Leonardo Levati ed il ciclismo: le prime pedalate, il giro d’Italia con Savoldelli ed il rapporto con l'”americano” Bettini
Scritto da Redazione il 27 Marzo 2020
Leonardo Levati, Leo – una vita dedicata al ciclismo fra giovani promesse e campioni affermati. Ci siamo presi la licenza, in un momento drammatico per il Paese ed interlocutorio per lo sport in generale, di fare una chiacchierata con uno storico Ds del mondo delle due ruote a pedali. Fra un invito a pranzo (che speriamo di poter raccogliere il prima possibile) ed una risata, Leo ha ripercorso le tappe della sua carriera, arrivando a ricordare i trascorsi vissuti dai giovanissimi ai professionisti, la Presidenza della struttura tecnica Regionale, membro la Commissione Tecnica dei Professionisti, alla fondazione dell’associazione “Direttori sportivi professionisti Italiani”, sino al lavoro a fianco di mostri sacri della disciplina del calibro di Marco Saligari, Paolo Bettini, Elio Aggiano, Marco Villa, Mattia Gavazzi, Ivan Quaranta, Totò Commesso, vincendo anche un Giro d’Italia con Paolo Savoldelli e per chiudere con l’indimenticabile Marco Pantani.
Una piacevole chiacchierata che speriamo di ripetere il prima possibile anche sulle nostre frequenze radiofoniche.
L’ATTUALITA’
“Il ciclismo è diventato un settore nel quale portare uno sponsor o essere un “personaggio” conta più che avere talento o predisposizione per questo sport”.
LE ORIGINI DELLA PASSIONE
“La mia passione per le due ruote nasce dalla necessità, sin da bambino, di spostarmi da Madregolo a Collecchio o Parma per andare a scuola. Da quel momento fra me e la bicicletta si è creato un rapporto speciale”.
IL TITOLO REGIONALE, LA FINE DELLE CORSE ED IL LAVORO NEL CICLISMO ANCHE DIETRO LA SCRIVANIA
“Dopo aver fatto le prime corse nella Virtus Collecchio, con la quale nel ’68 vinsi il titolo Regionale allievi, fui contattato dal Ds della Monsummanese, una delle squadre più quotate dell’epoca per poi passare alla Magniflex, prima che il servizio militare durante il quale corsi per la Lynx, stravolgesse la mia “carriera”. La voglia di lavorare, e la mancanza di entrate sufficienti dal mondo del ciclismo, mi convisse ad investire nel mio futuro acquistando con tanti sacrifici, una “latteria ” frequentata da tanti ciclisti, proprio di fianco alla caserma del centro atleti. Nel capoluogo lombardo, frequentando una trattoria ritrovo per i Bersaglieri ciclisti, io ed altri soci fondammo, in onore a Tista Baronchelli, lo “Sporting Club Baronchelli“: una società ciclistica con la quale far correre, o meglio far divertire alcuni giovanissimi. Poi ho collaborato alcuni anni con Luciano Menecola, storico ds di Baronchelli, alla Coemi, Negrini e Mecair. A quarant’anni scelsi di cambiare nuovamente vita ritornando a tempo pieno nel ciclismo, nel 93′, in qualità di Ds della Monsummanese dove ebbi il primo contatto con Paolo Bettini”.
L’ARRIVO NEL CICLISMO PROFESSIONISTICO E LE GRANDI SODDISFAZIONI
“Fu Gianni Savio, forse convinto della mia capacità di lavorare con i giovani, a convincermi ad abbandonare il dilettantismo per effettuare il salto nei professionisti. A dire il vero confesso che non era esattamente il mio sogno, ma Savio ha saputo togliermi ogni dubbio, aprendomi le porte del gotha del ciclismo, nel quale poi mi sono fermato per 12 anni. In questo lasso di tempo mi sono tolto tante soddisfazioni, queste sono forse le più importanti: dal vincere il Giro d’Italia con Paolo Savoldelli, al vincere con Ivan Quaranta una tappa con arrivo nella mia Parma, gustandomi l’arrivo dall’ ammiraglia”.
L’INCROCIO CON IL “PIRATA”
“In dodici anni nel ciclismo si è soliti cambiare squadra, anche senza un motivo. Un anno che non posso dimenticare di citare fu il 2003. In quella stagione, stavo creando una squadra e con Davide Boifava abbiamo dato vita alla Mercatone – Scanavino, dove ebbi l’onore di incrociare Marco Pantani, nella sua ultima stagione di corse. In quella stagione fui destinato alla cura ed alla formazione di giovani talenti come Moletta, Belotti e Ravaioli, ragazzi con i quale mi sono tolto numerose soddisfazioni”.
LA GESTIONE DELLE GARE DALL’AMMIRAGLIA
“La gestione delle gare dall’auto dipende solamente dalla squadra di ciclisti che si ha a disposizione e dal tipo di gara. Vi sono gare nelle quali va organizzata una strategia, con annesse fughe e quelle nelle quali serve strutturare una tattica di risparmio energetico, per poter concludere la tappa. Ogni gara è un’incognita, che può tramutarsi in un “dramma” o in una vera goduria. Importante è cercare di fare il massimo con intelligenza e attenzione per avere soddisfazioni anche secondo gli avversari in corsa “.
BETTINI: “L’AMERICANO”
“Il mio rapporto con Paolo Bettini è stato talmente particolare da meritare menzione a parte. Oltre che una bella persona, è sempre stato sin ragazzo un ciclista anche troppo generoso. Spesso mi sono ritrovato, in corsa, a doverlo bacchettare, per la sua predisposizione a spendere troppe energie, tanta grinta e scatti spesso inutili. Tante volte, dalla mia ammiraglia mi sono ritrovato a gridargli “smettila di fare l’americano”, che voleva dire di spendere meno.. Un aneddoto che anche Paolo, ha riportato nella sua biografia. Un ricordo che, a distanza di anni, ci ha sempre fatto sorridere molto”.
RIPORTARE I GIOVANI IN SELLA
“Per me i giovanissimi dovrebbero solo divertirsi, senza condizionamenti e tattiche. Vanno alimentati i sogni dei giovani, senza imporgli ruoli prestabiliti. Poi ragazzi, vanno educati e non essere gestiti come “carne da macello”.. Vanno corretti al sacrificio ma senza imbrigliarli in ruoli che poi potrebbero fargli perdere la passione.
ENRICO BONZANINI