate da Pynchon, DeLillo e Barth invitano a porsi domande di questo tipo: che cos’è un mondo e di quali elementi è composto? esistono mondi alternativi e, se esistono, in che modo si differenziano l’uno dall’altro?

È abbastanza evidente che tali interrogativi, sebbene sorti mentre analizzavo un particolare repertorio di opere, riguardano tutte le opere di invenzione, le quali, ciascuna a suo modo, ci trasportano – metaforicamente parlando – in un “altro modo” in cui vigono regole almeno in parte differenti da quelle che governano il mondo reale.

Un libro che affronta le problematiche della fiction in generale – ossia di tutte quelle rappresentazioni che non hanno l’ambizione di riferirsi al mondo reale – si inserisce abbastanza naturalmente nel mio percorso di ricerca.

C’è comunque un altro motivo che mi ha spinto a scrivere Che cos’è la fiction. Il concetto di fiction è affrontato da diverse discipline, in particolare da filosofia, semiotica e narratologia.

Tuttavia, troppo spesso gli specialisti dei vari campi ignorano i lavori compiuti dai colleghi di altri dipartimenti. Questo ha portato a una serie di ottime sintesi settoriali, ma alla mancanza di una panoramica delle ricerche sulla fiction che integrasse l’approccio filosofico, semiotico e narratologico.

Il mio libro tenta di supplire a questa mancanza.

 

Come nasce storicamente l’idea di fiction?

In realtà non è facile rispondere a questa domanda perché il concetto di fiction è un costrutto culturale e riconoscere la presenza o l’assenza di opere finzionali – termine con cui ci si riferisce a tutti i prodotti culturali appartenenti alla sfera della fiction – all’interno di una determinata cultura dipende molto dal modo in cui caratterizziamo il concetto.

Dal punto di vista della moderna teoria della fiction, come ho detto, per assegnare a una rappresentazione lo status di “fiction” è necessario poterla distinguere da una menzogna.

Se le cose stanno così, ci si deve allora chiedere se la capacità di distinguere tra falso e finzionale sia connaturata all’essere umano, oppure se rappresentazioni che rientrano nella nostra definizione di fiction vengano prodotte solamente in determinate condizioni storico-culturali.

Esistono diverse teorie a sostegno di entrambe le posizioni: le prime vengono chiamate universaliste, mentre le seconde moderniste – in ossequio alla concezione più influente che associa la nascita della fiction all’avvento della modernità.

Secondo Catherine Gallagher, infatti, per poter parlare di fiction in senso moderno non basta un’ampia diffusione di opere di fantasia, ma è necessario che queste ultime, pur narrando vicende realistiche, non vengano interpretate come narrazioni fattuali, bensì come storie inventate prive di intenti ingannevoli.

 

Come entra il tema della fiction nella quotidianità di ciascuno di noi?

Per rispondere a questa domanda forse dovrei scrivere un altro libro. Proverò ad abbozzare una risposta sintetica.

Parto da quello che forse è il dato più ovvio: se rientrano sotto l’etichetta “fiction” non solo romanzi e racconti, ma anche opere teatrali, cinematografiche, fumettistiche o videoludiche, siamo tutti costantemente immersi in mondi finzionali. E, come sa bene qualsiasi appassionato, le storie inventate ci aiutano a comprendere meglio noi stessi e il mondo che ci circonda.

Infatti, quando, dopo esserci immersi in un mondo finzionale, ritorniamo a quello reale, non ci dimentichiamo dell’esperienza fatta e iniziamo a trovare delle analogie tra le situazioni reali e quelle finzionali.

In altre parole, frequentando tanti mondi possibili, facciamo tesoro di molte situazioni in cui ci potremmo trovare anche noi nel mondo reale.

Certo, magari non ci troveremo a dover buttare un anello nella caldera del Monte Fato, ma sicuramente la storia di Frodo e Sam ci insegna molte cose su lealtà e amicizia.

Quindi, sicuramente la frequentazione di mondi di invenzione gioca un ruolo importante nella vita quotidiana di ciascuno di noi.

