Caffè Lungo: Il caro amico (o l’amico caro)

Scritto da il 28 Ottobre 2019

Alcuni giorni fa mi sono imbattuto in una notizia risalente allo scorso inverno della quale, tuttavia, non sapevo assolutamente nulla; una notizia che, a distanza di quasi un anno, mi ha fatto molto riflettere. È la storia di Cristian, un giovane ventenne simpatico, frizzante, pieno di buon umore, costretto a letto dall’età di otto anni dall’atrofia muscolare spinale, una malattia che porta allo spegnimento dei motoneuroni. La parte della storia di Cristian che più mi ha colpito, però, è un’altra.

In un post on line, il protagonista di questa vicenda ha scritto: “Cerco ragazzi della mia età che mi facciano compagnia, sono disposto a pagare 7 euro all’ora”. L’assenza di amici, di coetanei, di persone con cui condividere pensieri, emozioni, riflessioni, attimi di spensieratezza e di dolore, credo sia una delle forme più violente di solitudine che un essere umano possa sperimentare. E se Cristian è arrivato a scrivere quel post, probabilmente è perché il peso di quella solitudine era diventato ingestibile.

La cosa più triste di tutto questo è pensare a qualcuno che possa aver accettato di essergli amico per farsi pagare. “Ehi, Cristian, oggi siamo stati in compagnia cinque ore, mi devi 35 euro. Senti, visto che siamo amici, facciamo in nero senza fattura, che ne dici?”. Ora, sto volutamente esagerando, ma il pensiero di una persona che per salvarsi dalle grinfie della solitudine arriva ad offrire soldi per un po’ di amicizia, porta con sé un velo di tristezza, tanto quanto il pensiero di qualcuno che accetti, mettendo in vendita la propria compagnia.

Però, siccome il mondo non è poi un posto così brutto, la storia è terminata con Cristian che ha detto in un’intervista al Resto del Carlino: “Per fortuna tanti mi hanno risposto che verranno a trovarmi gratis”. E, oggi, traspare tanta bellezza dal profilo social di Cristian che, onestamente, spero di conoscere di persona prima o poi. Ps: fatevi un giro sulla sua pagina Facebook “Favola semplice”, ne vale la pena. Federico Bonati 

 


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