“La Leda scomparsa” di Michael Jakob: cosa succede quando incontriamo un capolavoro?

Scritto da il 6 Ottobre 2024

Con il suo primo romanzo Michael Jakob conduce il lettore dentro al celebre mistero della Leda di Leonardo 

 

 

 

Michael Jakob

 

 

La Leda scomparsa” (Silvana Editoriale, 2024) è il primo romanzo di Michael Jakob, autore che avevamo già incontrato per la presentazione del  pregevole volume Rara Herbaria, curato quest’anno per lo stesso editore.

Con “La Leda scomparsa” Jakob realizza un testo tanto scorrevole e divertente, quanto ricco di immagini e dettagli: gli amanti dell’arte potranno divertirsi nel riscoprire in una chiave alternativa “luoghi” (forse) noti e potranno riflettere sulle implicazioni che ruotano attorno a un tema divenuto ormai celebre.

Mentre chi si avvicina per la prima volta a questi mondi sarà trasportato e rapito – probabilmente affascinato – poiché il potere dell’arte è quello di rendere l’oggetto di un’opera eternamente presente, anche quando sono passati secoli, anche quando il nostro sguardo incontra ciò che, seppur apparentemente perduto, si trova qui, dinanzi a noi.

 

 

Certi romanzi, quando scritti da persone che hanno fatto dello studio e della cultura una professione, sono spesso ambientati in luoghi del sapere, talvolta misteriosi, talvolta polverosi – musei, oppure ville un tempo sfarzose, archivi segreti e così via – mentre il suo libro inizia dai social, da un’indagine digitale. Un’apertura quantomeno curiosa.

L’incipit situa la trama in un contesto contemporaneo e questo spiega lo scambio di informazioni nel modo utilizzato da tutti oggi. Per ciò che riguarda il lato “misterioso”, il mistero principale risiede nei fatti storici, cioè nella scomparsa reale di due capolavori assoluti in circostanze strane.

 

Perché ha deciso di scrivere questo libro e perché proprio sulla Leda?

Il libro è il risultato di due traiettorie che a un certo punto si sono incrociate. Intorno al 2000 ho lavorato a uno studio molto accademico sulla figura del cigno come simbolo del poeta, un’indagine che partiva dalla mitologia solare antica per arrivare alla poesia (apparentemente) ermetica di Paul Celan.

Quel progetto confluito poi in un libro di quasi 500 pagine mi ha permesso di interrogare e di interpretare sia alcune opere poetiche sia alcune opere d’arte.

Come spesso succede in questi casi – trascorrendo parecchio tempo nelle biblioteche specializzate e discutendo con i colleghi – tutto il fascicolo “Leda e il cigno” è rimasto isolato, da sviluppare magari in articoli futuri o similia.

L’altro motivo è stato quello di cercare di scrivere un romanzo, cioè un genere in cui non mi ero mai cimentato, e di far trapelare nel testo certe problematiche particolarmente interessanti, come per esempio il connubio tra arte e violenza.

Va sottolineato però che il mio intento era sin dall’inizio quello di scrivere un “divertissement”, una “sotie”, per utilizzare la categoria cara ad André Gide.

 

Leggendo viene il dubbio che la “scomparsa” della Leda ne abbia aumentato la nitidezza. Pur senza dimenticare il mistero che avvolge la storia dell’opera, sembra quasi che la sua assenza abbia reso l’immagine più presente di quanto non potrebbe essere attraverso una presenza reale. Cosa ne pensa?

La risposta non è semplice, anche perché le Leda di Leonardo e di Michelangelo hanno avuto un impatto immediato molto potente nei decenni della loro visibilità, basti pensare alle innumerevoli copie fabbricate.

Nessuno può dire se la loro presenza oggi (e durante i secoli della scomparsa) non risulterebbe ancora più assoluta di quella di altri capolavori accessibili.

Magari la storia dell’arte degli ultimi tre secoli avrebbe preso un’altra piega se questi quadri fossero stati accessibili, chissà! 

 

Lei arriva a parlare di bellezza e terrore, bellezza e violenza. L’uomo sembra essere attratto da entrambi questi elementi. Come entrano questi due aspetti nel libro?

