Valentino Rossi e il grande rimpianto di non aver saputo dire “stop”

Scritto da il 9 Aprile 2021

 

© Foto Marco Canoniero / AGF

Quando si è capaci di divenire un’icona di un intero mondo, quello del motociclismo, guadagnando l’immortalità a suon di titoli mondiali, dire “basta” potrebbe rivelarsi il passo più complesso e doloroso.

Osannato dal pubblico e conteso da sponsor e organizzatori, Valentino Rossi è un brand planetario sostenuto e spinto come i grandi miti dello sport da Michael Jordan a Mohamed Alì.

Tuttavia il mito, negli ultimi tre anni, è in contrasto con un eloquente declino sportivo. Nessuno lo dice apertamente: non lo vogliono dire gli addetti ai lavori, che hanno costruito le loro carriere sull’esaltazione di questo mito e nemmeno lo dicono i suoi tifosi che lo hanno sempre seguito in questa lunga corsa che dura da oltre 20 anni.

VR46, che ha abituato tifosi ed appassionati a gare vissute da protagonista, con rimonte e sorpassi da cardiopalma, arranca nelle posizione di fondo griglia superato con slancio da altri piloti più giovani, con la stessa moto, ma armati dalla tipica fame di trovare un posto al sole.

Tutto questo non è un male o un colpa: a 40 anni, anche se le motivazioni e la passione restano, il fisico risponde meno prontamente di quando si è giovani e anche solo adattarsi ai cambiamenti diviene più difficile.

Vale, a questo punto ha tutto da perdere: la sua immagine di campione principalmente, costruita duramente negli anni a cui tanti appassionati sono legati.

Un’icona destinata a rimanere sempre alla ribalta, non sparirà nell’oblio, come è successo altri campioni, sarà  sempre protagonista del circo della Moto GP tanto che, Carmelo Ezpeleta tempo fa ha dichiarato che lui è disposto a fargli ricoprire qualsiasi figura dirigenziale preferisca.

Lui parla di continuare anche il prossimo anno,  ma se questi sono i presupposti, non è uno spettacolo edificante ne per lui ne per chi lo ha tanto amato.


 

 


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