“Amici Miei” – un film immortale, con molti segreti, che continua ad affascinare

Scritto da il 18 Maggio 2019

Ci sono film che fanno il pieno di ascolti, riempiono le sale, vendono dvd e fanno record di download nei mesi successivi all’uscita, ma poi, nel corso degli anni… scompaiono. Ci sono invece idee, concretizzate da registi ed attori geniali, che no… non possono essere dimenticate ed affascinano e tengono incollati allo schermo generazioni su generazioni.

Fa parte di questa categoria la trilogia di “Amici Miei”. Cinque maturi “compagni di zingarate” capaci con le loro peripezie di incarnare al meglio la realtà con protagonisti quattro personaggi di varie estrazioni sociali. Un facoltoso primario, un giornalista con la passione per i “cornetti caldi”, un barista, un architetto del Comune di Firenze ed un nobile decaduto. Un mix perfetto capace di accendere la fantasie, con le sue avventure strampalate (ma sempre velate di dramma), la fantasia di un pubblico ampio e diversificato. Una comicità raffinata, anche se ricca di temi apocalitticamente rivoluzionari per l’epoca nel quale uscì il film, che ha saputo attraversare i decenni senza mai patire dei segni del tempo. Due anni fa anche l’ultimo superstite, Gastone Moschin, ha lasciato questa dimensione per entrare nel mito.

Un’idea futurista che ha parecchie curiosità probabilmente sconosciute al grande pubblico. Speriamo con questo articolo di stuzzicare ulteriormente la curiosità per un capolavoro fra i più grandi dell’immenso Mario Monicelli.

Cinque amici, una città e nessuna voglia di prendersi sul serio. Uomini che si ostinano a coltivare il gusto tutto toscano di burle fantasiose e crudeli: canzonare vigili urbani, prendere a schiaffi i viaggiatori affacciati al finestrino del treno, corteggiare donne impegnate e beffare vecchi pensionati spilorci.

Una ricetta per esorcizzare la paura della vita e della morte, rinvigorire lo spirito goliardico tipico della giovinezza, arrestando a colpi di cinismo lo scorrere del tempo. Tra supercazzole prematurate e zingarate estemporanee, ecco alcuni segreti del capolavoro firmato Mario Monicelli.

Un film di Pietro Germi
Il soggetto originale del film apparteneva in realtà a Pietro Germi, e solo quando morì nel 1974 l’amico e collega Mario Monicelli decise di realizzarne un film. Per questo motivo nei titoli di testa di Amici miei troviamo scritto “un film di Pietro Germi”, e solo successivamente la dicitura “regia di Mario Monicelli”.

Un giorno, per caso, Firenze
La scelta della location fu del tutto casuale. Inizialmente la pellicola doveva essere ambientata in una non meglio precisata città, in un primo tempo identificata con Bologna. Come raccontò in un’intervista, fu lo stesso Monicelli a optare per Firenze, forse anche per la sua storica e naturale predisposizione per le “beffe”,  poi divenuta centrale all’interno della sceneggiatura.

Una storia vera
Personaggi e fatti non sono esclusivamente frutto della fantasia registica. Sia il conte Mascetti, nobile fiorentino decaduto, che l’architetto Melandri, inguaribile romantico, sembrano essere legati a persone realmente esistite. Lo stesso Gastone Moschin raccontò che il suo ruolo si ispirava ad un architetto fiorentino perdutamente innamorato della moglie di un noto avvocato, nel film trasformato nel chirurgo Sassaroli. E, secondo la leggenda, sembra che persino lui sia andato a chiedere la mano della donna al marito cornuto.

Per quanto riguarda le celebri zingarate, espressione entrata a pieno titolo nel linguaggio comune, sembra che persino quelle traessero ispirazione da fatti reali. Maestro della supercazzola pare fosse Raffaelo Pacini, caro amico di Monicelli e autore di questa comicità all’insegna del nonsense. una lingua parallela, come il “grammelot”, divenuta poi una sorta di “gergo” nel parlato italiano.

Marcello, come here!
Si vocifera che, in origine, i ruoli della commedia dovessero avere altri interpreti. La parte del Conte Mascetti dovesse spettare a Marcello Mastroianni, mentre Ugo Tognazzi avrebbe dovuto vestire i panni del Perozzi. Mastroianni però decise di rifiutare l’ingaggio, preoccupato che la sua interpretazione venisse offuscata dagli altri attori. Monicelli propose allora il nome di Raimondo Vianello, che declinò a sua volta. Il ruolo venne così assegnato a Tognazzi, mentre per la parte del giornalista venne ingaggiato l’attore francese Philippe Noiret.

Per quanto riguarda il personaggio del barista Necchi, pare che Germi avesse già indicato Duilio Del Prete e Monicelli decise di rispettare le sue volontà. Sembra però che il regista avesse già in mente il nome di Renzo Montagnani, che infatti sostituirà Del Prete nel secondo atto della trilogia.

Schiaffi da incubo
La scena-cult degli schiaffi ai viaggiatori in partenza da Santa Maria Novella fu in realtà un vero e proprio incubo. Un po’ per esigenze di realismo, un po’ per spirito goliardico, sembra che Monicelli incitasse gli attori a colpire con forza le malcapitate comparse.

Bella figlia dell’amore…
Se il famosissimo “Mavaffanzum!” del secondo atto utilizza la stessa sinfonia del Barbiere di Siviglia di Rossini, nel primo capitolo di Amici miei troviamo una citazione ancor più esplicita dell’opera lirica italiana. Nello specifico, si tratta dell’aria Bella figlia dell’amore, presente nel terzo atto del Rigoletto di Giuseppe Verdi. 


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