10° anniversario del Carpi in Serie A – Intervista esclusiva a Filippo Porcari

Scritto da il 23 Maggio 2025

Porcari, ex centrocampista e capitano del Carpi, ha parlato in esclusiva per Radio 5.9

 

Carpi

 

Lunedì 28 aprile 2025 si è compiuto il 10° anniversario dello 0-0 al Cabassi contro il Bari che aprì al Carpi per la prima volta le porte della Serie A. Il 22 maggio 2015 fu invece il giorno della premiazione per la vittoria della Serie B: dopo lo 0-0 contro il Catania, il Cabassi era vestito a festa e celebrò i suoi campioni ImmortAli, guidati in panchina da Fabrizio Castori (fresco con il Sudtirol di nuovo record come allenatore più presente in Serie B) e dietro le scrivanie dal proprietario Stefano Bonacini, dal presidente Claudio Caliumi e dal direttore sportivo Cristiano Giuntoli, artefici dal 2009 di 4 promozioni in 6 stagioni cominciando dalla Serie D.

In questa intervista concessa a Radio 5.9 Filippo Porcari, ex centrocampista/capitano di quel Carpi dominatore della cadetteria e collaboratore tecnico del Piacenza in Serie D dal 2023 (quando si ritirò a 39 anni), ha ricordato quella stagione da sogno.

Ciao Pippo! Da ex capitano che alzò la Coppa Ali della Vittoria il 22 maggio 2015, cosa provi dopo 10 anni ripensando alla incredibile promozione in Serie A del Carpi degli ImmortAli

Sono già passati alcuni anni, ma per me è come se fosse successo ieri. Ogni tanto mi vado a rivedere le sintesi di alcune partite o alcune foto perché sono uno che vive di emozioni. Sono cose che non voglio dimenticare. Mi porterò sempre dentro il miracolo e l’impresa che abbiamo fatto a Carpi”.

Ti sei sentito di recente con qualcuno in occasione dell’ultimo 28 aprile, giorno che tra l’altro coincide con il tuo compleanno?

Festeggio il compleanno lo stesso giorno di Gagliolo. Abbiamo ancora una chat dove ci sono vari ragazzi di quella squadra: per esempio Letizia, Romagnoli, Poli, Bianco, Mbakogu, Lasagna, Inglese… Ogni 28 aprile mister Castori ci augura un ‘Buon 28 aprile!’ o manda un altro messaggio del genere. Per diversi motivi non ci sentiamo ogni giorno, però è un modo per restare tutti insieme e ricordare quel giorno. Dopo quell’impresa è normale che sia rimasto un bel rapporto tra di noi. Il gruppo fu la nostra forza.

Hai visto che Castori di recente è diventato l’allenatore con più panchine in Serie B?

Sì, gli ho fatto i complimenti con un messaggio perché continua a battere i record e non penso che abbia voglia di fermarsi. Lui mastica calcio da una vita, è un grande allenatore e lo ha dimostrato con i risultati. Quest’anno secondo me ha fatto un mezzo miracolo salvando il Sudtirol”.

Come è nato quel Carpi castorizzato e forgiato da Giuntoli?

La base si era già creata nella stagione precedente. Per l’annata 2014-2015 furano confermati i pilastri della Serie C (Pasciuti, Poli, Di Gaudio, Bianco, Letizia, Gagliolo, Concas, n.d.r.) e alcuni rinforzi dell’estate 2013 come Romagnoli, Lollo, Mbakogu, Inglese e io. A parte me e pochi altri ragazzi, il nostro organico era comunque quasi sconosciuto. Da quando sono approdato a Carpi ho visto una forte mentalità di squadra. Tutti si allenavano alla grande, compreso chi giocava meno, e lo staff atletico ci faceva lavorare forte. Giuntoli è il miglior direttore sportivo che ho avuto e gli è bastato poco per migliorare il Carpi. Eravamo come una macchina costruita perfettamente, dove non c’era bisogno di toccare nulla. Purtroppo a fine 2014 ci fu l’episodio negativo del doping di Concas che ci scosse fortemente all’interno. Noi siamo stati bravi a compattarci e a trarre energie positive da quella situazione”.

Ti aspettavi di essere scelto come capitano?

Mi sono stupito anch’io perché pensavo che la fascia sarebbe stata data a Bianco. Invece accadde che i ragazzi, soprattutto Rafa, decisero di nominarmi capitano. Da ogni parte in cui sono stato, anche quando ero appena arrivato, mi mettevano subito come capitano (ride, n.d.r.)”.

Come te lo spieghi?

Forse perché ho sempre giocato per la squadra e non per me stesso. Non ero un calciatore che spiccava per grandi doti, però avevo spirito di sacrifico, una sana cattiveria, davo sempre tutto con impegno e volevo vincere, caratteristica che è stata la mia forza. Fuori dal campo sono un tipo tranquillissimo, ma in campo mi trasformavo e trasmettevo al meglio le mie emozioni ai miei compagni. Credo di essere stato un capitano vero”.

Dal 5-0 contro il Pescara del 25 ottobre 2014 il Carpi si prese il primo posto e non lo mollò più, sfoggiando prove di forza, cinismo e resistenza.