Guardando la questione da un’altra prospettiva, possiamo ricordare che il termine “fiction” deriva dal verbo latino fingere che vuol dire sia “plasmare, modellare” sia “simulare, ingannare”.

È chiaro che le storie hanno un forte potere sugli uomini e ne orientano le azioni. In un mondo come il nostro, in cui le informazioni sono facili da reperire, passano velocemente di mano in mano e la fonte risulta spesso irraggiungibile, è chiaro che l’abilità di costruire storie è fondamentale.

Ce lo dimostra la triste attualità: che si parli di Ucraina o di Covid-19, ci troviamo in una tempesta di narrazioni rivali: non importa quanto strampalata, se la storia è retoricamente ben costruita – come sapevano bene gli antichi oratori – cattura il pubblico e suscita gli effetti desiderati.

Viviamo nel mondo dello storytelling in cui le fiction create a fini estetici non sono che una piccola parte dell’insieme delle narrazioni che orienta ogni aspetto del mondo reale, dalla vita quotidiana alla politica internazionale.

 

Nel capitolo 4 parli di “mondi possibili”. Di cosa si tratta? È affascinante pensare ai molti dibattiti nati attorno a questa tematica.

L’idea secondo cui ogni opera d’arte permette di affacciarsi su di un mondo possibile è un luogo comune molto diffuso di cui è difficile rintracciare l’origine.

Già Aristotele aveva sottolineato la relazione che vige tra creazione e possibilità, relazione che è forse il tema principale del mio libro.

Guardando a un’epoca a noi più vicina, possiamo invece fare riferimento allo stesso fondatore dell’estetica filosofica: per Alexander Gottlieb Baumgarten l’invenzione artistica si caratterizza per la produzione di mondi possibili, e l’estetica è la scienza che studia il passaggio dal possibile al reale e dal reale al possibile, contribuendo così a farci comprendere il mondo nella sua totalità.

Poiché, quindi, l’avvicinamento dei mondi finzionali ai mondi possibili teorizzati dai filosofi è tutt’altro che peregrino tanto da un punto di vista storico quanto da uno teorico, ho pensato di dedicare un capitolo – il quarto appunto – a comprendere meglio che cosa siano questi mondi possibili.

Tralasciando per ragioni di brevità le ipotesi formulate dagli scienziati e concentrandomi su quelle fornite dai filosofi, ho distinto quattro principali risposte alla domanda “Che cos’è un mondo possibile?”:

  • I mondi possibili sono dei concetti che solo Dio intende compiutamente e a uno soltanto di questi concede diritto di esistere (si tratta della nota posizione di Leibniz).
  • I mondi possibili formano un’immensa pluralità di mondi concreti, abitati da individui altrettanto concreti, tra i quali si trova anche quello di cui facciamo parte.
  • I mondi possibili sono speculazioni compiute “contro i fatti” del mondo attuale, l’unico realmente esistente, e che riguardano i modi in cui quest’ultimo avrebbe potuto essere.
  • I mondi possibili sono modi diversi di organizzare e categorizzare l’esperienza. Secondo i sostenitori del relativismo e del costruttivismo radicale, infatti, la realtà è suscettibile di essere descritta in diversi modi e nessuna delle descrizioni risultanti può essere considerata “migliore” delle altre.

 

Quali saranno i possibili sviluppi dello studio sul tema della fiction?

Fare un quadro esaustivo in questa sede sarebbe impossibile. Tuttavia posso suggerire, senza pretese di completezza, alcune linee di ricerca.

Per quanto riguarda la prospettiva filosofica, possiamo dire che il rapporto tra possibilità e creatività è, ad oggi, tutt’altro che chiaro: lo stesso rapporto tra mondi finzionali e mondi possibili è stato più volte e per varie ragioni contestato.

Rimane poi il problema di capire se sia possibile distinguere in qualche modo i discorsi fattuali da quelli finzionali.

Si tratta un campo di indagine in cui si incontrano filosofia del linguaggio e narratologia.

