10° anniversario del Carpi in Serie A – Intervista esclusiva a Raffaele Bianco

Scritto da il 29 Aprile 2025

Bianco, ex centrocampista e capitano del Carpi, ha parlato in esclusiva per Radio 5.9

 

Carpi

 

Raffaele Bianco è uno dei simboli dei Carpi più forti e vincenti della sua storia. Dal 2012 fino al 2017 parlano per lui le 146 presenze, 7 gol, vari assist e soprattutto 2 promozioni storiche dalla Lega Pro Prima Divisione alla Serie B nel 2013 (stagione vissuta quasi tutta da capitano) e soprattutto la trionfale conquista di un posto in Serie A nel 2015 con il gruppo degli ImmortAli, guidato in panchina da Fabrizio Castori e costruito dal direttore sportivo Cristiano Giuntoli.

Dopo aver salutato il Carpi da capitano nell’estate del 2017, al termine di una stagione al cardiopalma conclusa in Finale Play-off contro il Benevento, Bianco ha continuato la sua carriera con Perugia (dal 2017 al 2019 in Serie B), il ritorno al Bari (dal 2019 al 2022 in Serie C, chiudendo con un’altra promozione) e infine Audace Cerignola sempre in C, fino al ritiro a 36 anni annunciato il 4 luglio 2024. Da lì a poco è stato nominato direttore tecnico del Settore Giovanile del Bari.

Don Raffaè ha totalizzato 460 presenze da professionista, 14 gol, 5 campionati vinti (3 Serie B con Juventus nel 2007, Bari nel 2009 e Carpi nel 2015, 2 Lega Pro Prima Divisione/Serie C con Spezia nel 2012 e Bari nel 2022) e 1 Play-off di Lega Pro Prima Divisione nel 2013. Senza scordare anche 2 coppe nazionali (Coppa Italia Di Lega Pro e relativa Supercoppa con lo Spezia, sempre nel 2012) e i 5 titoli nel vivaio della Juventus tra il 2004 e il 2007 (punti massimi il Torneo di Viareggio nel 2005 e lo Scudetto Primavera nel 2006).

Lunedì 28 aprile 2025 si è compiuto il 10° anniversario di quello 0-0 al Cabassi contro il Bari che portò il Carpi per la prima volta nel livello più alto del calcio italiano. In questa intervista concessa a Radio 5.9 Bianco ha commentato e ripercorso le tappe di quel percorso leggendario.

Ciao Rafa! Ti sei ritirato quasi un anno fa nell’Audace Cerignola e sei ritornato al Bari, ma questa volta come direttore tecnico del Settore Giovanile. Come sta andando la tua prima esperienza fuori dal campo?

Mi sono ritirato dal calcio giocato nel Cerignola il 30 giugno 2024. Non avrei voluto farlo, ma poi è arrivata l’opportunità di venire al Bari, un club dove ho giocato per 4 anni e in un ambiente per me congeniale. Sto studiando per diventare direttore sportivo, intanto ora sono direttore tecnico nel vivaio e le mansioni sono più o meno simili a quelle del d.s. di una Prima Squadra. L’esperienza è formativa sotto tutti i punti di vista, serve impegno giornaliero e focalizzazione mentale e fisica. Il bilancio credo che sia assolutamente positivo, con tutte le difficoltà del caso. Sto affrontando questa sfida con grande entusiasmo”.

Il Bari è attualmente ottavo in Serie B, quindi oggi sarebbe dentro i Play-off. La situazione è decisamente migliore rispetto al 2024, quando si stava rischiando la retrocessione ai Play-out contro la Ternana. Cosa pensi di questo finale di stagione?

Nel 2023 il Bari ha perso al San Nicola la promozione in Serie A all’ultimo secondo contro il Cagliari. Io allora non c’ero più, ma immagino che ripartire dopo una delusione simile non sia semplice e lasci degli strascichi. Fortunatamente poi arrivò la salvezza ai Play-out contro la Ternana. Quest’anno la situazione è sicuramente diversa. Metà della rosa è stata cambiata in estate e a poche giornate dalla fine siamo vicini ai Play-off. Questa è una piazza da Serie A, con stadio e tifosi degni di quella categoria. I presupposti per fare gli spareggi da protagonisti ci sono, poi come sempre sarà il rettangolo verde a determinare il risultato”.

