Inizia con questo primo articolo il viaggio nel quale incontreremo quei giovani che, nonostante l’astensionismo presente a ogni tornata elettorale, hanno deciso di impegnarsi attivamente in politica.
Oggi però non partiremo da un partito classico, ma da un’associazione che lo diventerà a breve. Parliamo del Drin Drin, movimento fondato dall’imprenditore Alberto Forchielli e dall’economista Michele Boldrin. Una realtà nata nel luglio 2024 che, in brevissimo tempo, ha riscosso un notevole numero di adesioni. Dopo la costituzione ufficiale, avvenuta a Imola il 6 settembre dello scorso anno, il Drin Drin ha raggiunto quota 10mila associati, continuando a crescere in modo costante e organizzando diversi incontri pubblici in varie zone d’Italia.
In una fase iniziale il progetto era stato sottovalutato da alcuni esponenti dei partiti di centro che tuttavia, in breve tempo, hanno iniziato a vedere nel Drin Drin un interlocutore difficile da ignorare.
Il primo evento nazionale si è tenuto il 12 aprile scorso al Bologna Congress Center, 1700 i partecipanti, moltissimi giovani. Il primo congresso nazionale invece è previsto per l’autunno prossimo, solo a quel punto il partito prenderà forma anche dal punto di vista giuridico e saranno definiti ruoli e posizionamenti. Il percorso per la realizzazione del progetto di Forchielli e Boldrin è certamente complesso e in salita, lo sanno bene i due fondatori che non hanno mai nascosto di voler contribuire alla nascita del movimento, mettendo a disposizione l’esperienza maturata nei rispettivi ambiti professionali, senza però l’ambizione di ricoprire futuri incarichi elettivi.
Tra gli aspetti su cui porre attenzione troviamo la capacità del Drin Drin di avvicinare e coinvolgere molti giovani, spesso anche residenti all’estero per ragioni lavorative o di studio, oltre a professionisti ed esponenti della società civile che cercavano un interlocutore diverso dai partiti tradizionali. D’altro canto il movimento si posiziona al centro e dovrà fare i conti con altre realtà politiche che, spesso, hanno mostrato difficoltà nella costruzione di alleanze politiche stabili e profittevoli. Altra incognita riguarda il rapporto con l’elettorato cattolico, un mondo variegato che proprio al centro guarda con attenzione. Il Drin Drin punterà a rappresentare anche questa importante fetta di elettorato? Oppure si muoverà in una direzione differente? La risposta a queste domande arriverà solo tra alcuni mesi.
Intanto, per coloro che si sono domandati cosa abbia spinto un imprenditore importante e ancora in attività come Alberto Forchielli a fare da “detonatore” a una simile impresa, ricordiamo il libro “Il potere è noioso”, scritto proprio da Forchielli nel 2016, all’interno del quale, insieme a una analisi piuttosto spietata della situazione politica, economica e sociale italiana, vengono celebrati quegli uomini che in molti modi e in molte epoche “pur avendo tutte le ragioni per dire no hanno scelto di dire si“. E forse è proprio questo lo spirito dietro la nascita del Drin Drin.
Alessandra Beretta: “Importante sviluppare un pensiero critico. Noi giovani possiamo fare la differenza“

Alessandra Beretta
Alessandra Beretta ha 24 anni e vive nella provincia di Bergamo. Attualmente frequenta il secondo e ultimo anno di laurea magistrale in International management & marketing, presso l’Università di Bergamo, dove ha svolto la triennale in Economia Aziendale.
Nel frattempo, “per pagarsi le spese“, sta svolgendo il servizio di Leva Civica presso la Biblioteca di Sotto il Monte Giovanni XXIII, dove ha svolto anche Servizio Civile Universale l’anno precedente.
Cosa ti ha spinto ad aderire al Drin Drin?
