Carpi: “Mister Promozioni” Castori sbanca con la sua biografia al Club Giardino

Scritto da il 3 Gennaio 2023

Mister Castori protagonista a Carpi di un evento letterario

 

Carpi

 

Una raccomandazione prima di cominciare: non fatemi piangere“.

Fabrizio Castori, attuale allenatore del Perugia, si è prestato con queste parole ieri sera a Carpi per presentare la sua biografia “Fabrizio Castori: la storia di mister promozioni” (edito da Minerva Edizioni). Il libro è stato scritto insieme a Massimo Boccucci (giornalista del Corriere dello Sport e Il Messaggero) e Simone Paolo Ricci (sociologo e genero di Castori), con una prefazione di Arrigo Sacchi. L’incontro (facente parte della rassegna di interviste con gli autori Sogna, Vola, Segna) si è tenuto intorno alle 18:30 nel Club Giardino e a fare da moderatore c’era il giornalista di TRC Stefano Michelini.

 

Il libro

Pubblicato il 9 settembre 2022, a partire dai primi di ottobre Castori e i due autori hanno girato luoghi e dintorni d’Italia dove il 68enne allenatore marchigiano ha lasciato il segno (ad esempio Lanciano, Cesena e recentemente Salerno) per presentare il libro. Finalmente è arrivato il turno di Carpi, la città dove Castori ha compiuto l’impresa più incredibile, mitica e totalmente inattesa della sua lunga carriera: la Serie A conquistata nella stagione 2014-2015 dominando il campionato di Serie B con 80 punti (+9 sul Frosinone secondo e +12 sul favoritissimo Bologna) e guidando l’indimenticabile squadra degli ImmortAli.

Un traguardo semplicemente impensabile per un club che era fallito nel 2000 e che fino al 2013 (in rare occasioni) aveva al massimo sognato di calcare i campi della Serie B. Il punto supremo dell’Era di Stefano Bonaccini, iniziata in Serie D nel 2009 e costruita con oculatezza dal direttore sportivo Cristiano Giuntoli, passato al Napoli proprio nell’estate del 2015 dopo 4 promozioni in sei anni.

La storia di Castori nella Città dei Pio ha anche note amare come la retrocessione dalla A nel 2016 con 38 punti, la Finale Play-off di Serie B persa nel 2017 contro il Benevento (nei turni precedenti, dove era obbligatorio vincere, furono eliminati Cittadella e Frosinone) e la retrocessione in Serie C nel 2019, ma l’affetto e la gratitudine nei suoi confronti non conoscono limiti. La fila dei tifosi per farsi firmare le copie del libro o scattare una foto ha allungato l’emozione del momento.

 

Carpi

 

L’evento e le dichiarazioni salienti

Mister Castori è stato accolto dagli applausi dei quasi 70 presenti nella sala conferenze del Club Giardino, compresa la moglie Paola e la figlia Alice (sposata con l’autore Ricci). L’evento è iniziato con la proiezione di un video celebrativo delle sue dieci promozioni dai Dilettanti fino alla Serie A con Carpi (2015) e Salernitana (2021), ma anche delle salvezze al limite dell’impossibile con Ascoli nel 2011 o Trapani nel 2020 (vanificata da una penalizzazione per ritardo nel pagamento degli stipendi). Poi sono cominciate le domande poste da Michelini agli ospiti riguardo la genesi di questo racconto lungo 42 anni e i ricordi/aneddoti da condividere. Ecco alcuni passaggi salienti.

 

. Fabrizio Castori, ex allenatore del Carpi e ora del Perugia.

Il mio Carpi era principalmente una squadra di giovani provenienti dalle categorie inferiori. Cristiano Giuntoli è stato il Deus ex machina, l’anima del percorso del Carpi dalla Serie D fino alla Serie A. Avevo un gruppo di lavoro fortemente motivato, votato al sacrificio e all’intensità. Non posso non citare persone fondamentali come Bonacini, il presidente Caliumi, Pompilio, Costi, Perrone, Nuti e Scala.

Giuntoli nel ritiro di Urbino dell’estate 2014 mi diceva che la squadra era fatta per me. Avevo dei giocatori con fame, altri senza un vissuto ed eravamo partiti senza grandi pretese. Col passare del tempo quel gruppo lo sentivo nel sangue. Quando Giuntoli tornò da Milano dopo il calciomercato, gli dissi che il Carpi era forte. Lui si mise a ridere (ride, n.d.r.). Non ci mancava l’autostima. L’ultimo rinforzo estivo fu Gabriel in prestito dal Milan. Gabriel fu una cosa grossa.

