La diffusione pandemica del Covid-19, nel lungo periodo, ha determinato un aumento sostanziale e considerevole dei costi di produzione delle coltivazioni agricole e degli allevamenti. A dirlo è l’ultimo rapporto del Centro Studi di Confagricoltura (base dati Ismea), che ancora una volta fotografa alla perfezione il momento che il settore sta attraversando.
Prima di procedere con l’analisi della situazione, è necessario fare un salto indietro di qualche mese, per capire le ragioni che hanno portato all’innalzamento dei prezzi. Le misure di contenimento varate per arginare la pandemia hanno portato inevitabilmente ad un calo del prezzo del petrolio, e con esso delle materie prime derivate, come benzina e gasolio. L’economia mondiale, in questo periodo, ha subito un importante fenomeno di
recessione/deflazione, che si è poi arrestato con la riapertura delle attività.
La tanto attesa ripartenza ha creato una serie di rallentamenti nelle forniture dei beni e delle materie prime, come il petrolio, portando dunque ad una rapida ascesa dei prezzi. E il settore primario, così come tutti gli altri comparti, non è rimasto indenne da questa crisi. In generale, i costi di produzione dell’agricoltura sono cresciuti dell’8,7% nel confronto tra settembre 2020 e settembre 2021 con, nello specifico, un +9,2% per quanto riguarda le coltivazioni e un +8,1% per quanto riguarda gli allevamenti. Nel periodo di riferimento, il dato più alto lo hanno toccato i lubrificanti, con un +51,2% rispetto ad un anno fa. Subito dietro l’energia elettrica, con un rincaro del 38,2%, i prodotti energetici come gas o metano (+27,6%), i carburanti (+21,2%), i fertilizzanti (+18,1%) e i mangimi (+11,5%).
In base a questi parametri, è stato possibile calcolare i rincari riferiti ad ogni settore produttivo, per quanto riguarda in primis le coltivazioni. A battere tutti è il riso, con un +19,2% rispetto al settembre di un anno fa, ma fanno registrare aumenti a doppia cifra anche la frutta in guscio (+11,1%), il frumento (+11%), il mais (+10,2%) e le orticole (+10,1%). Per quanto riguarda la zootecnia, il settore avicolo è stato oggetto di pesanti rincari, per effetto dell’aumento dell’energia necessaria per riscaldare i capannoni, con l’allevamento di capi da carne a +16,8% e l’allevamento di galline ovaiole a +15,8%. In forte rialzo anche i suini (+10,2%), le vacche da latte (+8,8%) e i bovini da carne (+4,3%).
Al tempo stesso però, l’aumento dei costi di produzione è stato accompagnato da un incremento nei listini agricoli. I dati Ismea fanno riferimento agli ultimi due trimestri di quest’anno: «Non possiamo ignorare – spiega Alberto Cortesi, presidente di Confagricoltura Mantova – che negli ultimi tre mesi di quest’anno i prezzi della borsa merci sono cresciuti in media del 15%, con i prodotti vegetali a +20% e quelli zootecnici a +10%. I nostri produttori dunque, più i cerealicoltori che gli allevatori, sono riusciti ad assorbire meglio i forti rincari nei costi produttivi, anche se gli allevatori sono più sensibili a queste situazioni, essendo dipendenti da un numero maggiore di prodotti. È fondamentale che gli imprenditori agricoli, primo e fondamentale anello della filiera, vengano sempre valorizzati a dovere e possano affrontare al meglio questi tempi difficili».
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