Sì, a partire dal 5-0 contro il Pescara è aumenta in noi la consapevolezza di cosa stavamo facendo. Nel girone di andata andavamo al doppio degli altri e ricordo varie vittorie con risultati ampi e partite dominate. Al Cabassi inoltre era molto difficile batterci. Tutti ci sacrificavamo e sapevamo per filo e per segno cosa fare. Il 3-3 a Brescia, perdendo 3-1 in 9 contro 11, fece capire che tipo di squadra stavamo diventando. Quella partita è l’emblema di quel Carpi. Nel girone di ritorno, soprattutto all’inizio quando ci furono i 4 pareggi di fila per 0-0, abbiamo sempre mosso la classifica. Bastava subire qualche sconfitta in più e abbattersi moralmente, ma la verità è che eravamo diventati forti pure nella testa”.

La difesa mostrò una solidità da record. In porta invece esplose Gabriel dopo le brevi parentesi con Dossena e Kelava.

Subire 28 gol in 42 partite è un record non da poco. Gabriel era un portiere fortissimo ed è uno dei più forti con cui abbia mai giocato. All’inizio i titolari furono Dossena che si infortunò malamente al tendine d’Achille; e Kelava che nella terza giornata a Crotone fece un casino e se ne andò. Alla fine ha giocato chi meritava e Gabriel mi ha veramente impressionato. Dossena all’inizio era il portiere più esperto del pacchetto e purtroppo si ritirò a fine stagione”.

Dopo l’uscita polemica di Kelava, arrivò come nuovo portiere Maurantonio. Anche lui ha fatto la sua parte nella crescita di Gabriel?

Maurantonio era stato allenato da Castori a Piacenza e Ascoli. Era un portiere veterano, abituato a fare la riserva e fu il vice perfetto di Gabriel. Lo faceva stare tranquillo, gli dava serenità, stavano sempre insieme ed erano accomunati da una grande fede (entrambi sono cristiani evangelisti e Atleti di Cristo, n.d.r.). Maurantonio per Gabriel era come un secondo preparatore dopo Perrone”.

Le vittorie in fila contro Vicenza e Bologna hanno dato gli schiaffi finali alla concorrenza.

In quelle gare siamo stati devastanti. Ormai a quel punto non avevamo più dubbi su di noi e su dove potevamo arrivare. Ci sentivamo consapevoli e forti, guardavamo tutti dall’alto con un buon distacco ed era chiaro a tutti che era difficile affrontarci. Lasagna a Vicenza fece una doppietta assurda in avvio di match. Contro il Bologna al Cabassi ci fu un po’ di sofferenza nella prima parte del primo tempo, ma appena hanno concesso uno spazio li abbiamo colpiti. Ricordo che alla fine di quella partita il mio GPS e quello di Lollo dicevano che avevamo corso 14 chilometri a testa… Sono tantissimi!”.

Piccola parentesi: ti è rimasto qualche rimpianto in quella stagione?

L’unica cosa che mi dispiace di quell’anno è che non ho fatto nemmeno un gol. Ho dato un paio di assist per Mbakogu contro il Modena, Romagnoli a Terni, Lasagna a Vicenza, un rigore guadagnato contro il Crotone… Certe vittorie sudate, per 1-0 e in trasferta come contro Ternana o Cittadella, sono quelle che ti fanno veramente vincere i campionati”.

La Serie A poteva essere festeggiata già il 25 aprile in trasferta contro il Frosinone, seconda forza a sorpresa di quel torneo. 

Sì… Io avrei voluto festeggiare la Serie A già al Matusa, mi avrebbe fatto tanto piacere. Alla lunga però ci ripensi ed è stato meglio festeggiare al Cabassi con tutti i nostri tifosi. Sapevamo che l’effetto sarebbe stato diverso. Ormai il campionato lo avevamo praticamente vinto un mese prima e c’era solo da aspettare la matematica”.

Gli 0-0 al Cabassi contro Bari e Catania come li hai vissuti? Aspettavate solo la fine?

In entrambi i casi non vedevamo l’ora che finisse la partita per poter festeggiare. Il 28 aprile contro il Bari ho anche vissuto il compleanno più bello della mia vita. Per questo la promozione in Serie A con il Carpi è la più bella della mia carriera, insieme al doppio salto consecutivo dalla C alla A con il Novara. Il 22 maggio contro il Catania aspettavamo solo la premiazione perché volevamo finalmente sentirci campioni. Per me alzare quella coppa da capitano fu come una liberazione. Ho qualche foto con il trofeo e in quel momento mi veniva da pensare ‘Ce l’abbiamo fatta!’. Il nostro fu un campionato stratosferico, che resterà nella storia ed è stato tutto meritato. Sono ricordi che rimarranno dentro per sempre. Quei festeggiamenti, al Cabassi e in centro storico, li ripeterei altre 10 mila volte”.

In mezzo, subito dopo la sbornia post-Bari, troviamo il derby vinto il 3 maggio contro il Modena al Braglia per 2-1. Che valore dai a quel successo?

Il giorno dopo i festeggiamenti in Piazza Martiri c’erano Castori e Giuntoli che ci avevano approcciato come se non fosse successo nulla. Eravamo appena saliti in Serie A con 4 giornate di anticipo, però non volevamo mollare niente e sapevamo che per tutto l’ambiente sarebbe stato importante vincere pure il derby. Siamo entrati al Braglia decisi e abbiamo asfaltato anche il Modena. Nessuno mi ha regalato nulla in carriera e ho fatto tutto con le mie gambe. Questa era la mentalità di quel Carpi”.

 

Carpi

Fonte foto: pagina Facebook della Lega B

 

Si ringrazia per la cortesia l’ufficio stampa del Piacenza Calcio 1919.

 

 


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