Il girone di andata lo avevamo vinto con 43 punti e con delle vittorie schiaccianti come contro Varese, Cittadella, Perugia e Catania. Per non parlare del 3-3 di Brescia in 9 contro 11, con tre rigori inventati dall’arbitro Merchiori per i nostri avversari. Ai ragazzi dissi che dovevano continuare a giocare e che il Brescia nemmeno con due calciatori in più ci avrebbe battuto. E così nel finale siamo passati da 3-1 a 3-3 con una doppietta di Inglese. Quel giorno siamo diventati Immortali.

Nel girone di ritorno abbiamo dominato con un gioco, a mio modo di vedere, spettacolare. Il mio calcio è intenso e bisogna saper correre. Al possesso palla prolungato e fine a sé stesso preferisco il calcio veloce in verticale per cercare la porta. Questo è il vero obiettivo del gioco. Ho rivisto prima l’azione del gol contro l’Inter di Lasagna al Meazza: perdevamo 1-0, eravamo in dieci (espulso Pasciuti, n.d.r.), però giocavamo a memoria, veloce, con tocchi rapidi e cercando il fondo.

Sono sempre stato un allenatore autodidatta. Quando ho iniziato ad allenare, i modelli erano Sacchi o Zeman. Io guardavo Sacchi e quando ero a Cesena ho potuto conoscerlo perché sua moglie è cesenate. Sacchi veniva a vedere spesso gli allenamenti e negli anni abbiamo mantenuto la nostra amicizia. La sua prefazione mi omaggia e mi fa piacere.

Dico sempre che bisogna essere convinti per essere convincenti. Mi sono sposato a 20 anni, a 22 già avevo due figli, lavoravo da ragioniere e il calcio era un hobby a cui potevo dedicarmi quando finivo di lavorare, prima da giocatore e poi da allenatore. Fino al 1998, quando andai a Lanciano in Serie D, avevo solo allenato nelle Marche e tra le varie cose avevo portato il Tolentino dall’Eccellenza alla Serie C2. Allora avevo tre figli e per fare questo passo decisi di lasciare il lavoro. In tre anni a Lanciano abbiamo vinto la Serie D, la C2 e perso una Semifinale Play-off per salire in Serie B (2003, n.d.r.).

Il campionato è come una corsa a tappe. Il Carpi che vinse la Serie B aveva una forza naturale, umiltà, fame e voglia di fare. Tutti credevamo di poter fare grandi cose. Gli allenamenti erano duri e analizzavamo tutti i particolari. In quel gruppo ho sempre sentito uno spirito positivo, propositivo e competitivo. Il Carpi era come un beduino nel deserto: il beduino cerca viveri ed espedienti per sopravvivere, quindi deve essere sveglio e scaltro. A Carpi dovevamo trovare le risorse in qualunque modo. Quello che abbiamo fatto succede una volta nella vita. Fu una promozione ineguagliabile e meritata.

Ci tengo a dire una cosa: ero convintissimo che la squadra si potesse salvare in Serie A. Questa è una ferita che mi porto dentro. Lo dico senza rancore, non parlo mai male di nessuno e non voglio spendere altri soldi per avvocati e querele (sorride, n.d.r.). In Serie A ci stavamo quasi salvando nonostante lo scriteriato mercato estivo. Solo noi siamo retrocessi in Serie B con 38 punti. Credo che il Carpi avrebbe potuto farsi 4-5 anni in A ed essere un nuovo Chievo. Molti dei miei ragazzi si sono poi affermati in A o in B. Porto sempre Carpi dentro di me. Qui c’erano idee, fame e una organizzazione straordinaria.

Nel 2016-2017 abbiamo riprovato a salire in Serie A e purtroppo non è andata bene la Finale Play-off contro il Benevento. Prima parlavo del 3-3 di Brescia, ma la Semifinale di ritorno vinta per 1-0 contro il Frosinone, con quella punizione di Letizia, resta una partita unica. Anche al Matusa abbiamo avuto un arbitraggio tutto a sfavore, due espulsioni e un rigore non dato su Di Gaudio. Dopo le espulsioni di Gagliolo e Struna, dissi a Scala che Lasagna doveva giocare da terzino sinistro. Matteo rispose che non lo aveva mai fatto quel ruolo e io risposi ‘Adesso lo impara!’. Noi, come contro il Cittadella nel Turno Preliminare, dovevamo solo vincere perché eravamo finiti settimi in classifica e il pareggio serviva solo al Frosinone. Fu un miracolo vero.

