Crisi della bovina, le contromisure di Confagricoltura Mantova. Stancari: “Fare presto, il settore è a rischio”

Scritto da il 13 Maggio 2021

 

Allevamenti dimezzati nel giro di vent’anni, costi produttivi in grande aumento, non supportati da un equilibrato rincaro nel prezzo dei bovini, e campagne denigratorie perpetrate sempre più spesso dai media. Non sono momenti facili quelli che sta vivendo il settore dei bovini da carne, riassunti in un documento che la sezione provinciale di Confagricoltura Mantova ha stilato al termine dell’ultima riunione: «La situazione è delicata – spiega la presidente di sezione Elide Stancari – i costi produttivi sono lievitati, per effetto soprattutto della grande crescita nell’ultimo anno delle quotazioni di mais, +42%, e soia, +88%.

A tutto ciò però non è corrisposto un aumento del prezzo dei bovini, salito solo dell’1,8%. Oggi per gli allevatori produrre un chilo di carne costa tra i 2,7 e i 2,8 euro, senza contare il costo del ristallo. Lo stesso chilo, a peso vivo, viene pagato tra i 2,7 e i 2,9 euro. Lavorare così dunque è impossibile, la situazione è troppo sbilanciata».
L’incidenza negativa sul settore è determinata anche da altre cause, come ad esempio l’inefficacia del sistema di etichettatura della carne, che «non ha mai funzionato, fatto così è solo un appesantimento burocratico per le aziende», o lo strapotere della Gdo, che sempre più spesso propone sui suoi banchi tagli provenienti da Spagna, Polonia o altri paesi (anche extra Ue). Vi è poi la questione mediatica: «Giornali e televisioni – prosegue Stancari – tacciano il nostro settore come poco sostenibile dal punto di vista ambientale e poco rispettoso del benessere animale. Si tratta di falsità ovviamente, non supportate da alcun fondamento scientifico, ma tanto basta per gettare fango sul lavoro di migliaia di allevatori. Dobbiamo reagire quanto prima».

Ed ecco allora che la sezione provinciale carni bovine di Confagricoltura Mantova avanza due proposte: «Innanzitutto la pronta erogazione degli aiuti di filiera per far fronte alla crisi Covid, rimasti ancora sulla carta, e il loro ampliamento anche all’annata 2021. E poi l’istituzione, su scala nazionale possibilmente, di una settimana/giornata della zootecnia, tramite la quale aprire le porte degli allevamenti alle testate giornalistiche e televisive al fine di operare una corretta informazione sulla reale condizione di innovazione, benessere e sostenibilità
degli allevamenti da carne. Tutto questo il prima possibile, il nostro settore rischia di scomparire».

 


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