Spiritualità – III Domenica di Pasqua, la riflessione sul Vangelo di oggi del Vescovo Emerito di Carpi Francesco Cavina:
Ascolta “La Chiesa nasce dall’amore a Cristo” su Spreaker.
Vogliamo soffermare la nostra attenzione alla triplice domanda che Cristo risorto rivolge a Pietro: “Mi ami tu?”.
È una domanda che scavalca ogni apparenza e arriva al centro della persona. Cristo non vuole sapere quello che Pietro ha ( i titoli, le doti organizzative, il suo passato), ma chi ama. E, ancora di più, se ama Lui.
Il cristianesimo, infatti, non è riducibile a una dottrina, a un sistema morale o a una visione di vita, ma è la Persona adorabile di Cristo, vero Dio e vero Uomo, che si dona, chiede di essere amato e seguito.
Cristo, l’unico Pastore
Dopo la terza dichiarazione d’amore di Pietro, Gesù gli affida un compito grandissimo: prendersi cura del Suo gregge. Vale la pena di richiamare che Gesù risorto non dice a Pietro “Sii pastore”, bensì: “Pasci”.
La distinzione è fondamentale. Il titolo di Pastore, nel Nuovo Testamento, è riservato esclusivamente a Cristo. Solo Lui è “il Pastore grande delle pecore” (Eb 13,20), “il Pastore e custode delle vostre anime” (1Pt 2,25). Solo Lui ha dato la vita per il gregge. Solo Lui guida, salva, raduna e protegge.
Pietro è chiamato a servire come pastore, ma non è il Pastore. Egli riceve un incarico, non un titolo. È mandato a pascere, ma non a possedere. E questo è reso ancora più chiaro da come Gesù parla del gregge:
“Pasci i miei agnelli… pasci le mie pecore”. Anche dopo averle affidate a Pietro, le pecore restano di Cristo. Non cambiano proprietà. Appartengono al Signore, e a nessun altro.
Questo mistero continua nella Chiesa, anche oggi. Il Papa, i vescovi, i sacerdoti, sono inviati non per sé stessi, ma per Cristo. San Paolo VI, subito dopo la sua elezione al pontificato, disse con parole sobrie e potenti:
“Il mio nome non è più Montini, ma Paolo VI.”
Con ciò intendeva dire che, da quel momento, la sua identità personale si faceva trasparenza, per lasciare spazio al ministero ricevuto, e far risplendere solo la luce di Cristo. Le sue idee, le sue convinzioni personali, la sua formazione culturale, le sue opinioni private sulla politica, l’ economia e le scienze non teologiche cessavano di esistere.
Esisteva solo il ministero pastorale che il Signore gli aveva affidato e manifestava la volontà che a primeggiare fosse non la sua persona, ma il Signore Gesù.
La Chiesa e l’amore di Cristo
La teologia cattolica, nella sua sapienza, ci insegna che il sacerdote non parla in nome proprio, non predica se stesso, non annuncia opinioni personali. Egli agisce “in persona Christi”, cioè nella persona di Cristo stesso.
Il suo compito è rendere presente il Pastore unico, invisibile ma reale, che è Gesù. E così, ogni volta che la Chiesa si raduna, ogni volta che un ministro presiede, annuncia, benedice, confessa, accompagna, è Cristo che ama, che guida, che salva.
È Lui il cuore della Chiesa. È Lui il Pastore. È a Lui che tutti noi apparteniamo.
E allora, fratelli e sorelle, tutto ha inizio da quella domanda, diretta e disarmante: “Mi ami tu?”. Solo rispondendo con un sì carico d’amore potremo davvero seguire il Signore e vivere da figli nella Chiesa che è Sua, non nostra.
Preghiamo per la Chiesa ed il Conclave che tra breve inizierà.

S.E. Mons. Francesco Cavina