Gli ultimi due anni della tua carriera li hai vissuti nell’Audace Cerignola. Ti aspettavi in questa stagione di vederlo lottare per il primato nel Girone C, alla fine vinto dall’Avellino?

Non pensavo che il Cerignola lottasse per il primato, ma che potesse continuare a stupire sì. Lì ho vissuto un bel biennio. Nel primo anno, giocato da neopromossi, siamo finiti al quinto posto e nei Play-off abbiamo perso rocambolescamente il derby contro il Foggia agli Ottavi di Finale. La seconda stagione fu più travagliata, ma siamo entranti di nuovi nei Play-off chiudendo il campionato in crescendo. Quest’anno hanno cambiato un po’ e sono rimasti molto competitivi: è andato via Malcore, ma sono arrivati attaccanti fortissimi per la Serie C come Salvemini e Cuppone, poi c’è qualche vecchietto dietro, alcuni giovani con fame e in mezzo c’è Capomaggio che avrei visto bene nel Carpi di Castori”.

Che tipo di giocatore è Capomaggio?

Lui è un play con una struttura imponente, ha grandissima personalità, bel tiro da fuori e soprattutto tanta fame. Nel complesso è un ragazzo eccezionale, che non si risparmia mai e ha la mentalità di uno che vuole arrivare. Ha 28 anni e mi auguro che, prima o poi, qualcuno decida di puntare su di lui. Se la meriterebbe una possibilità in una categoria superiore”.

Passando al Carpi, dopo 10 anni di distanza che cosa provi ripensando alla promozione in Serie A degli ImmortAli

Quando rivedo le immagini, o quando mi capita di sentire compagni o mister Castori… È chiaro che è sempre abbastanza emozionante. Abbiamo fatto qualcosa difficilmente ripetibile. Auguro a tutti di poter vivere quello che abbiamo vissuto in quella stagione. Le mie annate a Carpi furono entusiasmanti. Ci metto dentro anche la salvezza sfiorata in Serie A e la Serie A sfiorata di nuovo l’anno dopo nella Finale Play-off persa contro il Benevento. Dalla salita in Serie B nel 2013 iniziò un periodo d’oro per tutti, dalla Società alla città. Noi calciatori eravamo in gran parte un manipolo di ragazzi affamati e non affermati, quindi per questo motivo penso che il nostro risultato vale doppio”.

Tra i vari club della tua carriera, il Carpi è quello in cui hai giocato più partite. Ti aspettavi di diventare un riferimento?

Prima di venire al Carpi avevo già vinto alcuni campionati, ma nessuna Società era decisa a investire su di me. Non sono stato ritenuto idoneo per restare alla Juventus, quindi ho girato in prestito fino alla scadenza contrattuale. A Carpi ho trovato Giuntoli che mi stimava e mi ha dato fiducia. A Carpi non eravamo partiti per vincere la Serie B, ma il gruppo aveva voglia di arrivare e di stupire. Avevamo un modello di lavoro fisico e atletico consono per chi desiderava dimostrare il proprio valore. Ragazzi come Letizia, Gagliolo, Di Gaudio, Lollo, Mbakogu, Inglese, Pasciuti, Poli… Nessuno di loro aveva un grande trascorso nel calcio”.

Il primo dei tuoi 7 gol con il Carpi fu in una vittoria esterna per 2-1 contro lo Spezia, con uno spettacolare destro da fuori area. Era la quinta giornata di andata di Serie B. È la rete più bella della tua carriera?

Assolutamente sì. Ti dico anche, come rete più emozionante, quella contro il Frosinone in Serie A in una vittoria per 2-1. Contro lo Spezia eravamo a inizio campionato, ci stavamo assestando e nessuno si poteva immaginare cosa sarebbe successo più avanti. Fu il primo passo importante della nostra cavalcata”.