Quest’ultima è poi interessata a individuare delle strategie per distinguere tra loro mondi finzionali creati attraverso media diversi: un mondo finzionale di un videogioco, per esempio, sarà costruito e fruito in modo diverso rispetto a uno di tipo romanzesco.

Gli psicologi cognitivi, dal canto loro, si chiedono invece se la fruizione di opere finzionali migliori alcune capacità (empatia, intelligenza emotiva), contribuendo così al benessere psicofisico dell’individuo.

Tra gli obiettivi di un teorico della fiction rientra anche quello di studiare le potenzialità espressive delle strutture narrative indagandone il legame con altre attività intellettuali.

Ricordiamo infine che, al momento, non disponiamo di una teoria integrata della finzionalità che tenga assieme semiotica ed estetica.

 

Nel libro citi diversi autori, quali sono stati i romanzi più importanti nella tua formazione? In generale quali sono i libri che consiglieresti di leggere per avvicinarsi al tema che tratti nel tuo libro?

L’elenco dei libri che hanno contribuito in maniera rilevante alla mia formazione sarebbe veramente troppo lungo. Bisogna che mi imponga qualche sorta di vincolo.

Mi limiterò a quattro saggi e quattro romanzi, letti in momenti differenti della mia vita, che ritengo abbiano giocato, per motivi diversi, un ruolo fondamentale nell’avermi reso ciò che sono.

I saggi sono i seguenti: Gödel, Escher, Bach: un’Eterna Ghirlanda Brillante di Douglas R. Hofstadter, La piega. Leibniz e il barocco di Gilles Deleuze, Sulla pluralità dei mondi di David K. Lewis e L’atto della creazione di Arthur Koestler.

I quattro romanzi: Cosmo di Witold Gombrowicz, Il terzo poliziotto di Flann O’Brien, Ubik di Philip K. Dick e Infinite Jest di David Foster Wallace. Devo però confessarti che, molto probabilmente, se mi facessi la stessa domanda domani, alcuni titoli sarebbero differenti.

Per quanto riguarda le letture consigliate per avvicinarsi al tema della fiction, il lettore al termine del mio libro trova una breve bibliografia commentata divisa per capitoli.

Quello che possiamo fare in questa sede è consigliare alcuni volumi di carattere più generale. Come abbiamo rilevato, gli studi sulla fiction coinvolgono diverse discipline, ma raramente i risultati conseguiti nei vari ambiti sono esposti in un quadro organico.

Il panorama filosofico è ben illustrato in Finzioni. Il far finta e i suoi oggetti di Alberto Voltolini, mentre per gli studi semiotici e narratologici segnaliamo – accanto al classico Lector in fabula. La cooperazione interpretativa nei testi narrativi di Umberto Eco – Che cos’è la narrazione di Andrea Bernardelli e Letteratura e scienze cognitive di Marco Bernini e Marco Caracciolo.

Sul rapporto tra mondi possibili e mondi finzionali la bibliografia in lingua italiana è piuttosto scarna: rimandiamo quindi ai fondamentali Mondi di invenzione. Realtà e immaginario narrativo di Thomas G. Pavel e Heterocosmica. Fiction e mondi possibili di Lubomír Doležel.

 

 

Lorenzo Graziani 

 

 

Lorenzo Graziani è dottore di ricerca in Teoria della letteratura e docente nella scuola secondaria di secondo grado.

I suoi interessi di ricerca si muovono tra la teoria della letteratura – l’oggetto di ricerca privilegiato è stato finora il romanzo – e la filosofia – in particolare estetica e filosofia del linguaggio. La maggior parte dei suoi studi si focalizza sul nesso tra immaginazione e possibilità.

Tra le sue ultime pubblicazioni ricordiamo il saggio Lewis e Deleuze su possibilità e mondi possibili («Rivista di filosofia», n. 2, agosto 2021) e il volume Che cos’è la fiction (Carocci, 2021).

 

 


Traccia corrente

Titolo

Artista

Background