Ho voluto aderire al Drin Drin in quanto credo fortemente nella praticità delle cose e nei dati, e ho trovato tutto ciò in questo Movimento. Inoltre, io e la mia bolla siamo stati ancora tra i primi a sostenerlo, quando era solo un’idea pensata su YouTube, in quanto seguiamo molto Michele Boldrin.
Quali sono le tue aspettative rispetto a questo movimento?
Mi aspetto che sia dato largo spazio ai giovani e che i giovani vogliano prendersi questo spazio. Mi aspetto che colmino il vuoto che ora c’è in Italia nel centro e mi aspetto che diano una sveglia a tutti gli altri partiti e/o politici. Infine, mi aspetto che la gente prima o poi capisca la differenza tra le chiacchere da bar e la politica vera, la quale non ha solo notizie positive da portare.
Cosa pensi della politica italiana e quali sono per te le priorità che essa dovrebbe affrontare?
Penso che la politica italiana non meriti nemmeno di essere chiamata tale, è piena di gente incompetente e che si informa anche male. La politica è solo un gioco acchiappa voti, senza davvero credere in ciò che si dice, è diventato qualcosa di astratto e non concreto. Inoltre, la politica dovrebbe essere il popolo, invece si è staccata del tutto.
La sfida è quella di riportare la politica al popolo, ma sembra che nessuno di loro sia interessato a farlo, in quanto poi cadrebbe tutto e si capirebbe quanto sono effimeri. Poi ovviamente non si tratta solo di politica, il discorso si amplia fino all’istruzione italiana, che dovrebbe creare già un ponte con la politica e soprattutto insidiare il pensiero critico nelle menti dei giovani. Cosa che in realtà non accade, anzi si aborra la politica in quanto considerata materia di litigi.
Ti è capitato di dibattere con persone di altri partiti? Se sì, quali punti di incontro hai trovato e quali differenze?
Si mi è capitato di dibattere sia con persone di destra sia di sinistra. Le reputo due facce della stessa medaglia, in quanto le persone di destra si fanno prendere da comportamenti di pancia. Senza andare ad analizzare la fattispecie delle cose, inoltre sono totalmente prese da loro stessi, senza mai mettersi nei panni dell’altra persona e vedono tutto come una minaccia.
Invece le persone di sinistra sono troppo focalizzate sui diritti, ovviamente sono battaglie che capisco e che approvo, ma non si tratta solo di questo. Il loro slogan non possono essere solo questi, ci sono così tanti problemi in questo paese che il focus non può e non deve essere solo questo. Loro si fanno la guerra perché hanno deciso che devono essere del tutto incompatibili, e questa cosa ovviamente porta male ad entrambi.
Come vedi l’Italia a medio e lungo termine e come immagini il tuo futuro qui?
Vedo l’Italia come un paese alla deriva, nessuno si fida più così tanto di noi, noi non siamo in grado di stare al passo con gli altri, vogliamo fare i nazionalisti ma siamo così piccoli che non possiamo permettercelo, insomma non vedo sicuramente un futuro florido.
Credo però che noi giovani possiamo fare la differenza, a prescindere dal partito. La sfida è far capire che se tutti insieme facessimo qualcosa, sicuramente potremmo salvare questo paese alla deriva.
Il mio futuro lo immagino difficile qua, in quanto non è un paese per giovani, vorrei fare delle scelte che i miei genitori hanno fatto ma non ci sono i mezzi per farle. Sicuramente andare all’estero, apprendere il più possibile e poi tornare qua per cercare di rendere questo paese un po’ più vivibile, è il mio obiettivo.
Se potessi scegliere una riforma per il nostro Paese quale sarebbe?
La riforma sulle pensioni in primis, ci stanno rubando/ci hanno derubato del nostro futuro e noi nemmeno ce ne accorgiamo.
C’è un invito che ti sentiresti di fare ad altri giovani che leggeranno questa intervista?
Cercate di sviluppare un pensiero critico e di capire quali sono i vostri interessi nei vari ambiti, così che possiate prendere anche voi parte a questo tavolo di discussione, in quanto la politica siamo tutti noi. Siate curiosi e siate cinici.