A Salerno mi sono trovato molto bene con Lotito. Per me è un grande presidente. Nella scorsa stagione di Serie A, prima dell’esonero, ho avuto la fortuna di allenare Ribery. Il campione vero è umile e non ti fa pesare di essere un campione. A 39 anni decise di venire alla Salernitana neopromossa dopo aver vinto tutto con il Bayern Monaco e fatto parte della Francia. Queste sono scelte che dimostrano grande umiltà, cultura del lavoro e che l’aspetto economico non conta più. Purtroppo era un po’ usurato fisicamente per via di alcuni infortuni. Lui lo sapeva, ma non ha mai fatto il personaggio. Mi chiese, per esempio, di non fargli giocare partite intere perché non poteva reggere, oppure di fare una sola seduta personalizzata invece di due. Frank è di una semplicità estrema.

La squalifica di tre anni, poi ridotta a due, dopo la rissa di Cesena-Lumezzane 2-1 (Finale Play-off di Serie C 2003-2004) fu un momento duro e difficile. Ho pagato anche per cose che non avevo fatto e tutte le televisioni parlavano male di me. Non voglio minimizzare il cazzotto (dato al giocatore Strada, n.d.r.), però sono stato attaccato in maniera pesante. Non mi sono mai buttato giù, ho saputo parare i colpi e deve ancora nascere chi mi ammazza. Ai miei giocatori dico che l’ostacolo è il momento della crescita. In quel momento, quella frase valeva pure per me. La mia punizione era più esagerata che ingiusta. Ho fatto mia una frase di Kennedy: ‘Perdona i nemici, ma ricorda i loro nomi’.

Il Cesena mi è sempre stato vicino. Alla Società non fregava nulla della squalifica. Il presidente Lugaresi mi disse ‘Due anni di squalifica, due anni di contratto’. Nel novembre del 2006 il direttore sportivo Foschi mi allungò il contratto di altri quattro anni. La città era tutta con me. Questi gesti furono grandi dimostrazioni di fiducia nei miei confronti. Non dimentico che ho lanciato nel grande calcio tanti giovani cresciuti nel vivaio, alcuni arrivati a grandi livelli. Mi dà fastidio tradire la fiducia che mi viene data.

Durante la squalifica, per non restare fermo, ho allenato dei ragazzi della comunità di San Patrignano. All’inizio pensavo che sarei rimasto poche settimane per aiutare, attraverso il calcio, i giovani che stavano uscendo dalla droga. Alla fine sono rimasto lì per tre anni, ci siamo iscritti al campionato di Terza Categoria e nell’ultima stagione siamo saliti in Seconda Categoria. Voglio chiarire che non ho usato Sanpa per riabilitarmi. Questa è un’altra infamia che ho dovuto ascoltare. Non mi piace fare la vittima, ma nemmeno passare per quello che non sono.

L’unico campionato che non ho vinto è la Seconda Categoria. Non so se allenerò lì, ma non mi passa per l’anticamera del cervello la fine della carriera. Non vivo di ricordi, non mi piace vivere di luce riflessa o di gloria passata. Smetterò quando mi sentirò appagato. Voglio sempre migliorare: questa è la benzina della passione che coltivo per il pallone da quando ero piccolo“.

 

. Massimo Boccucci, giornalista e scrittore.

Quando mi chiesero di seguire il Carpi in Serie B, al Corriere dello Sport nessuno lo calcolava e in alcune classifiche venne inserito all’ultimo posto, quindi destinato alla retrocessione. Nella stagione 2014-2015 ho vissuto una favola e dire che mi sono divertito è riduttivo.

L’idea di scrivere questo libro è nata dopo la decima promozione, la seconda per Castori in Serie A, ottenuta con la Salernitana nel 2021. Il 10 è un numero perfetto e, parlando con il mister e Ricci, era il momento ideale per raccontare una storia che parte da lontano. Purtroppo a volte nel calcio c’è troppa fretta e si esonerano gli allenatori senza considerare il lavoro fatto prima.

Questa è una storia per grandi, ma anche per bambini. Penso che il libro dovrebbe essere portato nelle scuole perché Castori si è conquistato tutto sul campo ed è un esempio educativo. Senza aver giocato in Serie A o in Nazionale, è riuscito a scalare tutte le categorie del calcio italiano e tuttora allena ad alti livelli.

La prefazione di Arrigo Sacchi omaggia prima l’uomo che l’allenatore. Castori è un esempio di meritocrazia: quando fece l’esame scritto a Coverciano finì al primo posto, mentre lui credeva di essere finito tra gli ultimi in una graduatoria di 20 persone. Sacchi nel Parma ottenne al primo anno una promozione in Serie B vincendo la Serie C1 e una salvezza, poi nel 1988 Berlusconi lo portò tra scetticismo di molti al Milan. In un incontro alla Bocconi gli chiesero ‘Come fa ad allenare il Milan senza aver mai giocato in Serie A?’ e Sacchi rispose sorridendo ‘Si può essere ottimi fantini senza essere stati prima dei cavalli’ (ride, n.d.r.). Castori non ha avuto la fortuna di trovare un Berlusconi, ma ovunque è andato ha trovato presidenti che gli hanno dato fiducia e sono stati ripagati ampiamente con i risultati e la valorizzazione dei tanti giovani che ha lanciato.

