Rewind – Dai Nirvana ai Foo Fighters, un viaggio lungo vent’anni (parte prima)

Scritto da il 10 Giugno 2022

 

Il 26 marzo 2022 arriva quella notizia che non ti aspetti. Quella notizia alla quale non credi: Taylor Hawkins, il batterista dei Foo Fighters, è stato trovato morto in un hotel di Bogotà.

Un duro colpo per tutta la band e per tutti i fan, ma per Dave Grohl è qualcosa di più profondo. È un fulmine a ciel sereno che, molto probabilmente, lo riporta con la mente a quel maledetto 8 aprile del 1994, quando il corpo di Kurt Cobain, frontman dei Nirvana, fu ritrovato privo di vita nel garage della sua casa sul lago Washington.

Questo appuntamento di Rewind è dedicato a due album importantissimi, per me e per il mondo della musica: “Nevermind” dei Nirvana e “Wasting Light” dei Foo Fighters.

Mettetevi comodi e preparatevi a riscoprire due album temporalmente lontanissimi tra loro, poiché il primo è stato pubblicato nel 1991 mentre il secondo nel 2011, ma così vicini musicalmente e così fratelli. Prima di scoprirli però dobbiamo fare un salto indietro: riavvolgiamo il nastro fino all’inizio degli anni Novanta.

Ascolta “Rewind – Dai Nirvana ai Foo Fighters, un viaggio lungo vent’anni (parte prima)” su Spreaker.

Kurt Cobain

“Nirvana significa liberazione dal dolore, dalla sofferenza e dal mondo esterno e questo si avvicina al mio concetto di punk.”

In questa affermazione di Kurt Cobain c’è tutto quello che sarà la musica della band di Washington. Il frontman desiderava un nome che esprimesse un concetto gradevole e pacifico ed il loro debutto nel 1989, con l’anonimo album “Bleach”, uno dei tanti prodotti dell’etichetta indipendente Sub Pop, ha tutte le caratteristiche del Seattle Sound, quello che poi verrà chiamato grunge: l’eredità dell’hardcore punk californiano auto-prodotto di inizio decennio, atmosfere nichiliste e cupe ed un alternative rock saggiamente rimaneggiato per stuzzicare le radio ma senza rimanerne intrappolato.

In Bleach c’è già tutto ciò che, due anni dopo, renderà i Nirvana di “Nevermind” la band rock più importante del pianeta, ma mancano ancora alcuni elementi fondamentali. Principalmente due: primo, il batterista Dave Grohl, che entrerà nel gruppo solo nel 1990, portando con sé la ritmica potente caratteristica delle produzioni successive del gruppo; secondo, il produttore Butch Vig, vero artefice (al mixer) di quel sound alternativo, ma assolutamente coinvolgente, che diverrà il tratto distintivo di un’intera generazione.

Nevermind

Il titolo del secondo album, uscito per la Geffen Records cui i tre approdarono anche grazie ai Sonic Youth, in seguito a disaccordi con la Sub Pop, può essere tradotto in non importa e si riferisce al distacco dei giovani dai problemi reali. Forse, e più esplicitamente, menefreghismo rende meglio l’idea. “Nevermind: non ci pensare.”

La musica di questo full length è una micidiale mistura di indicibile angoscia, inquietudine, frustrazione e dolore che scaturisce nota dopo nota, come lava da un vulcano, avviluppando l’ascoltatore in antitetiche atmosfere a volte pacate, quasi eteree, ed altre convulse, rabbiose e pregne di devastazione interiore.

Il tutto riassumibile nei primi secondi della prima traccia, “Smells Like Teen Spirit”, forse il pezzo rock più conosciuto degli anni 90: è rabbia, inquietudine e dolore.

L’altro tratto distintivo ed iconico dell’album è la sua copertina che non può non colpire la nostra immaginazione: il piccolo Spencer Elden all’età di quattro mesi, ritratto in una piscina mentre abbocca ad un’esca da un dollaro.

Quella foto di Kirk Weddle venne pagata alla famiglia Elden 150 dollari: nessuno poteva immaginare che sarebbe diventata una delle immagini simbolo del grunge, del rock, forse della musica.

L’obiettivo dell’album era vendere 250.000 copie, ma si andò ben oltre. Per capirci: nel gennaio del 1992 il disco scalzò dalla prima posizione delle classifiche di vendita americane un certo “Dangerous” di Michael Jackson e ad oggi ne sono state vendute oltre 30 milioni di copie in tutto il mondo.

Un’ora di pezzi semplici tecnicamente, trasformati in capolavori del rock dalla voce tremolante, rauca e timorosa di Cobain.

“Smells like teen spirits”, con la sua violenza punk, il riff di chitarra, la struttura pop e il testo rappresenta il malessere neanche tanto celato di Kurt Cobain e di milioni di giovani che come lui si sentivano ultimi, incazzati e senza futuro. Uno schifo, insomma.

Il testo è quasi non-sense, ma ormai non importa cosa dice Cobain, importa come lo dice. Infine, l’assolo, che richiama la linea melodica della voce, suonato davvero con cuore. Fu il primo singolo e fu l’inizio del fenomeno a livello planetario: il grunge sbarcò su Mtv ed i giovani iniziarono ad indossare jeans strappati e camicie di flanella.

