La “Quadrilogia dell’Arlecchino” di Massimiliano Caccamo: un percorso introspettivo sul senso, sulla vita e sul dolore

Scritto da il 6 Giugno 2022

Massimiliano Caccamo racconta la sua “Quadrilogia dell’Arlecchino”, un percorso introspettivo sulla vita e sul significato del dolore

 

 

La “Quadrilogia dell’Arlecchino” racchiude gli ultimi quattro libri pubblicati da Massimiliano Caccamo, scrittore e consulente organizzativo, già Responsabile della Formazione Istituzionale di Pirelli.

 

I libri di Caccamo – Il trasferimento della commozione, Un delitto “one/off”, Il senso che manca alle cose e La Bellezza non Corrisposta – rappresentano un profondo percorso introspettivo sul senso, sulla vita e sul dolore.

 

Un’opera in parte autobiografica e in parte animata dalla fantasia dell’autore che, come spiegherà nell’intervista, è già al lavoro sul quinto libro di questa serie iniziata dopo i giorni difficili della pandemia.

 

Ascolta “La “Quadrilogia dell’Arlecchino” di Massimiliano Caccamo” su Spreaker.

 

L’intervista 

 

Massimiliano Caccamo, scrittore e , consulente organizzativo, già Responsabile della Formazione Istituzionale di Pirelli

 

Come nasce la “Quadrilogia dell’Arlecchino“?

Dall’incrocio fra un evento doppiamente traumatico e il bisogno forte di non lasciarlo dilagare indisturbato dentro di me. Sto parlando naturalmente della pandemia che è stata, com’è noto, un trauma per tutti.

Ma in particolare per chi ha perso persone care, come il sottoscritto, senza poterle neanche accompagnare nel momento del trapasso. Credo poi che un figlio unico che perde in un colpo solo entrambi i genitori in queste circostanze riceva un colpo particolarmente severo che va elaborato in profondità.

Io ho scelto la scrittura perché da sempre è per me un mezzo “amico” che mi aiuta non solo nella fase di espressione ma anche nella fase di rielaborazione.

 

Cominci questo percorso letterario dal dramma del coronavirus. La scrittura serve a raccontarsi ma anche ad ascoltarsi: cosa hai capito realizzando “Il trasferimento della commozione” e cosa ti ha spinto a proseguire nella scrittura?

Ho capito diverse cose che non sapevo prima. Intanto che il dolore poteva portarmi, passo dopo passo, a rileggere in modo più compiuto e consapevole tutta la mia vita, personale e professionale.

L’espressione “Il trasferimento della commozione” allude proprio a quello. Il “ big bang” emotivo mi ha spinto a tornare indietro nel tempo e a rileggere, oltreché a mettere in ordine, vari passaggi che hanno avuto un impatto importante sul mio modo di stare al mondo.

E non solo momenti tragici come qualcuno, dopo aver letto queste prime righe, potrebbe pensare. Ho avuto la fortuna, nella mia vita, di ridere molto e di incrociare molte persone inclini all’allegria.

In ogni caso (indipendentemente dalla loro natura allegra o pensierosa) ho ritrovato e ho descritto molti momenti formativi, particolarmente importanti per chi come me ha scelto come mestiere proprio quello della formazione.

Per rispondere alla seconda parte della tua domanda ti dirò che, dopo il primo libro (anzi, in verità, a metà del primo libro) ho deciso di continuare in parte perché nel frattempo avevo risvegliato un vulcano (che evidentemente era stato troppo tempo silente) e soprattutto perché sentivo il bisogno di andare oltre l’autobiografia ma senza mai del tutto rinunciarvi.

Così è nato un mix biografico, fantasy e noir che ha visto la nascita di personaggi e situazioni in origine del tutto impreviste. Nei libri successivi entrano così in scena due investigatori, un musicista jazz, un ricercatore biologico molecolare, un falsario di fama internazionale… e altri ancora.

 

Nella tua presentazione hai ricordato che presto la quadrilogia diventerà una pentalogia, di cosa parlerai nel tuo quinto romanzo?

Intanto posso anticipare, in anteprima per Radio 5.9, il titolo, ovverosia “Gli Ometti”. L’ultima puntata della saga dell’Arlecchino (il treno che è presenza fissa in tutti i i libri) coinvolgerà tutti i protagonisti precedenti in una specie di “caccia al tesoro” sul tema dell’identità personale. Quattro ritratti da decifrare, un concerto memorabile…e molto altro ancora.

 

Nel tuo percorso professionale hai promosso l’importanza della cultura nel mondo dell’impresa, un aspetto che forse meriterebbe di essere valorizzato, oggi in particolare.

Oggi ancora più di ieri. Perché ieri, almeno nelle imprese medio grandi, c’era una certa attenzione, se non proprio una vera e propria sponsorhip degli aspetti culturali. Oggi mi sembra che sia in netto calo.

La pandemia non ha sicuramente dato una mano ma il calo d’attenzione da parte dei vertici aziendali nasce molto prima. L’utilizzo della formazione digitale come sostitutivo “ sic et sempliciter” della formazione in presenza aggrava la situazione.

Un conto è l’integrazione della dimensione analogica con quella digitale (ne scrivevo già nel mio primo libro “Alberi fuori sagoma” datato 2006) un conto è la pura semplice sostituzione della prima con la seconda. Qualcuno ha cominciato ad accorgersene anche nelle scuole proprio con la didattica a distanza obbligata dalla pandemia.

I ragazzi vogliono tornare in presenza. Sarebbe bello se anche chi lavora in azienda, anziché subire lo status quo, spingesse per riavere una formazione più “larga” e articolata.

 

A chi consiglieresti di leggere la “Quadrilogia dell’Arlecchino” e perché?

È una domanda a cui non è facile rispondere. Forse a chi ha bisogno sempre di cercare un senso alle cose, anche quando il senso sembra proprio che non ci sia. Ma anche a chi, stanco di arrovellarsi troppo, vorrebbe solo salire sul primo treno disponibile e scappare via.

E se dovesse decidere di salire sull’Arlecchino troverà fra i compagni di viaggio musicisti come Miles Davis, pittori come Paul Klee, fotografi come Andreas Feininger, designers come il gruppo Memphis, registi come Stanley Kubrik e molti molti altri che dovrebbero rendere il viaggio, se non indimenticabile, almeno piuttosto interessante.

 


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