Diego Olivero: “Senza un aggiornamento del nostro modello educativo non usciremo mai da questa situazione“

Diego Oliviero
Diego Olivero ha 26 anni ed è originario della provincia di Torino. Si è sono laureato da poco (giusto alcune settimane fa) e, da fine novembre 2024, fa parte del team comunicazione del Drin Drin.
Ha iniziato a dare il proprio contributo all’associazione montando alcuni reels per Instagram. Poi, piano piano, ha cercato di rendersi utile anche altrove: oggi si occupa di condurre alcune live e video di approfondimento per il canale YouTube, in particolare su temi legati a startup e innovazione.
“È un ruolo che mi ha fatto crescere tanto – spiega Diego – soprattutto grazie all’ascolto di persone molto più esperte di me. Oltre a questo collaboro alla gestione delle storie e alla scrittura di alcuni contenuti, come quelli legati alla causa ucraina, che mi ha toccato molto, soprattutto dopo aver ascoltato tante testimonianze di persone scappate da quell’inferno”.
Cosa ti ha spinto ad aderire al Drin Drin?
Riflettendoci credo che ciò che mi abbia spinto ad aderire al Drin Drin sia stato un insieme di emozioni profonde che per un lungo periodo della mia vita è stato per me molto difficile ignorare e gestire: un senso crescente di incertezza, di paura per il mio futuro e per quello dell’Italia, e una frustrazione profonda nel vedere un Paese in cui fatico a riconoscermi.
A queste sensazioni si è unita però una spinta più positiva, fatta di fiducia e stima verso Michele, Alberto e le persone che gravitavano attorno al loro ecosistema. In particolare l’incontro con Michele (come per tanti amici che ho conosciuto qui) ha avuto nella mia vita un peso enorme. È diventato un punto di riferimento importante, non solo per la sua visione politica, ma anche per il modo in cui mi ha aiutato a riscoprire il valore dello studio, del pensiero critico e dell’impegno. Per la prima volta ho iniziato ad associare lo studio a qualcosa di vivo, utile, che poteva davvero servire a cambiare le cose.
C’è stato poi un desiderio personale, altrettanto emotivo: quello di mettermi in gioco in un contesto, ovvero quello politico, che mi ha sempre fatto provare un misto di timore e attrazione, ma che ho sempre sentito capace di incidere davvero sulla vita mia e su quella di chi mi sta intorno.
Infine, il senso di ingiustizia derivante dalla delusione nel constatare che praticamente nessuna forza politica esistente riusciva davvero a rappresentare persone come me, o a restituire dignità politica al nostro Paese, mi ha fatto capire che non potevo più restare a guardare e che questo sarebbe potuto essere il momento e soprattutto il luogo giusto dove trasformare quelle tante emozioni in qualcosa di positivo.
Quali sono le tue aspettative?
Le mie aspettative verso questo movimento non sono tanto legate ai risultati immediati, ma alla possibilità che possa portare alle tante persone a cui ci rivolgiamo ciò che ha portato a me: speranza e fiducia. Non so dire se riusciremo davvero ad avere un impatto significativo, né se questa scommessa andrà a buon fine. Ma da quando il progetto è stato lanciato, la scorsa estate, ogni giorno mi sveglio con la speranza di vedere un cambiamento.
Spero che Drin Drin riesca a promuovere un approccio ambizioso, orientato al progresso e alla crescita, con uno sguardo lungo e profondo sul futuro. Un movimento capace di restituire dignità al pensiero e alla politica. Che lo faccia con serietà, concretezza e passione.
Quello che noto spesso è che, quando si parla di politica, tante persone storcono il naso, come se fosse automaticamente qualcosa di sporco o inutile. Io non credo che questa sia una verità assoluta. Penso invece che dobbiamo chiederci perché questa sia diventata la percezione dominante e fare il possibile per cambiarla. Restituire credibilità alla politica è una delle sfide più grandi, ma anche una delle più urgenti, se vogliamo che torni ad essere qualcosa in cui valga la pena credere.