La tematica della bellezza e della violenza sta alla base del mito di Leda e il cigno. Leda, una bellissima regina, fu brutalmente violentata da Zeus. Sua figlia Elena, la più bella delle mortali, fu il motivo scatenante della guerra di Troia e di tutto ciò che ne seguì.

Ho tentato di aggiungere a tutto ciò un aspetto forse meno scontato, ovvero quella forma di violenza legata a opere d’arte talmente sconvolgenti da “fulminare” chi le incontra.

Cosa succede quando incontriamo un capolavoro, quando tutto e tutti scompaiono e resta soltanto quest’altro di cui diventiamo vittime?

L’esperienza estetica è anche questo, estasi totale, l’essere-totalmente-esposti all’alterità.

 

A un certo punto notiamo come un’opera sia capace di lasciarci indifferenti, oppure di renderci di colpo “molli le ginocchia“. Non posso non chiederle – se me lo permette – se ci sia stata un’opera che le abbia fatto lo stesso effetto descritto da Francesco nel libro?

Forse non proprio con quell’intensità (romanzesca), ma sì, direi di aver provato qualcosa fuori dalla norma quando ho rivisto il formidabile San Francesco di Bellini nella Frick Collection.

Può sembrare strano visto il motivo topico del quadro. Ciò che fa “tremare le ginocchia” è il modo in cui il dipinto, più che in altri casi, disvela continuamente nuovi aspetti: il nostro sguardo passa da un dettaglio all’insieme, per tornare ad altri dettagli e scegliere di nuovo una prospettiva più ampia… A contatto con questo quadro nasce un “gioco” ermeneutico tra totalità e parti che termina soltanto quando la nostra attenzione si esaurisce.

In questi casi si capisce bene la cosiddetta sindrome di Stendhal.

Un’altra opera che mi ha letteralmente “rapito” è la Vergine del Cancelliere Rolin di Jan van Eyck, e ciò non tanto per la composizione che pensiamo conoscere – quella frontale, che pur continua a sorprendere –, ma per quella nascosta sul retro del dipinto e rivelata soltanto alcuni mesi fa.

Ecco, vedere qualcosa di impensabile e pure presente, è vertiginoso (su quest’ultimo punto rimandiamo a un interessante approfondimento di Michael Jakob pubblicato su Doppiozero: https://www.doppiozero.com/il-recto-e-il-verso-di-jan-van-eyck, ndr).

 

 

La Leda scomparsa (Silvana Editoriale, 2024)

 

 

 

“Gli specialisti partono sempre dall’esistente, da documenti e fatti provati. Così riducono tutto a un livello matter of fact. E perchè questo? Perchè non si pongono mai la domanda centrale, la domanda madre di tutte le domande, soprattutto per quanto riguarda Leda.

Posto che la Leda di Leonardo sia esistita e sia scomparsa, cosa bisogna chiedersi? Logicamente, perchè sia scomparsa. È proprio la sua scomparsa che può determinare la sua esistenza. Quindi bisogna chiedersi perchè la Leda sia sparita, svanita dal nulla. Per me è questo l’inizio dell’indovinello.

Un originale e divertente racconto che ruota intorno alla celeberrima Leda di Leonardo, dipinto su tavola andato perduto, e per questo diventato, nel corso dei secoli, fonte di studi, speculazioni e domande irrisolte”.

 

Michael Jakob

Michael Jakob è professore ordinario di lettere comparate all’Università Grenoble Alpes. È uno dei massimi specialisti internazionali di storia del paesaggio e insegna Estetica e teoria del paesaggio presso la HEAD di Ginevra e l’Accademia di Architettura di Mendrisio.

Dirige la collana “Di monte in monte” per Tararà Edizioni. Scrittore e saggista, ha pubblicato negli ultimi anni in italiano:

  • L’architettura del paesaggio (Milano 2020)
  • La capanna di Unabomber (Siracusa 2020)
  • La finta montagna (Milano 2022)
  • Le origini tecnologiche del paesaggio (Siracusa 2022)
  • Rara Herbaria, catalogo della mostra omonima all’Accademia dei Lincei (Milano 2023).

È curatore di mostre internazionali, l’ultima, Seeds of Knowledge (ottobre 2023 – gennaio 2024) a New York per la Morgan Library.

 


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