IVA, confermati i termini di emissione delle note di variazione: “Speriamo sia la volta buona”

Scritto da il 22 Agosto 2021

Daniele Franco Decreto Sostegni Bis conferenza stampa

20 maggio 2021 Roma, Conferenza stampa del Presidente del Consiglio sul decreto Sostegni bis. Nella foto il Ministro dell’economia Daniele Franco (Foto Pool / AGF)

 

La Legge 106/2021 di conversione del decreto Sostegni-bis ha confermato – speriamo in modo definitivo – i termini di emissione delle note di variazione IVA nel caso in cui il cliente (cessionario o committente) non paghi il corrispettivo e venga assoggettato ad una procedura concorsuale.

Per effetto delle modifiche apportate al DPR 633/72, diviene ora possibile in tempi rapidi per il cedente o prestatore, emettere la nota di variazione in diminuzione e recuperare almeno l’IVA corrisposta all’erario ma mai incassata dal cliente.

Con questa norma, infatti, in caso di mancato pagamento (anche parziale) del corrispettivo da parte del cessionario, si potrà rettificare da parte del fornitore l’IVA a debito a decorrere dalla data in cui quest’ultimo è assoggettato a una procedura concorsuale.

Il momento di emissione della nota di variazione viene quindi individuato nella data della sentenza dichiarativa di fallimento o nella data del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo o nella data del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa o del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.

La nuova disciplina si applica alle procedure concorsuali aperte dopo il 26 maggio 2021 (data di entrata in vigore del DL 73/2021), non essendo stata estesa, nemmeno in sede di conversione in legge, alle procedure iniziate prima della suddetta data e non ancora concluse.

Per le “vecchie” procedure ai fini dell’emissione della nota di variazione IVA rimane in vigore la precedente normativa per la quale era necessario attendere il momento in cui la procedura concorsuale (il più delle volte il fallimento) avesse oggettivamente manifestato la propria “infruttuosità”.

Secondo la versione precedente dell’articolo 26 D.P.R. 633/1972, l’emissione della nota di credito relativa a fatture emesse nei confronti di clienti assoggettati a procedure concorsuali, era appunto possibile solo con la conclamata infruttuosità della procedura o dell’accordo di ristrutturazione dei debiti.

Il momento di certezza giuridica, a partire dal quale era quindi possibile emettere una nota di credito e recuperare l’IVA versata all’erario e mai incassata dal cliente, nell’ambito del fallimento veniva quindi individuato dal:

  1. decreto con cui il giudice approvava il piano di riparto, proposto dal curatore, rendendolo esecutivo trascorso il termine di 10 giorni per le osservazioni dei creditori;
  2. decreto di chiusura del fallimento, soggetto a reclamo (articolo 119 L.F.), nei casi di chiusura del fallimento stesso di cui all’articolo 118 del decreto.

Pertanto, al fine di individuare l’infruttuosità della procedura occorreva fare riferimento alla scadenza del termine per le osservazioni al piano di riparto, oppure, ove non fosse stato, alla scadenza del termine per il reclamo al decreto di chiusura del fallimento stesso.

Dati i tempi delle procedure concorsuali in Italia, è chiaro che il fornitore oltre al danno del mancato incasso del credito spettante (imponibile + IVA) si ritrovava a subire la beffa di non poter recuperare in tempi ragionevoli nemmeno l’IVA versata all’erario e mai introitata.

Peraltro già il filone interpretativo della giurisprudenza – fondato sulla Corte di Giustizia Ue 23 novembre 2017 e suffragato solo nel 2020 dalla Cassazione, riteneva cha la variazione dell’IVA in diminuzione non richiedesse la certezza dell’irrecuperabilità del credito derivante dall’infruttuosità della procedura fallimentare, qualora quest’ultima potesse avere una durata superiore a 10 anni, come si verifica generalmente in Italia.

Speriamo sia la volta buona almeno per le nuove procedure.

Non è la prima volta che lo Stato prende in considerazione la problematica del recupero dell’IVA indebitamente versata da parte del fornitore che si trova costretto ad anticipare somme all’erario che mai ha incassato dal cliente.

Già la Legge 28 dicembre 2015, n. 208 (cd. ‘Legge di Stabilità 2016’) era intervenuta a modificare l’articolo 26 del D.P.R. n. 633/1972 che regolava le variazioni in aumento o in diminuzione dell’imponibile e dell’IVA, in relazione alla possibilità di recupero dell’IVA nei casi di mancato pagamento dei corrispettivi.

In particolare, le disposizioni che erano state introdotte:

  1. i) anticipavano alla data di assoggettamento alla procedura concorsuale, il momento in cui il creditore aveva la possibilità di recupero dell’IVA nei confronti del debitore, senza attendere l’esito della stessa;
  2. ii) identificavano in maniera puntuale il momento in cui le procedure esecutive a carattere individuale potevano considerarsi infruttuose e legittimare quindi il recupero dell’IVA addebitata al debitore.

Le nuove disposizioni dovevano entrate in vigore dal 1° gennaio 2017.

Invero, la “Legge di Bilancio 2017” aveva (ahimè), di nuovo modificato l’articolo 26 del D.P.R. n. 633/1972, abrogandolo prima dell’entrata in vigore al fine di ripristinare le vecchie regole secondo le quali l’emissione di nota di credito I.V.A. (per ‘recuperare’ in detrazione l’IVA indicata nella corrispondente variazione in diminuzione), risultava possibile solo al momento della conclusione infruttuosa delle procedure predette.

Nel 2017, quindi, anche in un contesto di crisi globale e di aumento importante della numerosità dei fallimenti dichiarati e delle procedure concorsuali, in genere, si era preferito (in sordina) far prevalere le necessità di cassa a quelle di civiltà e certezza dei tempi del diritto.

Ci voleva forse il COVID 19 per introdurre una norma di buon senso che già più volte era stata disattesa.

Il DL 73/2021 ha quindi recepito (speriamo in modo definitivo) un principio di civiltà e tempestività nei rapporti commerciali in un momento di fortissima crisi economica, stabilendo che qualora il corrispettivo del rapporto commerciale tra fornitore e cliente fallito (in tutto o in parte) venisse pagato successivamente alla data di avvio della procedura concorsuale, solo allora il fornitore sarà obbligato ad effettuare una variazione in aumento, al fine della rivalsa dell’imposta da riversare all’erario.

 


Giordano Borghi è iscritto all’Albo dell’Ordine Dottori Commercialisti della Circoscrizione del Tribunale di Modena n. 37/2002. Specializzato in consulenza fiscale, tributaria, societaria si occupa, inoltre, di consulenza aziendale e controllo di gestione. Relatore in numerosi ciclici e corsi di aggiornamento professionale, meeting in temi di accertamento e contenzioso. Maggiori informazioni sul sito www.mcstudioborghi.it

 

 

 

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