Quali sono le priorità che a tuo avviso la politica italiana dovrebbe affrontare?
Penso che, salvo rare eccezioni, la politica italiana abbia scelto di restare a guardare mentre il mondo cambia, più concentrata sulla propria sopravvivenza che sulla ricerca di soluzioni reali. E questo accade mentre il dibattito pubblico è sempre più polarizzato, pieno di slogan e battaglie ideologiche che ci allontanano dal confronto serio e ci fanno solo perdere tempo.
Secondo me, le vere priorità dovrebbero essere chiare: la crescita della produttività, che è l’unico modo per colmare davvero il gap con altri Paesi e uscire dalla nostra stagnazione; una riforma profonda dell’istruzione, perché tutto ruota attorno alla capacità di formare persone libere, competenti e in grado di leggere il mondo; e, soprattutto, la volontà di tornare a parlarsi, senza trasformare ogni differenza in uno scontro.
Mi piacerebbe vedere un’Italia più consapevole della propria posizione nel contesto internazionale, che smetta di ripiegarsi su sé stessa e torni a credere nel progetto europeo. Un Paese che partecipi con convinzione al percorso di integrazione e cooperazione con gli altri Stati membri, con lo sguardo rivolto al futuro, non alla nostalgia.
Venendo dalla provincia, sento ancora più forte questo tema. Nella mia vita ho visto spesso, nelle storie di tante persone che ho incrociato, quanto possa fare male restare chiusi nelle proprie convinzioni, incapaci di guardare oltre. Restare fermi, ancorati a una visione piccola del mondo, non solo limita le opportunità, ma a volte finisce per ferire profondamente chi ci sta dentro.
Ti è capitato di dialogare con persone di altri partiti?
In realtà, non mi è capitato di confrontarmi direttamente con esponenti di destra o sinistra. Tuttavia, ho avuto occasioni di dialogo informale con alcune persone dell’area di centro, con cui ho trovato una comunanza nell’approccio di apertura al dialogo, nel rispetto reciproco e nella volontà di ascoltare le diverse posizioni.
Ho discusso spesso del progetto con amici e amiche che provengono da schieramenti ideologici diversi, chi più a destra, chi più a sinistra, ma nessuno di loro era fortemente schierato. Quello che ho notato, in generale, è una certa difficoltà nell’interessarsi a temi politici come il nostro, dovuta secondo me principalmente a un pregiudizio diffuso e a una scarsa fiducia nella politica in generale. È comprensibile, ma diventa fondamentale capire come si possa conquistare la fiducia delle persone. Penso sia essenziale trovare il modo di ascoltare e affrontare i problemi che queste persone percepiscono, cercando di dare risposte concrete e non ideologiche, che in pratica, per chi già ci conosce, è quello che stiamo provando a fare.
Come vedi l’Italia a medio e lungo termine e come immagini il tuo futuro qui?
Arrivato al termine del mio percorso di studi, mi trovo in una fase complicata. Se guardo al breve termine, faccio fatica a vedere nell’Italia il contesto migliore in cui crescere, sia dal punto di vista lavorativo che formativo. Ricordo ancora il giorno in cui alla facoltà di economia di Torino, una professoressa di macroeconomia ci disse chiaramente che, se possibile, sarebbe stato meglio per noi studenti cercare opportunità altrove, perché per i giovani qui la situazione è davvero complessa!
Se devo essere onesto, faccio fatica, ad oggi, a immaginare un futuro roseo per il nostro Paese nel medio e lungo termine. Anche se credo profondamente in questo progetto e nelle persone che lo portano avanti, penso che servirebbe un allineamento di molti fattori – politici, economici, culturali – perché l’Italia riesca davvero a cambiare rotta.
