Caffè Lungo: Uomini e bestie

Scritto da il 27 Novembre 2019

Ha fatto scalpore, e oggettivamente non poteva essere diversamente, il sondaggio Istat relativo alle violenze di genere. Diamogli un’occhiata assieme: per quasi il 40% degli intervistati, una donna può sottrarsi da un rapporto sessuale se davvero non lo vuole, per il 24% le donne possono provocare la violenza sessuale con il loro modo di vestire. Ecco, già questi numeri dovrebbero far ribollire il sangue e scuotere la testa; ma il peggio deve ancora venire.

Per il 7,4% è giusto dare una schiaffo alla propria compagna se si rivolge in modo carino ad altri, per il 6,2% qualche sberla in un rapporto di coppia ci sta. E per concludere la diretta da quello che sembra un secolo buio, ma è solo il 2019, per il 77% degli intervistati la violenza è dettata dal fatto che un uomo veda la donna come un oggetto di proprietà. Deplorevole! Se c’è davvero gente che pensa questo (e c’è), credo che non ci siano altre parole per definire il tutto se non deplorevole.

Per quel che contano le mie parole, sappiano tutte le donne che noi uomini, fortunatamente, non siamo tutti uguali. Essere un uomo significa rispettare, amare, apprezzare, essere gentili, accettare un no come risposta ed altre migliaia di cose che rientrano nella sfera del normale. Coloro che agiscono con violenza, non sono uomini. Sono mammiferi, primordiali esseri guidati dall’istinto, incapaci di fare la “O” col bicchiere ma brutali davanti a un rifiuto o al fatto che qualcuno dell’altro sesso non risponda alle loro gutturali avances. In una parola, bestie.

Uomini e bestie, la differenza sta tutta lì. Per quel che contano le mie parole, con queste ultime righe, mi rivolgo a tutte le donne vittime di violenza: perdonateci! Perdonate anche noi che non abbiamo mai alzato un dito, perdonateci perché avete conosciuto la parte più infame del nostro genere, perdonateci per le volte che ci siamo voltati dall’altra parte. Perdonateci, se potete. Mentre voi, bestie: sappiate che noi, uomini, non vi perdoneremo mai. Federico Bonati 


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