Il 25 ottobre 2014 il Carpi si prende il primo posto della Serie B stravincendo per 5-0 a Pescara. 

Spesso si parla tanto del castorismo, un gioco di solo difesa-contropiede… Ma molti si dimenticano che nel girone di andata il Carpi era votato a un calcio di attacco: abbiamo segnato tanto, ricordo vittorie ampie come il 5-2 al Cittadella, quel 5-0 al Pescara all’Adriatico e il 4-0 al Perugia prima di Natale. Una volta iniziato il girone di ritorno ti rendi conto di cosa stai facendo, cosa potresti fare, quindi devi essere più equilibrato. Non potevamo giocarcela sempre a viso aperto contro tutti, ma quando lo facevamo non ce ne era per nessuno.

Il successivo 3-1 contro la Ternana al Cabassi fu la prima difesa del primo posto. Qui c’è il tuo secondo gol, su rigore, in una situazione un po’ particolare. Te la ricordi? 

Sì: Mbakogu si era infortunato guadagnando il rigore, ma andò fuori per farsi medicare. Io ero il secondo rigorista e segnai l’1-0. Anche lì andavamo a mille e nel primo tempo vincevamo già 3-0”.

L’epico pareggio per 3-3, in doppia inferiorità numerica e sotto per 3-1, contro il Brescia al Rigamonti è stato uno degli esempi della vostra capacità di lottare sempre. Tu, in un certo senso, sei stato protagonista in negativo perché sei stato espulso…

Sì sì, in quella partita ho ricevuto la mia prima espulsione da professionista (ride, n.d.r.). Ho preso 2 giornate di squalifica e sono rientrato nel derby vinto al Cabassi per 1-0 contro il Modena. Intorno all’ora di gioco rimanemmo in 9 per l’espulsione mia e di Suagher. Quella fu un’altra prova che il Carpi non mollava mai, nemmeno in una situazione totalmente sfavorevole e con un arbitraggio polemico. Nel finale perdevamo 3-1 e segnò una doppietta Inglese, un ragazzo che è stato molto sfortunato con gli infortuni. Finché stava bene, aveva dimostrato di poter stare in Serie A”.

Nell’ultima giornata del girone di andata il Carpi vinse per 2-0 a Catania. I 43 punti, a +9 su Frosinone e Bologna seconda e terza, furono festeggiati negli spogliatoi con il tabellone elettronico. Un modo per dire agli avversari che la cosa stava diventando seria.

La vittoria a Catania certificò la forza e lo status mentale che avevamo ormai raggiunto nel modo di giocare. Diedi l’assist a Di Gaudio per l’1-0 e Inglese chiuse l’incontro nel finale. Sapevamo farci valerci in trasferta. Prima avevamo vinto anche a Bari per 1-0 con un gol di Mbakogu. Le squadre ci affrontavano con un occhio diverso e iniziavano a temerci. Davamo un po’ fastidio perché, nell’immaginario collettivo, il Carpi non era considerato un candidato per la promozione. Molti hanno rosicato per le nostre vittorie di cinismo e soffrivano mentalmente la nostra leadership. Noi godevamo e rafforzavamo la nostra consapevolezza”.

Il 2015, e quindi il girone di ritorno, cominciò con qualche difficoltà: sconfitta al Cabassi per 2-1 contro il Livorno e vittorie sudate contro Varese in trasferta e Crotone in casa. A febbraio il Carpi pareggiò 4 partite su 4 per 0-0, ma l’atteggiamento della squadra era sempre ottimista.

Le prime partite dopo la sosta di Natale sono sempre un po’ delicate e bisogna ritrovare la testa giusta. In Lega Pro, all’inizio del 2013, perdemmo in casa con Trapani e Sudtirol. Piano piano ci siamo rimessi in carreggiata. I 4 pareggi per 0-0 fanno parte di quei momenti di difficoltà che tutte le squadre hanno a metà stagione. La differenza sta nel come vivi quel momento e come lo superi. Se non si può vincere, almeno bisogna prendere il punto e mantenere distanze. Nel frattempo cresceva la nostra solidità”.

