Gioca, scopri, impara: fuori dalla rete, dentro la vita! Ritorno al reale, i centri estivi come antidoto alla dipendenza dal digitale

Scritto da il 13 Giugno 2025

Mentre le scuole chiudono i battenti e iniziano le vacanze estive, molte famiglie si trovano a scegliere come trascorrere questi mesi insieme ai propri figli. Tra le opzioni più diffuse ci sono i centri estivi, spesso visti come semplici luoghi di svago. Ma la realtà è molto più articolata.

Secondo l’indagine condotta dall’Istat nel 2023, circa il 38% delle famiglie con figli tra i 6 e i 14 anni iscrive i propri bambini a centri estivi o campus organizzati, con percentuali che salgono fino al 50% nelle aree metropolitane. Inoltre, dati forniti da Save the Children Italia rivelano che l’estate rappresenta un periodo critico per il “gap educativo”, soprattutto per i ragazzi provenienti da contesti socioeconomici svantaggiati, che rischiano di perdere competenze acquisite durante l’anno scolastico se non hanno accesso a opportunità strutturate.

I centri estivi non sono solo un modo per tenere occupati i ragazzi: possono diventare uno strumento chiave per prevenire il disagio giovanile, promuovere l’apprendimento non formale e sostenere lo sviluppo psicosociale. Oggi ne parliamo con il Dott. Ezio Pellicano, Psicoterapeuta , che ci aiuterà a comprendere meglio questa importante funzione educativa.

 

Redazione: Grazie per aver accettato questa intervista. Oggi parliamo dei centri estivi, ma non solo da un punto di vista ricreativo. Vorremmo approfondire il loro ruolo psicoeducativo. Ce ne può parlare?

Dott. Pellicano: Certo, grazie a te. Innanzitutto, vi ringrazio per questa opportunità visto che l’argomento mi coinvolge particolarmente facendo parte di un’associazione – ASD GIOCOSPORT – che da 22 anni organizza proprio un Centro Estivo per minori con una modalità basata sulla promozione dell’attivita sportiva/motoria, mettendo a disposizione più proposte sportive. Ci tengo a dedicare quest’intervista ai membri del direttivo che, insieme a me, ne fanno parte dalla fondazione: Serena Cacciotti, Valerio Cacciotti, Ettore Cacciotti ed a chi ne faceva parte all’inizio come Luca Santucci e Daniele Campagna, oltre a tutti i ragazzi che si sono alternati come staff in questi anni.

I centri estivi non siano solo occasioni di svago, ma ambienti strutturati dove si costruisce una vera e propria relazione educativa. Questi spazi, quando ben progettati, permettono ai giovani di vivere esperienze significative sotto la guida di adulti formati, favorendo crescita personale e apprendimento emotivo. Purtroppo, negli ultimi anni, molti giovani stanno progressivamente allontanandosi da questi contesti relazionali, preferendo forme di intrattenimento individualistiche e digitali. Questo fenomeno pone diversi rischi dal punto di vista dello sviluppo psicosociale, tra cui isolamento sociale, difficoltà nella gestione della frustrazione e mancanza di resilienza emotiva. I centri estivi rappresentano quindi, a mio avviso e secondo molti studi, un antidoto naturale a questo processo di disconnessione, offrendo un ambiente protetto in cui i ragazzi possono sperimentare, fallire e crescere attraverso il contatto diretto con gli altri.

 

Redazione: Partiamo allora da questo aspetto: in che modo i centri estivi aiutano i ragazzi a crescere dal punto di vista sociale?

Dott. Pellicano: Nei centri estivi i giovani vivono quotidianamente situazioni di interazione con coetanei e adulti diversi da quelli della scuola o della famiglia. Questo permette loro di:

  • Imparare a collaborare.
  • Gestire conflitti in modo costruttivo.
  • Rispettare regole condivise.
  • A sviluppare empatia e senso di comunità.

Queste occasioni aiutano a formare una personalità equilibrata e ad acquisire quelle capacità relazionali fondamentali per la vita futura. In sintesi, assumono la funzion di microcosmi sociali protetti, in cui i giovani imparano in modo non formale a muoversi in contesti diversificati. Si tratta di un allenamento alla vita reale, fondamentale per lo sviluppo di abilità socio-emotive oggi sempre più a rischio a causa del crescente isolamento digitale. In un’epoca in cui molti adolescenti preferiscono rifugiarsi nei mondi virtuali per evitare confronti diretti, i centri estivi offrono un’opportunità irrinunciabile per allenare la resilienza emotiva, tollerare la frustrazione e costruire legami autentici.