Detto questo, continuo a sperarci. E provo a fare la mia parte, per quanto piccola, perché un futuro diverso possa essere almeno possibile.
Se potessi scegliere una riforma per il nostro Paese quale sarebbe?
Se potessi scegliere una sola riforma per il nostro Paese, sarebbe senza dubbio quella dell’istruzione. Senza un aggiornamento profondo del nostro modello educativo, non usciremo mai davvero da questa situazione, nemmeno tra quarant’anni. I cambiamenti culturali richiedono tempo, è vero, ma proprio per questo andrebbero avviati il prima possibile. È l’unico modo per rendere le persone più consapevoli del mondo in cui vivono e per dar loro gli strumenti necessari a emanciparsi.
Io sono stato fortunato: vengo da una famiglia che ha fatto molti sacrifici per permettermi di studiare e che mi ha dato una disciplina che a scuola, spesso, non trovavo. Mi è sempre sembrato che ci fosse una distanza enorme tra ciò che si studiava e il mondo reale.
Credo serva una scuola più democratica e più stimolante, che offra spunti veri e utili a tutti. Non una scuola dove, a 17 anni, si passano mesi a interpretare versi della Divina Commedia o a decifrare I Promessi Sposi, ma che dia strumenti pratici e critici per orientarsi nel presente. La letteratura ha un valore enorme, ma solo se si impara anche a capire il mondo in cui si vive.
C’è un invito che vorresti fare ad altri giovani che leggeranno questa intervista?
Se anche voi, come me, sentite che qualcosa deve cambiare, vi invito a darci una mano. Nessuno costruirà un’alternativa al posto nostro, e continuare ad aspettare non cambierà le cose. Qui c’è spazio per idee, energie, sguardi nuovi.
In più, almeno per me, questo è stato anche un ambiente in cui ho conosciuto persone che mi hanno fatto sentire meno solo. Se avete voglia di mettervi in gioco, potrebbe succedere anche a voi!
Andrea Baiocco: “Il vero sviluppo nel lungo periodo passa da capitale umano e innovazione“

Andrea Baiocco
Andrea Baiocco è nato nel 2000 ad Avezzano in provincia dell’Aquila, metà italiano e metà nigeriano. Dopo il liceo scientifico studia Economia Aziendale e Management alla Bocconi, dove consegue la magistrale in Economic and Social Sciences. Durante il percorso accademico svolge stage nel giornalismo finanziario (Milano Finanza) e nel lobbying come policy analyst presso Cattaneo Zanetto Pomposo.
Attualmente è research assistant ad Audencia Business School (Nantes), dove inizierà un dottorato in politiche pubbliche e finanziamento dell’innovazione in collaborazione con il MEDEF, associazione di imprese in Francia analoga a Confindustria. Fa inoltre parte del network degli Young Talents di ISPI.
Per l’associazione politica Drin Drin cura, insieme a Sonia Graziani e Alessandra Beretta, la selezione dei temi e l’organizzazione delle live domenicali su YouTube (Drin Drin Domenicale), dove si incontrano e confrontano con esperti, imprenditori e influencer.
Come nasce la tua adesione al Drin Drin?
Ho sempre avuto una passione per la politica per la sua possibilità di incidere sulla vita dei cittadini (e anche perché sono un carattere abbastanza polemico), ma non mi sono mai avvicinato davvero a nessun partito perché fino alla nascita del Drin Drin non mi sentivo davvero rappresentato, nelle idee e nei metodi.
Con la nascita del Drin Drin ho vissuto subito un moto di entusiasmo, e infatti c’ero anche io tra quelle ormai leggendarie 12 mila mail iniziali che hanno portato alla decisione di far nascere concretamente il progetto, lo scorso agosto.
L’entusiasmo non ha fatto che crescere man mano che l’associazione si strutturava: la fortissima partecipazione giovanile, il coinvolgimento degli iscritti dal basso, il già estesissimo attivismo territoriale, l’altissimo livello medio dei membri e lo stile di comunicazione non convenzionale rendono il Drin Drin un mix esplosivo che potrebbe avere un reale impatto sulla politica italiana.
