Caffè Lungo: Lupi travestiti da agnelli

Scritto da il 19 Dicembre 2019

Speravo di non doverlo fare, speravo di non dovermi sobbarcare il peso di scrivere di questa vicenda. Speravo che l’attualità potesse donarmi lo spunto adatto per raccontare qualcosa di bello ed edificante, che tenesse a freno il disgusto che ho provato leggendo quella notizia. E, invece, eccomi qui. A commentare, a cercare di raccontare questa storia senza fermi prendere la mano dai sentimenti. Ma non a cercare di comprendere.

Perché in questa storia comprendere è impossibile. È impossibile comprendere (a parte chi, tragicamente, lo ha provato sulla propria pelle) il dolore di una madre che perde una figlia, una bambina di pochi mesi. Ed è pure impossibile comprendere come possa passare nella testa di qualcuno di offendere quella madre, mentre le urla strazianti di dolore sono l’unica cosa che la tiene legata alla propria creatura, in quel momento solo corpo, con l’anima volata via. Lei, la pelle colore dell’ebano, in mezzo a cuori di pietra, si è sentita chiamare “Scimmia” mentre, devastata, piangeva la propria bambina esanime.

È accaduto a Sondrio, ma poteva accadere ovunque; non ha importanza il dove. Ciò che ha importanza è che, inevitabilmente, ci rendiamo conto del fatto che viviamo circondati da lupi travestiti da agnelli, o cannibali travestiti da vegani se preferite. Scorre veleno dentro di loro, assenza di sentimenti, un’esistenza frustrante e il bisogno di vomitare il proprio odio su qualcuno. Addentano, azzannano, dilaniano, e poi si rimettono il costume candido da agnello, pronti al prossimo attacco. Vili.

So bene che questi lupi saranno nelle prime file delle chiese nei prossimi giorni, a venerare la venuta al mondo dell’unico diverso da loro che non odiano, convinti che basti presentarsi belli e impomatati, con le pance piene per sentirsi benedetti e perdonati. Non funziona così. Se Dio esiste, ed ho l’impressione che sia così, sa ciò che siete, vede il lupo laddove noi vediamo l’agnello. E, un giorno, vi chiederà conto di tutto.Federico Bonati 


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