La vittoria liberatoria contro l’Avellino, blindata dalla fuga in contropiede solitario di Lasagna, fece ripartire la macchina.

Li asfaltammo dal punto di vista fisico. Quella sera avevamo giocato come nelle migliori partite del girone di andata. Abbiamo avuto tante occasioni, poi segnarono Lollo e nel recupero Lasagna si fece tutto il campo e firmò il 2-0 a porta vuota visto che Gomis che era salito per l’ultimo assalto. Quel successo diede valore ai 4 pareggi”.

Ci furono altre vittorie pesantissime in trasferta contro Latina e Ternana, inframezzate da un KO al Cabassi per 2-1 contro un Pescara migliorato rispetto all’andata. Gli scontri diretti contro Vicenza e Bologna vi diedero la spinta decisiva.

Non eravamo in un contesto di prima fascia. Avevamo avversari di altissimo livello come Bologna, Vicenza, Bari, Pescara… Al secondo posto finì un’altra sorpresa come il Frosinone. Vincere in certi campi, a maggior ragione essendo il Carpi, non era semplice. Il Vicenza era in un gran momento e stava puntando al secondo posto. Il Bologna aveva una squadra che doveva stravincere la Serie B e sarebbe stato da presuntuosi non pensare di soffrire. Vincere 3-0, sapendo soffrire come abbiamo fatto noi nel primo tempo, è tanta roba. Il gol di Pasciuti, poco prima dell’intervallo, su cross di Letizia fu un segno del destino. Di Gaudio fece subito il 2-0 a inizio ripresa. Quell’anno Totò spostava gli equilibri, faceva ammonire chiunque, puntava a sinistra con la sua agilità e realizzò dei gol importanti”.

Parliamo di altri singoli decisivi in quel periodo. A Vicenza si consacrò con una doppietta Lasagna, un giovane che arrivava dalla Serie D e sul quale c’era dello scetticismo. Che impressione ti fece? Lo vedi qualche volta ora che gioca nel Bari?

Ogni tanto lo vedo e gli tiro ancora le orecchie (ride, n.d.r.). Va più veloce della palla. Ha uno scatto che fa ancora la differenza. Se avesse avuto più killer instinct, avrebbe davvero fatto sfracelli. Come gamba e velocità è da top di categoria”.

In porta nelle prime giornate contro Livorno e Varese giocarono lo sfortunato Dossena e Kelava che non si comportò bene nella trasferta di Crotone. Lì in Calabria scattò l’ora di Gabriel e la storia cambiò.

Dossena purtroppo ebbe un infortunio grave al tendine di Achille a inizio ottobre 2014 e a fine stagione si ritirò. Kelava si fece fuori da solo poco prima della partita di andata contro il Crotone alla terza giornata. Gabriel divenne titolare e alla lunga fece la differenza. Negli anni successivi si è misurato tra Serie A e B, dove l’ho ritrovato al Perugia e vinse un altro torneo con l’Empoli nel 2018. Gabriel è stato straordinario nella seconda metà del campionato”.

Il 3-0 al Bologna lo segnò Lollo. A Carpi era un giocatore totale: quando fu messo da trequartista nel 4-4-1-1 fece da unione tra centrocampo e attacco, fornendo inserimenti e garantendo copertura difensiva.

A inizio campionato giocavamo con il 4-3-3: a centrocampo c’era Porcari davanti alla difesa, Lollo alla sua destra e io a sinistra. Più avanti, specialmente nel ritorno, soprattutto contro rivali che avevano un play dominante, Castori si inventò per Lollo un ruolo da trequartista incursore/distruttore di gioco avversario. Era un giocatore che incarnava benissimo lo spirito del Carpi. Correva tantissimo, ma con la gamba che aveva era capace di contribuire in attacco con gol o assist. Quell’idea ce la siamo portata anche in Serie A quando Castori tornò in panchina”.