Dal partito che scaturirà dal congresso di settembre mi aspetto che continui su questa linea e che dialoghi in modo costruttivo con le altre forze politiche di centro, senza tuttavia perdere di vista la propria unicità nel panorama politico nazionale e forse internazionale. Infine, se vuole davvero essere incisivo e rimanere impresso nella mente degli elettori, il Drin Drin deve combinare la serietà delle idee con una maggiore aggressività nella comunicazione: il “coraggio dell’ovvio” consiste anche nel non temere di essere divisivi sui temi fondamentali, perché solo infiammando il dibattito pubblico su tali temi si può sperare di aprire “finestre” e introdurre riforme radicali, quello che nello studio delle politiche pubbliche si chiama agenda setting.
La missione del Drin Drin è innanzitutto culturale: se davvero vuole risvegliare gli italiani dal rassegnato torpore in cui sono immersi, che porta anche a preoccupanti picchi di astensionismo, bisogna dire nettamente cosa non va, perché non va e quali sono le soluzioni più innovative.
Qual è la tua idea sulla politica italiana?
La responsabilità di questo declino italiano è di un sistema politico assolutamente inadeguato, miope e ideologico, a destra come a sinistra. Di fronte alla complessità di questa epoca, soprattutto a livello internazionale, servirebbe una politica degna di questo nome, lungimirante, fiduciosa, preparata, giovane; in Italia preferiamo parlare di decreti rave, superbonus o, alla meglio, del nulla cosmico.
Il Governo Meloni si contraddistingue per la sua stabilità e per l’innegabile carisma della premier, ma oltre la superficie c’è un grande vuoto di idee, l’assenza di un disegno di ampio respiro dal punto di vista politico, economico e diplomatico. È presto dimostrato: i lettori sono capaci di nominare una sola riforma significativa implementata in questi 3 anni (quindi più di metà legislatura), al di là delle tante proposte avanzate?
Negli ultimi giorni si parla molto dell’attivismo della Meloni sulla scena internazionale: quello che io vedo sono solo tante strette di mano, utili per proiettare un’immagine di autorevolezza a livello interno (peraltro con un’opposizione non pervenuta), ma nessun cambio di rotta significativo nell’orientamento strategico del Belpaese, che rimane vilmente equilibrista, attendista, ambiguo.
È in questo vuoto di idee e di sostanza che si inserisce il Drin Drin, un movimento “estremista di centro” che, pur adottando un approccio pragmatico e basato sulla conoscenza, rifugge categoricamente il grigio moderatismo che caratterizza gli altri partiti centristi.
Quali riforme ritieni prioritarie per il nostro Paese?
Su troppi dossier l’Italia è rimasta indietro e manca di una direzione: economia, giustizia, istruzione, ricerca, sanità, difesa, immigrazione, innovazione, giovani. Per rilanciare davvero il Paese serve un’azione sinergica, ma il punto di partenza dev’essere la fiducia, il fulcro di ogni sistema economico-finanziario.
Infatti, senza fiducia nel futuro, un Paese non cresce: non è retorica, è macroeconomia, perché le aspettative di consumatori e investitori influenzano concretamente gli sviluppi di un’economia. Bisogna allora intervenire sulle priorità percepite dalla popolazione, quelle che possono ridare ottimismo, apertura e voglia di fare.
Credo fermamente che la prosperità economica favorisca la tolleranza, che l’incertezza del futuro generi rabbia, angoscia e violenza tra i giovani, e che la paura di nuove crisi economiche (come quelle che ci hanno colpiti negli ultimi 30 anni) spieghi l’atteggiamento passivo e complottista degli italiani verso il mondo.
