Il “Dizionario politicamente scorretto” (Liberilibri, 2025) è l’ultima fatica di Filippo Facci, fatica davvero perché l’autore ha scritto questo libro “solo per fare un favore all’editore“, rivolgendosi ad un pubblico di “ignoranti di una certa levatura culturale“. Una buona partenza che prelude una buona lettura.
Gli argomenti però non sono i soliti sui quali si scontrano favorevoli e contrari al politicamente corretto, promotori del free speech, conservatori, progressisti o radical chic liberali con tutto/e/i/ə fuorché con le parole.
Facci, da buon alpinista, riduce il tema all’essenziale e si concentra su chi le parole le produce, l’uomo: “La nostra epoca, woke e anche no, si sente al vertice della civilizzazione, ovvio, ma se ne sentivano al vertice anche gli Aztechi coi loro sacrifici, i Romani coi loro circhi, i cristiani con le loro inquisizioni“.
Per l’autore “restiamo un terzo tipo di scimpanzé nella famiglia delle scimmie antropomorfe” con le quali condividiamo “oltre il 98,6 percento del Dna“, il che alla fine ci porta a essere “schiavi di pulsioni innate“, una realtà che non potrà certo mutare grazie a elitari interventi di correzione del linguaggio.
Però questo dizionario è anche un viaggio nelle “parole totem” del politicamente corretto e Filippo Facci, con la sua scontrosa, tagliente e intelligente ironia, non annoia il lettore neppure per un secondo. Alla fine l’obiettivo dichiarato del libro è “spaventare, allarmare e far desiderare di lanciarlo dall’altra parte della stanza” (a noi, alla fine dell’intervista, lo ha lanciato addosso, a voi consiglia di comprarlo e, se proprio dovete, di leggerlo).
Filippo Facci e il suo “Dizionario politicamente scorretto“
