Il Politecnico di Milano: università europea che guarda al futuro. Il Rettore Resta: “Manovra non pensata per il futuro dei nostri ragazzi”

Scritto da il 5 Novembre 2019

Più investimenti in tecnologia e politiche di occupazione giovanile. L’appello del Rettore: un Patto per lo sviluppo del Paese

Milano, 5 novembre 2019 – “La verità è che oggi stiamo progettando il passato”. Sono risuonate forti le parole di Ferruccio Resta, Rettore del Politecnico di Milano, oggi all’inaugurazione del 157° anno accademico dell’Ateneo. Ad ascoltarlo il Premier Giuseppe Conte, le Ministre Lamorgese, De Micheli, Bonetti, il Presidente della Regione Lombardia Fontana e il Sindaco Sala.

“Se la manovra ha un segno negativo, è proprio nel rapporto squilibrato fra generazioni, a difesa delle fasce di età medio-alte, non pensata per il futuro dei nostri ragazzi”. Resta denuncia lo stallo del Paese, raccogliendo le parole dell’astronauta Luca Parmitano che, in avvio di Cerimonia, ha dedicato un video messaggio agli studenti dalla Stazione Spaziale Internazionale. “È necessario immaginare il futuro che vogliamo con progetti di lungo respiro, guardando lontano”. E il Politecnico guarda lontano, alle grandi sfide tecnologiche e a una dimensione sempre più europea.

Una missione di respiro continentale

Nel definire le linee strategiche del prossimo triennio, il Politecnico traccia chiaramente la propria missione. Quella di un’università leader in Europa, capace di cogliere le grandi sfide sociali e tecnologiche, traguardando i grandi temi della società di domani.

Lo fa rispondendo al crescente invecchiamento della popolazione con nuovi servizi e prodotti: dalle applicazioni biomediche alla progettazione di nuovi ambienti di vita. Studiando soluzioni a favore della sostenibilità alimentare: da un’agricoltura che integra le nuove tecnologie, a una corretta gestione della catena del valore. Sfruttando le opportunità offerte dai big data, applicabili con successo all’interno del sistema sanitario.

Progettando una smart city che risponde alle esigenze dei cittadini: dal rinnovamento architettonico alla sicurezza, dalla sostenibilità ambientale all’inclusione sociale. Contribuendo a un sistema manifatturiero che coglie i vantaggi dalla transizione energetica, dalle nuove tecnologie di produzione, dalla robotica collaborativa e dall’economia circolare. E, naturalmente, affrontando il tema chiave dell’occupazione e delle nuove professioni, non solo nell’ideazione di nuovi percorsi di studio, ma anche nella formazione continua (fondamentale per il riposizionamento dei lavoratori in contesti di veloce obsolescenza).

Il ruolo guida delle tecnologie Così come in passato l’economia e la finanza hanno guidato le politiche di crescita globale, nel XXI secolo la tecnologia farà sentire ancora più forte la sua voce. Un’opportunità per le università tecniche che potranno assumere un ruolo guida a fronte di una continua digitalizzazione di imprese, città e territori. Ma soprattutto, lo sviluppo tecnologico aumenterà il divario tra chi disporrà e dominerà queste tecnologie, e chi ne rimarrà escluso, e quindi dipendente.

“Non possiamo immaginare soluzioni semplici a problemi complessi. – continua Resta – Dobbiamo essere seri e affidarci a conoscenza e competenza, non a facili parole”.

Il Politecnico di Milano, prima università tecnica in Italia, premiata dai ranking internazionali tra le migliori venti al mondo nelle tre aree di studio – Architettura, Design e Ingegneria – 41° a livello globale per l’occupabilità dei propri studenti (94% ad un anno dalla Laurea Magistrale), tredicesima in Europa per numero di progetti finanziati dal programma Horizon 2020, da poco titolare di una sede fisica in Cina, non ci sta a dare per spacciato un Paese che, tra le tante risorse, deve puntare prima di tutto sui giovani.

Un messaggio non di polemica, ma di fiducia.

“L’Italia rischia di rimanere senza direzione, sprovvista com’è da anni di una seria politica economica e industriale. – continua Resta – E siamo diffidenti verso chi prova ad emergere. Che si tratti di una Regione, di una città o di un’università, preferiamo rallentarne la crescita, all’insegna di una presunta “uguaglianza”, piuttosto che aiutare queste realtà ad aprire la strada a quanti vorranno seguirla”.

Un Patto tra decisore, università e imprese

Premiare il merito, tracciare progetti di largo respiro, primo fra tutti un piano nazionale per l’intelligenza artificiale, e rimettere al centro del dibattito pubblico la questione giovanile. Queste alcune delle proposte lanciate oggi dall’Ateneo a un decisore politico che deve avere il coraggio di stringere un patto forte con le università e con le imprese. Che incoraggia le aziende a crescere in dimensioni e in tecnologia per valorizzare le competenze dei nostri laureati (chi lascia l’Italia porta con sé conoscenze, produttività e consumi). Che, a favore della crescita del tessuto produttivo, a minuscoli benefici distribuiti a pioggia, preferisce solidi investimenti mirati.

“Dobbiamo rimettere le priorità al proprio posto”. – conclude Resta – “Spetta a noi decidere quale futuro lasciare ai giovani. Questa è la generazione meglio istruita, più cosmopolita e più globale della storia. Non accontentiamola con facili gratificazioni, ma forniamole gli strumenti per  affrontare la complessità dei cambiamenti in atto. Diamole segnali di ottimismo”.


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