L’abuso sessuale domestico è una delle forme di violenza più insidiose e difficili da riconoscere. Spesso, chi ne è vittima fatica a parlarne, a denunciare e, soprattutto, a elaborare il trauma che ne deriva.
Il silenzio, alimentato dalla paura, dal senso di colpa e dalla mancanza di supporto, può trasformarsi in una prigione invisibile che segna profondamente la vita delle persone coinvolte.
Per approfondire questa delicata tematica, abbiamo chiesto il parere dello psicoterapeuta Dott. Ezio Pellicano, che ci ha offerto una prospettiva professionale e ha deciso di condividere un’intervista con una sua paziente che ha trovato la forza di raccontare il proprio vissuto.
Attraverso questa intervista, vogliamo non solo accendere i riflettori su una tematica ancora troppo spesso taciuta, ma anche sottolineare l’importanza del supporto psicologico nel percorso di guarigione.
L’abuso non è mai colpa della vittima e chiedere aiuto è il primo passo verso la rinascita.
Inoltre, desideriamo segnalare l’importante lavoro svolto da La Caramella Buona, un’associazione impegnata nella protezione dei minori e nella lotta agli abusi.
Chiunque si trovi in difficoltà o abbia bisogno di supporto può rivolgersi a questa realtà per ricevere aiuto concreto e professionale.
Dottore, ci rendiamo conto che è riduttivo trattare una tematica tanto sensibile in poche righe. Tuttavia può condividere con noi la sua esperienza?
“Nel mio lavoro di Psicoterapeuta, ho avuto l’opportunità di ascoltare storie di dolore e resilienza che meritano di essere raccontate. Oggi condivido l’esperienza di una mia paziente, che ha accettato di aprirsi per offrire una testimonianza importante sul tema dell’abuso sessuale domestico. Il suo percorso è stato segnato da difficoltà profonde, ma anche da una straordinaria capacità di rinascere. Attraverso questa intervista, voglio sottolineare l’importanza di riconoscere il proprio dolore, di comprendere che nessuna vittima è mai colpevole, e l’importanza che ha il chiedere aiuto a professionisti che possano accompagnare nel cammino di guarigione. L’abuso domestico è una realtà dolorosa e complessa, che spesso viene taciuta per paura o senso di colpa. È fondamentale dare voce a chi ha vissuto esperienze simili e incoraggiare chiunque si trovi in situazioni difficili a cercare supporto.”
Intervista ad A. la crisalide divenuta farfalla
Dott. P: Buongiorno A, grazie per aver accettato di condividere la tua storia con noi. Vorrei iniziare chiedendoti: come ti senti oggi rispetto al passato?
A.: Buongiorno, grazie a voi per lo spazio. Oggi sto bene, quasi sempre. Sono passati molti anni e tante cose sono cambiate, sono cambiata io. Ho imparato a gestire il mio dolore e la mia rabbia in modo diverso, e questo mi ha permesso di trovare un equilibrio.
Dott. P: Ci racconti quando hai iniziato a renderti conto che qualcosa non andava nelle attenzioni di tuo padre?
A.: Ero molto piccola, avevo circa 11 o 12 anni, quando ho iniziato a percepire un disagio nei suoi atteggiamenti. All’inizio non sapevo esattamente cosa fosse, ma sentivo un fastidio crescente. Quando mi abbracciava o scherzava chiedendomi di dargli un bacio sulla guancia e poi si girava per farselo dare a stampo, lo faceva passare per un gioco, per qualcosa di “divertente”, ma io provavo nausea. Pensavo che fosse sbagliato il mio fastidio, che fosse per colpa mia se si comportava cosi in fondo un genitore non può fare del male alla propria figlia . Giudicandolo mi sto dimostrando anche una cattiva figlia. Solo più tardi ho compreso che quelle attenzioni erano qualche cosa di più., qualche cosa che non doveva esserci e che non ero io a dovermi sentire in colpa.
Dott. P: Hai accennato a un peggioramento della situazione con il passare degli anni. Cosa è cambiato?
A.: Quando avevo circa 16 anni, mio padre ha attraversato un brutto periodo legato al lavoro e alla famiglia, e ha iniziato a bere molto. Le sue attenzioni sono cambiate, gli abbracci e le sue parole erano diversi, più pesanti. Forse ero io a essere più consapevole, ma sentivo che la situazione peggiorava. Il senso di nausea aumentava quando mi avvicinava in quel modo, quando parlava con parole che l’alcol rendeva più esplicite. Finché, una volta, ha oltrepassato il limite e io ho reagito, gli ho dato un pugno. Forse in quel momento ha realizzato cosa stava facendo, e da allora ha smesso.