Del resto, l’Italia non cresce da oltre 30 anni: ciò significa che io, che ne ho quasi 25, non ho mai conosciuto quel clima di ottimismo che hanno vissuto i miei genitori da giovani. Per invertire la rotta servono riforme coraggiose su lavoro, tasse e burocrazia che possano liberare le tante energie represse del sistema produttivo italiano e far ripartire la crescita.
Tuttavia, il vero sviluppo nel lungo periodo passa da capitale umano e innovazione. La parola chiave è la produttività, l’unico vero motore della crescita dei salari, dei consumi e del benessere. Le leve sono due: istruzione e innovazione tecnologica.
In particolare, serve secondo me una “detonazione” totale del sistema dell’istruzione attuale per poi ricostruirlo da zero: i percorsi devono essere più personalizzabili e flessibili, e le materie fondamentali per comprendere il futuro, come statistica, informatica, matematica, economia, diritto, storia e geografia (che negli ultimi anni è praticamente scomparsa dai programmi) devono diventare centrali. Solo così possiamo preparare le nuove generazioni al XXI secolo e salvare l’Italia dal suo inesorabile declino.
Come vivi il confronto con gli altri partiti?
Come già detto, il Drin Drin è un partito di estremo centro: il suo centrismo nasce da un radicale pragmatismo e dalla media tra posizioni molto forti sui diversi temi, non da un atteggiamento spassionato, elitario o moderato. Proprio per questo, nei dibattiti che mi è capitato di affrontare con persone di altri partiti sono emerse grandi distanze sull’approccio, spesso molto ideologico da entrambi i lati dello spettro politico.
Le persone di sinistra sembrano voler negare che la difesa, la sicurezza e l’immigrazione siano temi da affrontare con lucidità, e che il pacifismo a tutti i costi, anche sulla pelle degli ucraini, sia in realtà nemico della vera pace. Le persone di destra, invece, spesso non riescono a concepire che l’immigrazione, se ben gestita, non solo può funzionare ma è anche necessaria per la crescita demografica ed economica di un Paese.
Rimangono, inoltre, delle chiusure inconcepibili nel riconoscere la discriminazione delle persone LGBT, o nell’ammettere che in Italia troppe persone vedono il pagamento delle tasse come un’imposizione da aggirare piuttosto che come un contributo all’erogazione dei servizi fondamentali dello Stato (di cui poi ci lamentiamo tanto).
I punti di incontro con i due lati sono dunque speculari: l’apertura radicale alla diversità e all’immigrazione ci avvicina alla sinistra, mentre la nettezza sulla difesa e sulla sicurezza ci avvicina alla destra. Da tutte le direzioni ho sentito dire che “non serve un altro partitino centrista”: su questo sono quasi d’accordo, perché il Drin Drin deve essere molto più di questo, deve essere una bomba politica che elevi il dibattito pubblico direzionandolo sui temi davvero rilevanti, e che anche con la propria organizzazione interna dia l’esempio su come tornare a coinvolgere la società, e in primis i giovani, nella vita politica.
Come vedi il futuro dell’Italia e quale invito faresti a chi leggerà le tue parole?
Sto iniziando un percorso internazionale con il mio dottorato in Francia, quindi penso di poter far parte di quei “cervelli in fuga” che vengono spesso menzionati. Tuttavia, la mia intenzione è continuare a contribuire sempre di più al dibattito e alla proposta di soluzioni per il mio Paese, che amo profondamente nonostante i suoi difetti.
Il mio impegno nel Drin Drin, anche se a distanza, ne è la dimostrazione. Nel lungo termine inoltre mi piacerebbe tornare in Italia per stabilirmi, portando però un ricco bagaglio di conoscenze dall’estero, senza il quale non potrei crescere io come persona e l’Italia come Stato. Il mio ambito di studi (economia, politiche pubbliche, innovazione) mi porta a voler incidere su questi temi: in futuro vorrei trovarmi all’intersezione tra accademia e policy making a livello nazionale e internazionale, sperando però di non diventare mai un mero tecnocrate e di conservare il mio carattere appassionato e diretto per risolvere i problemi dei cittadini con il cuore e con i sogni, oltre che con i numeri.