 

Redazione: Parlavamo prima di “apprendimento non formale”. Può spiegarci meglio cosa significa?

Dott. Pellicano: Certamente. L’apprendimento non formale è quello che avviene al di fuori del contesto scolastico tradizionale. Nei centri estivi si apprende attraverso l’esperienza, il gioco, le attività laboratoriali, artistiche, sportive o creative. Si tratta di un modello:

  • Attivo: si impara facendo.
  • Partecipativo: i ragazzi sono protagonisti.
  • Motivante: le attività sono legate ai loro interessi.

Questa modalità favorisce lo sviluppo di abilità critiche, creative e pratiche, utili anche nel contesto scolastico. Il concetto di apprendimento non formale è strettamente collegato a una visione pedagogica centrata sulla motivazione intrinseca e sulle potenzialità dell’esperienza diretta. Dal punto di vista psicologico, il corpo, il movimento, l’espressività e l’interazione sono canali privilegiati per l’apprendimento emotivo e cognitivo, specialmente nell’età evolutiva. I centri estivi, quindi, non insegnano solo competenze tecniche o sportive, ma favoriscono la consapevolezza di sé, la gestione dello stress e la costruzione di identità positive.

 

Redazione: E sul piano emotivo? Qual è il ruolo dei centri estivi?

Dott. Pellicano: L’estate è un momento di pausa dagli impegni quotidiani e questo può essere sfruttato per ridurre stress e ansia., i Centri Estivi agiscono quindi come contenitori emotivi sicuri, dove i giovani possono esprimersi senza timore di giudizio e riscoprire il valore delle relazioni umane. In un contesto sempre più dominato da immagini filtrate e interazioni superficiali, il contatto fisico, il gioco spontaneo e la partecipazione attiva diventano terapeutici. Inoltre, il senso di appartenenza a un gruppo e il successo in attività concrete rafforzano la fiducia in se stessi, contrastando fenomeni come l’ansia sociale e il disturbo depressivo che colpiscono sempre più precocemente i giovani d’oggi.

 

Redazione: Molti genitori vedono nei centri estivi un’opportunità per insegnare ai figli a stare da soli. È corretto?

Dott. Pellicano: Assolutamente sì. Essere lontano dalla famiglia per alcune ore al giorno incoraggia gradualmente i ragazzi a prendere decisioni autonome, a curare i propri bisogni personali e a farsi carico delle proprie responsabilità. Questo processo è essenziale per lo sviluppo dell’identità personale e della fiducia in se stessi. Da un punto di vista psicologico-evolutivo, l’autonomia non è solo una conquista pratica, ma un pilastro della maturazione emotiva. I centri estivi, con la loro struttura graduata e accompagnata, permettono ai ragazzi di fare piccoli passi verso l’indipendenza, senza sentirsi abbandonati. Questa forma di distacco affettivo controllato è fondamentale per lo sviluppo di una personalità equilibrata e capace di affrontare sfide future.

 

Redazione: Per molte famiglie i centri estivi rappresentano anche una necessità logistica. Hanno però una funzione più ampia?

Esperto: Senza dubbio. Oltre a rispondere alla necessità di organizzazione estiva, nello conformarsi come ambienti protetti e strutturati, i centri estivi offrono un momento di respiro per i genitori e, in alcuni casi, possono diventare un luogo di osservazione e intervento su eventuali difficoltà comportamentali o relazionali dei ragazzi. Un centro estivo ben gestito diventa un vero e proprio ambiente di osservazione e prevenzione, dove gli operatori possono notare dinamiche relazionali, emozionali o comportamentali potenzialmente problematiche. Questo consente interventi tempestivi e mirati, spesso prima che i problemi si cristallizzino in vere e proprie patologie. In questo senso, i centri estivi assumono un ruolo simile a quello dei servizi territoriali, contribuendo alla salute mentale e al benessere psicosociale dei giovani.

