Caffè Lungo: E i bulli vanno a scuola a piedi

Scritto da il 5 Ottobre 2019

Siamo a Camponogara, pochi chilometri da Venezia: in questo ameno centro di poco più di tredicimila abitanti è stato istituito un regolamento anti bullismo sugli scuolabus. Stiamo parlando di mezzi utilizzati da bambini e bambine che frequentano la scuola dell’infanzia, le elementari e le medie; sembrerebbe quasi un’esagerazione questo regolamento. Purtroppo non è così.

Sui questi mezzi di trasporto, utilizzati per portare gli alunni dalle proprie abitazioni a scuola e viceversa, si sono registrati già degli atti di bullismo. E, sembrerebbe, non qualche atto sporadico di tanto in tanto, ma situazioni venutesi a ripetere più volte. Da qui la scelta del regolamento anti bullismo: chi avrà dei comportamenti scorretti sullo scuolabus dovrà fare i conti con la comunicazione scritta alla famiglia fino ad arrivare alla sospensione dal servizio per una settimana.

Personalmente, ritengo che ogni azione realizzata per contrastare il bullismo in qualunque fascia d’età meriti sostegno. Il bullismo, le vessazioni, i soprusi sono come virus nella società che vanno estirpati alla radice, portando avanti una lotta che non può permettersi di conoscere quartiere. Ma credo che tutto questo non basti. Non è con i metodi coercitivi che si debella la malattia del bullismo; la si cura ma, prima o poi, ritorna.

Serve un ritorno all’educazione più semplice, alle buone maniere, ai “grazie” e ai “per favore”, al chiedere scusa, al riconoscere i propri errori o i meriti degli altri, ad avere rispetto per chiunque, che sia più grande, più piccolo o diverso. Serve un impegno dello famiglie, che devono imparare a fare anche mea culpa, così come un impegno degli insegnanti, ricordando soprattutto il loro ruolo di educatori e non solo di docenti. Suona banale, vero? Se è così banale, allora, perché c’è bisogno del regolamento anti bulli sullo scuolabus? Federico Bonati 


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