Ai giovani e meno giovani che leggono questa intervista auguro proprio questo, di non rassegnarsi di fronte allo stato attuale delle cose, di voler contribuire, litigare, proporre, infiammarsi per far sì che le cose cambino. Nel Drin Drin ho trovato un posto in cui tutto questo è possibile, quindi invito davvero a dare un occhio a chi siamo e a cosa facciamo, pur rimanendo graniticamente convinto che presto molte persone sentiranno parlare di noi.
Davide Locatelli: “Non cadete nel tranello del bipolarismo italiano“

Davide Locatelli
Ho sempre votato Azione perché la ritenevo il “male minore”: non particolarmente polarizzata e attenta a due temi che considero fondamentali, ovvero il sostegno all’Ucraina e la promozione dell’energia nucleare. Ho però sempre avuto la consapevolezza che il progetto del Terzo Polo non sarebbe andato lontano “troppi galli in un solo pollaio”, e finché la barca andava, l’ho lasciata navigare. Dopo le Europee, però, ho deciso di non votare più il “male minore”: ho capito che questa logica non avrebbe mai contribuito alla costruzione di una realtà politica in cui potessi riconoscermi a 360°.
La politica italiana, troppo spesso, preferisce applicare “toppe” temporanee a problemi complessi anziché intervenire sulle loro cause profonde. Per non parlare ad esempio, dell’approvazione del Superbonus, sostenuta da tutti i partiti, una spesa che ha aumentato il debito pubblico, caricando sulle spalle delle future generazioni un onere ingente.
- Riforma del sistema pensionistico, per garantirne la sostenibilità nel lungo termine ed evitare nuovi squilibri tra casse statali e contribuenti;
- Riduzione del debito pubblico.
- Riforma del sistema scolastico, sanitario e della pubblica amministrazione.
- Sviluppo dell’energia nucleare, come fonte di energia a basso costo e a ridotte emissioni di anidride carbonica, per raggiungere l’indipendenza energetica, il net zero e contenere i prezzi dell’energia.
Mi è capitato di confrontarmi con persone di destra, con le quali non ho trovato punti di incontro: la destra italiana, a mio avviso, si fonda ormai su un odio classista e razziale e, quando si rivolge ai lavoratori, lo fa offrendo bonus, flat tax o altre misure regressive, senza affrontare davvero i problemi del Paese.
Come vedi l’Italia a medio e lungo termine e come immagini il tuo futuro qui?
Credo che, se alle prossime elezioni il partito nato dal Drin Drin non otterrà una percentuale sufficiente per acquisire il potere necessario ad attuare le riforme indispensabili come il contenimento della spesa pubblica e la riforma pensionistica, l’Italia rischia seriamente il fallimento. Spero che il Drin Drin abbia un futuro florido perché non vorrei essere costretto a trasferirmi e lavorare all’estero, dal momento che il Paese in cui sono nato non riesce a garantirmi un futuro.
Ritengo che la riforma più urgente sia quella del sistema pensionistico: ogni anno gli oneri previdenziali gravano sul debito pubblico e sottraggono risorse fondamentali a sanità, istruzione e investimenti in ricerca e sviluppo.
Vi prego, non cadete nel tranello del bipolarismo italiano: i veri problemi non sono l’immigrazione né la minaccia del comunismo o del fascismo, ma la spesa pubblica incontrollata, le spese inefficienti, le risorse pubbliche destinate a favorire pochi cittadini a discapito dei restanti, soprattutto dei giovani, su cui grava il peso fiscale, e, più in generale, il debito pubblico, che non possiamo ripagare poiché la produttività italiana è estremamente stagnante.
Questo debito sta logorando il Paese e rischia di condurci alla rovina. Alle prossime elezioni, votate chi intende affrontare le sfide reali, non chi cerca di distrarvi con questioni secondarie.