Altre vittorie di peso arrivarono a Cittadella e in casa contro il Brescia, in questa occasione con un altro 3-0 a senso unico.

Battere in successione degli squadroni come Vicenza e Bologna diede delle forti botte al campionato. Vincere anche a Cittadella, soffrendo e pungendo con Di Gaudio come a Latina, già ci faceva sentire profumo di Serie A. Tutto sembrava più in discesa. Al Cabassi abbiamo travolto un Brescia che quell’anno stava giocandosi la salvezza. Il mese decisivo, quello che ci ha spianato la strada verso il sogno, è stato marzo, subito dopo i 4 pareggi nei quali avevamo perso un po’ di smalto. Il girone di andata lo chiudemmo con 43 punti e quello di ritorno con 37. Immagina se avessimo vinto alcune delle partite pareggiate in serie contro Trapani, Spezia, Entella e Pro Vercelli… Avremmo quasi fatto la stessa quantità di punti, se non di più (il record della Serie B ce l’ha il Benevento del 2018-2019 con 86 punti, n.d.r.)”.

La promozione matematica in Serie A poteva arrivare il 25 aprile al Matusa contro l’altrettanto sorprendente Frosinone, secondo in classifica e vittorioso per 1-0. Il 28 aprile 2015, con lo 0-0 al Cabassi contro il Bari, il sogno diventò realtà. Come hai vissuto quel match?

Quella fu una partita dove tutti aspettavamo solo il fischio finale. Il Bari era in un limbo, stava lottando per entrare nei Play-off, ci diede battaglia e nel finale andò all’assalto. Pioveva forte, noi già prima della gara eravamo un po’ tutti nervosi. Ci bastava un pareggio e sapevamo di essere vicinissimi al grande traguardo. Volevamo solo sentire il triplice fischio per iniziare a festeggiare”.

La dedica a tuo papà Antonio, con tanto di maglia personalizzata, è un marchio di fabbrica delle tue celebrazioni.

Sì, ogni mia vittoria l’ho dedicata a mio padre Antonio, scomparso quando avevo 18 anni mentre stavo nel vivaio della Juventus. Senza di lui non sarei diventato quello che sono come calciatore e come uomo”.

Nemmeno il tempo di smaltire i festeggiamenti che il 3 maggio c’è il glorioso derby vinto per 2-1 al Braglia contro un Modena immischiato nella zona retrocessione.

Vincemmo essendo già promossi in Serie A e ancora in estasi per la festa della promozione. Riuscimmo a mettere tutte le ultime energie che avevamo e abbiamo dato un’altra gioia ai nostri tifosi contro un Modena combattivo. Quel successo, con i gol di Romagnoli e Mbakogu nella ripresa, ci diede anche la vittoria matematica del campionato perché il Frosinone non poteva più raggiungerci (il distacco dai ciociari fu di +9, n.d.r.). Avevamo completato l’opera nel migliore dei modi: promozione, derby vinto al Braglia e garanzia del primo posto”.

Dopo il derby mancavano solo 3 giornate. L’ultimo atto, lo 0-0 contro il Catania del 22 maggio 2015, si concluse con la tanto attesa premiazione al Cabassi.

Fu la chiusura perfetta e una passerella meritata davanti ai nostri tifosi. Avevamo davvero dato tutto. Dopo la sconfitta di Perugia per 2-0 alla penultima giornata, ricordo che mister Castori ci teneva a mantenere il record di minor quantità di gol subìti. Infatti ne prendemmo solo 28 (record condiviso con il Palermo del 2013-2014, n.d.r.). Il Catania, retrocesso dalla Serie A, era un altro di quegli squadroni che non aveva azzeccato la stagione giusta… Come dicevo prima: quel Carpi dimostrò che con un gruppo umile, forte unità di intenti e voglia di emergere si può avere la meglio su curriculum, grandi nomi, prestigio e blasone. Sono caratteristiche imprescindibili per raggiungere grandi risultati”.

 

Si ringrazia per la cortesia l’ufficio stampa della Società Sportiva Calcio Bari.

 

 


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