Dott.P: C’è stato un momento in cui hai deciso di allontanarti definitivamente?
A.: Sì, quando ho compiuto 18 anni ho scelto di vivere da sola. Mio padre mi ha chiesto scusa, ma non si è più avvicinato fisicamente a me, neanche per un abbraccio normale. Da un lato sono sollevata, dall’altro mi inquieta ancora la sua presenza, nonostante oggi sia totalmente innocuo. Mi sento in colpa per questo, ma so che è una reazione comune tra le vittime di abuso.
Dott. P: Hai menzionato la colpa e la rabbia. Come hai vissuto questi sentimenti nel tempo e come ti ha condizionato?
A.: Sono stati gli elementi predominanti della mia vita per anni. Rabbia verso mio padre, mia madre che ritenevo complice e nei confronti del mondo che girava nel senso opposto al mio confermando quanto io sia fuori posto…mi chiedevo perché io non posso avere la serenità che hanno tutti? Col tempo ho capito che non è cosi, che ognuno ha i propri scheletri nell’armadio ma a quel tempo credevo che fossi l’unica persona destinata alla. Colpa: come detto prima perché giudicavo mio padre a causa di un mio errore, che da un errore giudicare un genitore…ma soprattutto perché non sentivo di avere il diritto di soffrire visto che ci sono ragazze che hanno subito situazioni peggiori. Ma ogni forma di molestia lascia segni profondi, e nessun dolore è “meno valido” di un altro. Questo mix di emozioni mia ha sempre fatto sentire sbagliata ed insicura, specialmente nelle relazioni dove ho sviluppato un forte senso di sfiducia nei confronti dell’altro. Ero convita che se non potevo fidarmi di mio padre come potevo fidarmi di un altro individuo? Anzi non dovevo fidarmi proprio perché lì fuori ci sono persone pronte a farmi del male e perché per come sono io sicuramente mi faranno del male.
Dott. P: Come hai trovato un modo per affrontare tutto questo?
A.: Per molto tempo ho cercato di gestire il dolore nel modo sbagliato, anche facendomi del male fisico, perché mi aiutava a distrarmi dal dolore mentale. Poi, quando ho capito che la colpa non era mia, hoinizialmente deciso di indirizzare la mia energia su qualcosa di più sano, come la palestra e attività creative che mi permettono di creare qualcosa di bello. Questo mi ha aiutato a spegnere il brusio nella mia testa ma mi rendevo conto che non era sufficiente . Poi un giorno ho deciso di prendere una decisione importante. fidarmi del prossimo e chiedere aiuto ed ho falto la scelta giusta. Parlare con un professionista mi ha aiutata a comprendere e dare un nome a ciò che provavo, a comprendere che non ero sola e che il mio dolore era valido. Ho imparato a fidarmi dell’altro e soprattutto a fidarmi di me stessa, a capire che non sono sbagliata e che non sono destinata a girare in senso opposto al resto del mondo e che ho il potere di indirizzare la mia vita guardando avanti e non sempre indietro Il supporto psicologico è stato fondamentale per la mia rinascita. Senza il supporto terapeutico, probabilmente non avrei mai trovato gli strumenti per ricostruire la mia vita.
Dott. P: Oggi, a 30 anni, come guardi al passato?
A.: Ho imparato a gestire la rabbia e il dolore in maniera diversa. Ho perdonato e riesco ad avere un rapporto quasi normale con la mia famiglia. Non è stato un percorso facile, ma sono riuscita a costruire una vita in cui mi sento più serena. Nessuno dovrebbe affrontare da solo situazioni così difficili e il sostegno di un professionista può fare la differenza. Il trauma non si supera da soli e non c’è vergogna nel cercare aiuto.
Dott. P: Ti ringrazio per aver condiviso la tua storia con noi. È un racconto di sofferenza, ma anche di grande forza e rinascita.
A.: Grazie a voi. Spero che la mia esperienza possa essere di aiuto a chi si trova in una situazione simile. E vorrei dire a chiunque si senta solo o in difficoltà: non abbiate paura di chiedere aiuto. L’abuso domestico non è mai colpa della vittima. Ci sono persone pronte ad ascoltarvi e a sostenervi, meritate di trovare la pace e la serenità.
Vorrei lasciare a tutti questa frase:
“Come una crisalide che si trasforma in farfalla, ho attraversato il buio e il dolore per poi rinascere, più forte e consapevole. Il percorso non è stato facile, ma oggi posso spiegare le ali e guardare avanti con una nuova libertà.”