FSL – Riflessione del Vescovo Francesco Cavina: “La pandemia ci ricorda che siamo fragili e bisognosi di Dio”

Scritto da il 19 Dicembre 2020


Mons. Francesco Cavina, Vescovo Emerito di Carpi

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Un microscopico virus sta paralizzando il mondo e la presunzione dell’uomo di essere padrone del proprio destino si trasforma immediatamente in schiavitù. Una entità talmente piccola, che nemmeno vediamo, ci domina e manda in pezzi il sogno di volere costruire il paradiso in terra.

Si tratta di un evento che, ancora una volta, ci porta a confrontarci con la verità della condizione umana, in quanto ne mette a nudo la debolezza e la fragilità. Nello stesso tempo, esso costituisce un richiamo all’esercizio della virtù dell’umiltà, la quale – quando è vera – ci porta ad inginocchiarci davanti al Signore per comprendere chi è veramente l’uomo.

Dostoevskij nell’opera I Demoni fa dire a Kirillov che la perdita di Dio da parte dell’uomo non è la morte di Dio, ma dell’uomo, che si manifesta nella paura. E l’uomo che vive nella paura è già uno sconfitto perché non è più libero. Una società dove i diritti di Dio e la preghiera non sono più ritenuti necessari è destinata alla rovina. La Chiesa ha la missione di richiamare il primato di Dio, non per la difesa di Dio – che non ha bisogno di essere difeso – ma per la difesa dell’uomo, che privato dell’adorazione, diviene un uomo mutilato.

Scrive il filosofo Gustave Thibon: «Chiudere il cerchio, per l’uomo religioso, significa compiere il ciclo che riporta a Dio ciò che è uscito da Dio. Tutto ciò che i santi di una volta sapevano della creazione era che essa deve ritornare a Dio, e la meta era più importante del cammino. Oggi conosciamo molto meglio la strada della creazione, l’abbiamo picchettata, spianata, resa carrozzabile, ma abbiamo dimenticato la meta e corriamo, precipitati alternativamente dalla falsa speranza alla vera disperazione, su una strada che non conduce da nessuna parte perché gira attorno all’uomo». (In Il tempo perduto, l’eternità ritrovata, D’Ettoris 2019, 266).

Quando l’umanità diventa vittima della grande tentazione di bastare a se stessa, per una specie di orgoglio collettivo, pretende, poi, di risolvere in assoluta autonomia i suoi problemi. Ma non è così! Un mondo ridotto solo a lavoro, organizzazione, tecnica e scienza, in cui manca la preghiera e la contemplazione, diventa una sorta di inferno.

La prova che stiamo vivendo deve portare i cristiani e tutti gli uomini e le donne di buona volontà ad affidare i bisogni dell’umanità ferita al Signore per l’intercessione della Beata Vergine Maria. Il sindaco di Firenze, Giorgio La Pira, ricordava: «la vera città è quella in cui gli uomini hanno la loro casa e dove Dio ha la sua casa». In altre parole, un’espressione visibile della dimensione dell’adorazione all’interno della società è indispensabile perché la società sia veramente umana.

Lodiamo, dunque, il Signore per la Sua grandezza; ringraziamoLo per i Suoi doni; rivolgiamo a Lui la nostra supplica perché soccorra le nostre povertà, perdoni i nostri peccati e i nostri errori e ci faccia conoscere la gioia di ritornare a Lui, sorgente della vera vita e compimento di ogni desiderio.

 


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