In Bloom

Se si rimane sconvolti dal ciclone “Smells Like Teen Spirit”, dopo pochissimi istanti di tregua inizia un altro capolavoro: “In Bloom”. Le prime parole, mormorate su un giro di basso laconico e depresso, sono la rappresentazione migliore del disagio di Cobain: terzo singolo estratto ed anche qui un riff di chitarra punk-rock, la voce rauca di Kurt, il testo polemico e poi l’assolo acidissimo, e il ritornello, con quell’urlo che introduce una melodia semplice, indimenticabile e quasi epica.

Come As You Are

Ma il dolore non è solo rabbia. A ricordarcelo è il secondo singolo “Come As You Are”, malinconica depressione di un giro di basso che è leggenda: semplicissimo e come tutte le cose semplici, geniale. La mania di Cobain di accordare gli strumenti mezzo tono sotto l’accordatura standard trova qui una valida spiegazione: il pezzo suona straniante (o forse è meglio dire straziante?) come non mai.

Breed

Si giunge così, tra un feedback ed un altro, a “Breed”: pezzo carico di adrenalina con la batteria di Grohl che ricorda uno schiacciasassi!

Lithium

“Lithium” fu il terzo singolo, un altro brano con la stessa magica combinazione tra irruenza, strofa/ritornello, voce timorosa di Cobain ed un testo che parla di religione e del litio per curare gli sbalzi d’umore.

Polly

“Polly” è solo chitarra acustica e voce di Kurt, per rilassare l’ascoltatore, provato dal muro di suono dei pezzi precedenti, ma c’è poco tempo per riprendere le forze. Due pugni dritti nello stomaco, dolorosi e senza regole: “Drain you” con il suo intramezzo noise ispirato ai fratelli maggiori Sonic Youth e soprattutto “Territorial pissing” e la sua leggendaria l’esecuzione incendiaria al Saturday Night Live nel 1992 dove Cobain trafigge un amplificatore con la sua chitarra, Grohl distrugge la batteria e Novoselic gliela tira addosso.

In “Lounge act” a farla da protagonista è soprattutto il basso di Krist, più presente del solito. Si arriva a “Stay Away”: pezzo, che si potrebbe definire “da pogo”, se solo fosse mai stato suonato dal vivo, in cui Dave Grohl dà il meglio di sé.

On A Plain

Ci si avvicina alla fine, introdotta da “On A Plain”: due accordi, chitarra acustica e la voce di Cobain cupa all’inverosimile, su un testo che racconta i giorni trascorsi sotto un ponte dal frontman nella sua adolescenza. Che sia accaduto nella realtà o solo nel cuore del giovane Kurt poco importa, il testo è uno dei più toccanti e desolanti scritti da Cobain.

Endless, Nameless

Alla fine di quest’ultima ci sono dei lamenti che anticipano l’ultima traccia, immensa: “Endless, Nameless” ghost-track (giustamente non segnalata, non come spesso avviene in tempi recenti) di quasi sette minuti, non presente nelle prime copie dell’album a causa dell’errore di un discografico. Sette minuti di urla selvagge e dissonanze tremende. Rabbia allo stato puro.

I Nirvana

Siamo giunti alla fine e succede che i Nirvana diventano eroi underground che s’incamminano nella terra dei giganti.

Nevermind è importante perché è stata un’enorme svolta stilistica per la musica: improvvisamente, tutti volevano sembrare i Nirvana ed il grunge divenne molto popolare a causa del suo successo.

In un certo senso, Nevermind ha mostrato che era possibile scalare le classifiche senza avere particolari abilità con lo strumento, dimostrando che la musica non era solo capelli lunghi e pantaloni di pelle come negli anni ’80.

È difficile analizzare l’opera della band estraendola dal contesto mitizzante che il suicidio di Kurt Cobain ha contribuito a far creare dall’industria del disco.

In seguito alla morte di Cobain, Grohl si ritirò per un certo periodo dalle scene, incerto sul suo futuro… Ma di questo, ne parleremo meglio nella prossima puntata.

[Continua…]

 

“Rewind” è un appuntamento mensile con gli album che hanno fatto la storia della musica: un viaggio attraverso gli anni alla ricerca di quelle pietre miliari che tanto hanno saputo cambiare lo scenario musicale, scolpendo in modo indelebile la figura di un artista o di una band nell’immaginario culturale, consacrandoli per sempre a miti della musica.

 

Nicola Morgan Sgarbi

 

Nicola “Morgan” Sgarbi classe ‘92, da sempre appassionato di tutto ciò che è nerd e musica, decide di fare diventare questa passione il suo lavoro.

Dal 2014 è docente di chitarra elettrica, acustica, musica d’insieme e propedeutica musicale presso la Fondazione Scuola di Musica “Carlo e Guglielmo Andreoli” di Mirandola, nonché co-organizzatore del concorso musicale “Mirandola Rock” e uno dei coordinatori del progetto “A scuola di Rock” della Fondazione stessa.

Ha suonato in svariati gruppi e formazioni musicali nel corso della sua adolescenza. Al momento suona come chitarrista nei seguenti progetti:

  •  “Coro Moderno Mousiké” della Fondazione “Andreoli”
  •  quartetto acustico “Pull Lovers”
  • duo acustico “MorgAnn”
  • “Pahann” progetto solista in cui è arrangiatore e produttore assieme a Cam Alchemy

 

 


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