Castori ha dimostrato che si può vincere in ambienti diversi come Carpi e Salerno. A Cesena, la città che più di tutte accentra il calcio della Riviera Romagnola, viene considerato come il sindaco e gli anni della squalifica hanno fortificato quel legame. Non è uguale vincere a Carpi, una città industriale dell’Emilia, senza pressioni e con una tifoseria più piccola; o vincere a Salerno, una delle tantissime città del Sud Italia che vive il calcio con calore e talvolta lo vede come unico mezzo per sfuggire a realtà difficili.

Mentre allenava il San Patrignano in Terza Categoria, Castori era sotto contratto con il Cesena, ma non poteva sedere in panchina per la squalifica. Un giorno disse ‘Sono l’unico allenatore del mondo con due squadre e senza panchina’. Quel periodo servì a fortificare l’unione con la tifoseria bianconera e fu un momento cruciale per costruire il bene che ha fatto dopo. Al Manuzzi, nella Curva Mare, ci sono 5 mila ultras che urlano il suo nome appena lo vedono apparire.

Per me è stato bellissimo tornare qui. Vivere e scrivere sul Corriere di quella promozione in Serie A fu una cosa fantastica. Viva Carpi, isola felice!“.

 

. Simone Paolo Ricci, sociologo e scrittore.

Sono molto felice ed emozionato di essere a Carpi, una città che racchiude la carriera di Castori. Una carriera in panchina iniziata a 26 anni dalla serie minori delle Marche fino al raggiungimento della Serie A con il Carpi all’età di 60 anni. Quella squadra vinse la Serie B con 80 punti avendo il penultimo monte ingaggi e diede sonore lezioni a squadre storicamente ed economicamente più attrezzate come, per esempio, il Bologna che era dato per favorito.

Per non parlare poi della stagione in A: in estate la rosa fu smantellata, poi nel girone di ritorno furono fatti 28 punti e la salvezza sfumò in quella sfortunata partita contro la Lazio alla penultima giornata, quando Mbakogu sbagliò due rigori. Nel 2016-2017 in Serie B si fece un’altra impresa in quella Semifinale Play-off di ritorno contro il Frosinone, vinta per 1-0 con un arbitraggio contro e la punizione di Letizia all’84’. Purtroppo nel 2019 non fu evitata la retrocessione 

Pensiamo che sia venuto fuori un bel libro. Ho vissuto la stesura come scrittore e non come membro della famiglia Castori da ormai 17 anni. Il mister è cresciuto in un contesto valoriale che lo fa andare oltre. Nel primo capitolo ci sono riferimenti importanti alla famiglia. Quando l’uomo si trova davanti dei muri, guarda alle origini e alla fame. Questo è un aspetto fondamentale tra un fuoco di paglia e una carriera in panchina lunga 42 anni. Castori ha stabilito grandi rapporti umani dappertutto perché la gente si identifica con lui.

Castori ha sempre dovuto dimostrare qualcosa anche quando già aveva dimostrato. Si mise in gioco per la prima volta nel 1980 alla Belfortese in Seconda Categoria. Lasciare il lavoro di ragioniere per iniziare ad allenare è stata una scelta di vita da valutare con attenzione. Prima di Lanciano non aveva mai allenato fuori dalle Marche, eppure lì ottenne due promozioni tra fine anni Novanta e primi Duemila. A Cesena, piazza con maggiore pressione, gli avevano dato come obiettivo la promozione in Serie B, la raggiunse nel 2004, ma in panchina ha potuto sedersi solo nel 2006. A 60 anni ecco il miracolo col Carpi e la prima volta in Serie A, dove fu esonerato dopo 2 punti in 6 giornate e richiamato quasi immediatamente per cambiare rotta

Ho vissuto tre anni splendidi a Carpi. Ricordo tante cose: Mbakogu che nel girone di andata era inarrestabile, Lasagna protagonista nel girone di ritorno, i vari Letizia, Gagliolo, Lollo trequartista… Partite come quelle contro Brescia, Juventus al Braglia dove Lollo si mangiò il 3-3 allo scadere, il pari di Lasagna al 92′ contro l’Inter al Meazza, l’Ottavo di Finale vinto al Franchi contro la Fiorentina, la Semifinale Play-off di Frosinone… Infine, la stampa internazionale che parlava del Carpi e della città di Carpi come mai era accaduto prima“.

 

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