 

Redazione : Ultimo punto, ma non meno importante: i centri estivi possono prevenire forme di disagio?

Dott. Pellicano: Esatto. La mancanza di occupazione durante l’estate può aumentare il rischio di isolamento, noia, uso scorretto del tempo libero o addirittura devianza. I centri estivi riempiono questo vuoto con attività significative, mantenendo i ragazzi attivi e motivati. Possono quindi fungere da strumento di prevenzione primaria per problematiche psicosociali. Uno dei maggiori rischi che corrono i giovani d’oggi è il vuoto esistenziale prodotto da una sovraesposizione al digitale e da una mancanza di obiettivi concreti. Quando i ragazzi non hanno contenuti reali da perseguire, si rivolgono spesso a comportamenti rischiosi o a dipendenze digitali. I centri estivi, invece, forniscono uno scopo, un ritmo quotidiano, una routine positiva e una rete di relazioni stabili. Tutti elementi che riducono il rischio di devianza e favoriscono la costruzione di un senso di appartenenza e di identità.

 

Redazione: Chi lavora nei centri estivi? Sono semplici animatori o professionisti formati?

Dott. Pellicano: Gli educatori presenti nei centri estivi non sono solo animatori: sono figure professionali, spesso allenatori, psicologi o operatori socioeducativi, che applicano metodologie pedagogiche mirate. Il loro compito va oltre il divertimento: osservano, accompagnano, creano ambienti inclusivi e progettano attività finalizzate alla crescita globale della persona. Noi, ad esempio, abbiamo sempre praticato anche una via alternativa, ossia dare fiducia e formare al ruolo di operatore ragazzi che sono stati utenti del nostro centro, dandogli pian piano sempre più responsabilità. Lo vediamo come un modo per dare continuità ad un progetto fatto su misura di bambino: “Ora che sei operatore, quando eri utente di che operatore avevi bisogno… ok ora cerca di esserlo!”. Ci siamo sempre ispirati al costrutti di autoefficacia e di responsabilizzazione. Far diventare ex partecipanti degli operatori educativi per noi è un modo per rinforzare la loro identità positiva, dando loro un ruolo attivo e riconosciuto. Inoltre, questo modello descritto favorisce una continuità educativa e una trasmissione di valori “dal basso”, rendendo l’esperienza ancora più vicina alle esigenze reali dei ragazzi.

 

Redazione: Quindi possiamo dire che i centri estivi sono molto più di un posto dove passare l’estate?

Dott. Pellicano: Proprio così. Rappresentano una risorsa educativa fondamentale, soprattutto oggi, in un contesto sociale dove i ragazzi passano sempre più tempo davanti agli schermi e hanno meno occasioni di interazione reale. Attraverso un mix di gioco, creatività e relazione, i centri estivi contribuiscono in modo significativo allo sviluppo psicosociale dei giovani. In un mondo sempre più dominato da interazioni virtuali, i centri estivi rappresentano un antidoto naturale al rischio di isolamento sociale e disconnessione emotiva. Un luogo dove il gioco, inteso come strumento psicoeducativo, diventa il cuore di questo processo: permette ai ragazzi di apprendere regole, di provare emozioni intense in un ambiente protetto, di costruire legami, di sperimentare fallimenti e successi in modo non traumatico. Il gioco non è mai solo gioco: è crescita, cura, prevenzione.

 

Redazione: conclusioni

L’intervista al Dott. Ezio Pellicano ci offre una visione lucida e motivante del ruolo dei centri estivi nel panorama educativo contemporaneo. Essi non sono solo luoghi di svago, ma spazi strategici per lo sviluppo psicosociale, emotivo e relazionale dei giovani. In un’epoca in cui i ragazzi rischiano di allontanarsi da contesti relazionali strutturati e di immergersi sempre più in mondi virtuali, i centri estivi rappresentano un’ancora di salvezza. Offrono una dimensione reale, tangibile e significativa, dove si impara giocando, si cresce collaborando e si sta bene insieme. Educatori, genitori e istituzioni hanno il dovere di valorizzare questi spazi, investendo nella qualità delle figure professionali e nella progettualità pedagogica. Solo così sarà possibile contrastare il rischio di una generazione sempre più sola, fragile e distaccata dalla realtà.


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