Il capolavoro di Carlo Goldoni dal titolo “La Locandiera” arriva domani al Teatro Sociale di Mantova fa il Sold Out
Si preannuncia un grande successo di pubblico per lo spettacolo “La Locandiera” al Teatro Sociale di Mantova il prossimo 26 novembre: l’appuntamento mantovano con il capolavoro di Carlo Goldoni ha infatti già registrato il tutto esaurito a una settimana dallo spettacolo.
Un SOLD OUT che dimostra il grande affetto e interesse del pubblico verso lo spettacolo e la cultura, che in teatro trova un’espressione sublime e irripetibile in un’atmosfera indimenticabile.
“La Locandiera”, che vedrà in scena nelle vesti della protagonista Sonia Bergamasco, racconta la storia di Mirandolina la quale, seduta sul letto di morte del padre, riceve in eredità la Locanda, ma anche l’ordine di sposarsi con Fabrizio. La volontà del padre di proteggere la Locanda, trova in Mirandolina una donna in grado di sconfiggere l’universo maschile e di annientare l’aristocrazia, nobilitando i commercianti e gli artisti, accendendo la luce sulla riscrittura della storia teatrale.
Ad affiancare Sonia Bergamasco sul palco, un grande cast di attori: Ludovico Fededegni nei panni del Cavaliere di Ripafratta, il mantovano Giovanni Franzoni nelle vesti del Marchese di Forlipopoli, Francesco Manetti che interpreterà il Conte di Albafiorita, Marta Cortellazzo Wiel nel personaggio di Ortensia, Marta Pizzigallo nei panni di Dejanira, Annibale Pavone in quelli di Fabrizio, e Gabriele Pestilli in quelli del servitore. La regia di Antonio Latella esalta il potere narrativo e simbolico di un’opera travolgente e contemporanea, rendendo omaggio alla forza contemporanea impressa originariamente da Goldoni.
L’appuntamento con “La Locandiera” è quindi per martedì 26 novembre, al Teatro Sociale di Mantova, per una serata di grande spettacolo e grandi emozioni.
Lo spettacolo
Nel testo goldoniano il tema dell’eredità è il punto cardine di tutto.
Mirandolina seduta sul letto di morte del padre riceve in eredità la Locanda, ma anche l’ordine di sposarsi con Fabrizio, il primo servitore della Locanda. In questo credo che ci sia una inconsapevole identificazione del padre con il servo, come erede virtuale in quanto maschio. Più che un uomo per la figlia, il padre sceglie un uomo per la Locanda, un uomo pronto a tutto pur di proteggere la Locanda.
Credo che Goldoni con questo testo abbia fatto un gesto artistico potente ed estremo, un gesto di sconvolgente contemporaneità: innanzitutto siamo davanti al primo testo italiano con protagonista una donna, ma Goldoni va oltre, scardina ogni tipo di meccanismo, eleva una donna formalmente a servizio dei suoi clienti a donna capace di sconfiggere tutto l’universo maschile, soprattutto una donna che annienta con la sua abilità tutta l’aristocrazia.
Di fatto Mirandolina riesce in un solo colpo a sbarazzarsi di un cavaliere, di un conte e di un marchese. Scegliendo alla fine il suo servitore come marito fa una scelta politica, mette a capo di tutto la servitù, nobilita i commercianti e gli artisti, facendo diventare la Locanda il luogo da dove tutta la storia teatrale del nostro paese si riscriverà, la storia che in qualche modo ci riguarda tutti. Goldoni fa anche un lavoro sulla lingua, accentuando un italiano toscano.
Per essere Mirandolina bisogna essere capaci di mettersi al servizio dell’opera, ma anche non fare del proprio essere femminile una figura scontata e terribilmente civettuola, cosa che spesso abbiamo visto sui nostri palcoscenici. Spesso noi registi abbiamo sminuito il lavoro artistico culturale che il grande Goldoni ha fatto con questa opera, la abbiamo ridimensionata, cadendo nell’ovvio e riportando il femminile a ciò che gli uomini vogliono vedere: il gioco della seduzione. Goldoni, invece, ha fatto con questo suo testamento, una grande operazione civile e culturale.
Siamo davanti a un manifesto teatrale che dà inizio al teatro contemporaneo, mentre per una assurda cecità noi teatranti lo abbiamo banalizzato e reso innocente. La nostra mediocrità non è mai stata all’altezza dell’opera di Goldoni e, molto probabilmente, non lo sarò nemmeno io. Spero, però, di rendere omaggio a un maestro che proprio con Goldoni ha saputo riscrivere parte della storia teatrale italiana: parlo di Massimo Castri.