Caffè Lungo: La bocca del drago

Scritto da il 11 Dicembre 2019

C’è una cosa che ricordo particolarmente del terremoto del 2012, quello dell’Emilia e del mantovano: l’immagine del terremoto che diede una giornalista. Fragoroso, impetuoso, violento ed impietoso, insomma “Un paese sulla bocca del drago”. Quel paese era il mio e quell’immagine è perfetta per descrivere cosa significhi vivere nell’epicentro, nel luogo in cui materialmente nasce la scossa, laddove si sprigiona l’energia che genera, soprattutto, paura.

Vedendo le immagini dei telegiornali che raccontavano del recente sisma del Mugello, sono stato, e penso come me tantissime altre persone, catapultato indietro di sette anni. Persone in coda per segnalare i danni delle proprie abitazioni ai vigili del fuoco per i sopralluoghi, crepe sui muri, palestre adibite a centri di accoglienza per chi ha dovuto abbandonare le proprie dimore. Insomma, le conseguenze, purtroppo normali, dei terremoti.

Sentivo le descrizioni fatte dalle persone, le sentivo raccontare il boato, il fragore, l’urlo che sale dalle viscere della terra reclamando devastazione e dramma. La paura di essere svegliati in piena notte, le proprie case, da sempre luogo di protezione e sicurezza che diventano spettri di cui avere paura. Eccolo, ho pensato, un altro paese sulla bocca del drago, spalancata per generare orrore, ancora una volta.

La bocca del drago è democratica: colpisce tutti, non guarda in faccia a nessuno. Non si sa dove e quando colpirà, ma si sa che può tornare. E, la tortura peggiore, è convivere con questa consapevolezza. Col tempo ci si abitua, ma ce ne vuole parecchio, di tempo. Per quel che conta, un abbraccio a tutti gli amici e le amiche della Toscana che stanno leggendo queste parole. Tenete botta! Federico Bonati 


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